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"Cene di corrente e pugnalate il Pdl sull´orlo dell´abisso Berlusconi: non è il mio funerale", di Francesco Bei

E oggi Miccichè si prende il lusso della rivincita su chi sghignazzava sulla «scialuppa senza futuro» di Forza del Sud: «Le scialuppe si mettono a mare quando la nave sta per affondare». I segnali di crisi si moltiplicano. Basta un niente, una cena segreta di ministri forzisti in hotel romano, come quella di giovedì scorso, per provocare reazioni a catena sempre più forti. Ieri da Arcore, riecheggiando un editoriale molto esplicito di Giuliano Ferrara sul Giornale, Silvio Berlusconi ha mandato a tutti un chiaro segnale di insofferenza: «Basta con queste liti. Io sono ancora qua, a battermi come un leone, e c´è chi pensa già al mio funerale. Ma si illudono». Perché è chiaro che, al di là delle baruffe chiozzotte tra ex forzisti ed ex colonnelli di An, al fondo della questione c´è la grande corsa per posizionarsi nel dopo-Berlusconi. È questo il male oscuro che sta corrodendo il Pdl dall´interno.
I quotidiani d´area hanno già fiutato il problema. «Berlusconi è bollito?», si è chiesto Libero. E Feltri, pur proclamandone l´insostituibilità, ha impietosamente definito ieri il caro leader come «stanco», «provato», «rintronato». Un battitore libero come Giancarlo Lehner, prestato dal Pdl ai responsabili, evoca addirittura «un 25 luglio, fissato a mercoledì prossimo, ad opera, questa volta, di imbecilli organizzati dentro il Popolo della libertà». È vero che proprio per mercoledì, giornata in cui alla Camera è atteso il voto finale sul processo breve, un irrequieto Claudio Scajola ha fissato una cena romana con tutti i suoi seguaci (una quarantina). Ma difficilmente la pugnalata finale arriverà dal politico ligure. Amareggiato per essere tenuto ancora fuori dalla porta, Scajola ieri ha confidato a un amico la sua delusione: «Contro di me si è scatenata la P4». Aggiungendo comunque di non voler «creare problemi a Berlusconi» e smentendo le voci di un suo imminente passaggio al terzo polo.
Il movimento più clamoroso in corso è quello dei ministri di area forzista. Nella saletta dell´hotel Majestic c´erano quasi tutti, su invito di Paolo Romani, da Alfano a Frattini, da Prestigiacomo alla Gelmini, e poi Fazio, Carfagna, Fitto. Da un antipasto contro gli ex An, soprattutto contro La Russa, gli otto sono passati rapidamente al vero scopo della serata, l´attacco studiato a tavolino contro Giulio Tremonti. Raccontano che a spronarli di nascosto sia stato lo stesso Cavaliere, sempre più impaziente di ottenere dal ministro dell´Economia quella riforma fiscale che sembra perduta nei cassetti di via XX Settembre. Berlusconi sente che la benzina del governo è agli sgoccioli, ha bisogno come l´aria di un provvedimento che ridia al Parlamento qualcosa su cui discutere per i prossimi due anni. Al di là delle leggi sulla giustizia. «Alfano – spiega uno dei ministri non invitati alla cena – non muove un passo senza averne prima informato il premier. È ridicolo pensare che abbia partecipato a un´iniziativa di corrente senza prima averne ricevuto l´assenso da Berlusconi». Insomma, il Cavaliere starebbe organizzando i suoi come massa di manovra contro l´unico vero rivale in campo per la successione: Giulio Tremonti. Berlusconi in privato ha promesso che, prima delle amministrative, la legge delega sulla riforma del fisco dovrà arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri. E su questo non transige. L´irritazione dei confronti di Tremonti è cresciuta anche per le recenti nomine nelle aziende pubbliche. «La Lega e il ministro dell´Economia – osserva uno degli uomini del premier – hanno preso tutto, hanno vinto a manbassa. A Berlusconi hanno lasciato la nomina di Maria Grazia Siliquini nel Cda delle Poste». L´ira del premier contro titolare dell´Economia è condivisa da molti dei suoi ministri. «Ormai – si è lamentato Alfano alla cena del Majestic – a me Tremonti nemmeno mi saluta più».
Che non siano stati gli ex An l´oggetto della cena dei ministri forzisti lo spiega con un certa ruvidezza la stessa presunta vittima del complotto, Ignazio La Russa. «Posso solo dirle – confida – che so per certo che non ce l´hanno con noi. Nei manuali di tattica militare si chiama “falso scopo”, è quando vuoi attaccare un obiettivo e fai credere al nemico di puntare qualcos´altro. Sbaglia chi se la prende con noi, anche perché non siamo in gara per il dopo-Berlusconi, che oltretutto ci sarà fra vent´anni. Anzi, dico di più: siamo proprio noi ex An il collante di questo partito». La Russa non ci sta a fare il capro espiatorio delle divisioni altrui. Ma l´era del triumvirato a via dell´Umiltà ormai è alla fine.

La Repubblica 11.04.11

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