Giorno: 20 Settembre 2011

"Il pareggio di bilancio nella costituzione", di Alessandro Pace

La nostra Costituzione, nell´affermare, all´art. 81, il principio dell´annualità dei bilanci e dei consuntivi approvati dalle Camere, dispone che con «la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese». La Consulta, nell´interpretazione di questa norma, pur negando che essa costituzionalizzi il principio del pareggio di bilancio, ha ripetutamente sottolineato che la norma in questione esprime il principio del tendenziale equilibrio finanziario dei bilanci dello Stato, tanto su base annuale quanto su base pluriennale. Il che significa che, mentre l´obbligo di “copertura” va osservato nei confronti delle spese che incidono sopra un esercizio in corso, lo stesso rigore non sarebbe richiesto – per la Corte – per gli esercizi futuri. Di qui la rilevanza del suggerimento della Bce, rivolto ai paesi dell´Unione europea, di inserire nelle rispettive Costituzioni il principio del pareggio di bilancio: suggerimento che il Governo Berlusconi ha fatto proprio nella riunione dell´8 settembre mediante l´approvazione di uno schema di disegno di legge costituzionale nel quale, pur proclamandosi che «il bilancio rispetta l´equilibrio delle entrate e delle spese», …

"Il prezzo alto della decadenza", di Isabella Bufacchi

Il declassamento inferto da Standard & Poor’s sul rating italiano, abbassato a sorpresa di un gradino ieri notte dalla “A+” alla “A” con prospettive rimaste negative, avrà ripercussioni gravi per il rischio-Italia. Innanzitutto per le motivazioni alla base di questa retrocessione, che esprime un giudizio severissimo sul degrado e sul declino della vita politica ed economica del paese, i due cardini che dovrebbero sorreggere l’affidabilità creditizia sovrana, la capacità di uno Stato di ripagare i propri debiti. E che in Italia sono venuti a mancare. S&P’s ha declassato la Republic of Italy perché la crescita, già fiacca, si è indebolita ulteriormente e le prospettive della ripresa economica sono peggiorate anche a causa di un governo incapace di governare e di una classe politica incapace di rispondere alle sfide della globalizzazione. L’incertezza dello scenario politico è alla base di questo declassamento, perchè spetta al Governo e al Parlamento iniettare nel sistema non tanto spesa pubblica ma fiducia nel futuro per far ripartire l’economia. Per far questo servono riforme strutturali che le agenzie di rating invocano, invano, …

"Presidi, il futuro è un quiz", di Paola Fabi

Quel pasticciaccio brutto dei quiz del concorso per dirigenti scolastici è davvero risolto? Il ministero dell’istruzione ha annunciato solenne ieri che la prova si svolgerà il 12 ottobre. Salvo ulteriori intoppi o rinvii, aggiungiamo noi. E non per mancanza di fiducia ma perché il tanto atteso concorso per presidi finora ha vissuto un percorso un po’ accidentato, aggiungendo incertezza alla già incerta stagione scolastica. Prima il rinvio per la presentazione della domanda di ammissione al concorso sulla quale molti candidati hanno equivocato e su cui pende già qualche minaccia di ricorso. Poi il rinvio di una settimana causa imprecisioni ed errori nei test a risposta multipla predisposti dal Miur e che dovrebbero servire per una prima scrematura dei candidati. Secondo il ministero guidato da Mariastella Gelmini si trattava di «pochissimi e marginali refusi». Secondo organizzazioni, esperti e sindacati si trattava di domande «opinabili». Ora quindi, il Miur dovrà operare un bel taglio ma, soprattutto, dovrà evitare che anche uno solo dei quesiti possa scatenare migliaia e migliaia di ricorsi al Tar per l’ammissione con riserva …

"Iva, la tassa sui poveri: a loro costa il 60% in più che ai contribuenti ricchi", di Luisa Grion

Peserà soprattutto sui redditi bassi, su chi – lo voglia o no – impegna buona parte delle sue entrate in consumi. E l´aumento sarà minimo solo all´apparenza, perché se è vero che l´aliquota sale di un punto solo, è altrettanto fuori dubbio che quel balzo rischia di mettere in moto il volano dell´inflazione, di provocare un ulteriore aumento di prezzi senza creare, d´altro canto, alcun intralcio agli evasori. La scelta del governo di contrastare il debito pubblico alzando l´Iva dal 20 al 21 per cento non è una scelta equa. Lo dimostra uno studio di Corrado Pollastri, ricercatore del Cer (Centro Europa Ricerche), che mette a confronto i redditi delle famiglie e i maggiori esborsi legati all´imposta. Di per sé l´Iva è regressiva: incide maggiormente sulle famiglie povere, su quei soggetti che consumano del tutto o in gran parte le risorse per acquistare beni e servizi. E anche se a versarla sono le imprese, il costo finale viene scaricato in gran parte sul consumatore finale. Considerando tutti i beni e tutte e tre le aliquote …

"Precari, Cota dà la scossa leghista", di Alessandra Ricciardi

In tempo di crisi, è un bel tesoretto, quello messo a disposizione dalla regione Piemonte: 10 milioni di euro per dare un’occupazione a chi nella scuola pubblica, causa tagli, quest’anno non avrà un contratto. Ma ne potranno beneficiare «prioritariamente» i precari regionali, ovvero gli iscritti «alle graduatorie ad esaurimento» dell’ultimo triennio. E chi è arrivato quest’anno? Niente da fare, anche se ha un punteggio più alto, deve solo sperare di essere ripescato dopo che avranno rifiutato tutti gli altri iscritti in lista. La svolta leghista arriva con l’intesa sottoscritta tra regione Piemonte, ufficio scolastico regionale e Inps, un’intesa con cui si stima che circa 600 disoccupati, tra docenti e personale Ata, possano avere un lavoro su progetti specifici, dall’apertura delle scuole di montagna al sostegno all’handicap. L’intesa, finanziata con i fondi regionali del piano per l’occupazione, attende ancora la firma finale del ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, per essere operativa nell’ambito del progetto nazionale del salvaprecari. E non è affatto scontato che il ministro dica sì. I proponenti, in testa il governatore del Piemonte, Roberto Cota, …

"La crisi e le democrazie", di Jean-Paul Fitoussi

In questo momento, viviamo una lenta regressione della democrazia nei Paesi ricchi e particolarmente in Europa. Per il momento niente di essenziale è ancora in gioco perché le libertà individuali sono dappertutto garantite, ma l´ascesa degli estremismi politici, la tentazione protezionista, il riemergere dei nazionalismi europei, trovano un terreno fertile nella crescente precarizzazione della società, nel declino delle classi medie, nell´aggravamento della disoccupazione e delle disuguaglianze. Oggi va di moda dire che siamo in questa situazione perché dobbiamo confrontarci con un “trilemma” politico, ma io piuttosto parlerei di un “teorema dell´impossibilità”. I tre quesiti del trilemma riguarderebbero democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione: dovremmo rinunciare ad almeno uno perché non sono compatibili, secondo una tesi enunciata anche recentemente da Daniel Rodrik su Repubblica. Ma credo che sia un modo un po´ retorico di vedere le cose, piuttosto i tre elementi sono concatenati. Se rinunciamo alla democrazia rinunciamo alla sovranità nazionale perché non vedo come la democrazia possa esistere senza sovranità nazionale. Si dice anche che la sovranità nazionale non può essere compatibile con la globalizzazione. Invece …

"Se la crisi accelera", di Stefano Lepri

È faticoso far capire ai tedeschi che salvare l’euro è interesse anche loro. Per riuscirci Angela Merkel alza il tono; finita la tornata di elezioni regionali che ha ammaccato non poco la sua maggioranza – segnando un complessivo spostamento a sinistra – potrà forse impegnarsi di più. La prima cosa da mettere in chiaro è che finora dalle traversie dell’euro la Germania ha guadagnato. Il soccorso a Grecia, Irlanda e Portogallo finora non è costato nulla, perché fatto di prestiti a tassi remunerativi. Si aggiunge il vantaggio netto dell’isteria dei mercati, che mentre spingeva in su gli interessi sui titoli di Stato dei Paesi deboli, ha abbassato i rendimenti di quelli tedeschi. Grazie a questi tassi anormalmente bassi (l’altro lato dello spread che preoccupa noi italiani) il governo di Berlino ha risparmiato 3,4 miliardi di euro in interessi quest’anno, e potenzialmente 32,8 nell’arco di sette anni, secondo i calcoli di due noti centri studi tedeschi, quelli di Halle e di Kiel. Se ci saranno futuri oneri da sopportare, da parte di tutti i Paesi membri, …