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"Così parlò l'anno appena trascorso", di Gianluca Nicoletti

Da “Spread” a “Fukushima” passando per “Equità”: i vocaboli che non dimenticheremo. Sintetizzare un anno attraverso le sue parole chiave equivale a decapitarlo dopo un processo sommario. La parola chiave è un’influenza stagionale, colpisce tutti,ma passa senza lasciar tracce. È una contaminazione fugace da virus mediatico che infesta il linguaggio comune, dopo aver covato per giorni e giorni tra i titoli di giornali e tg. La parola chiave che più ricordiamo corrisponde solitamente all’ultima a manifestarsi, che naturalmente si sovrascrive su tutte le precedenti parole chiave emerse nel corso dell’anno.

Oggi la prima la parola che martella la mente è per tutti:Crisi, che a sua volta rappresenta un contenitore lessicale. Al suo interno riescono a ben convivere sia l’ermetico Spread, dal sinistro schiocco onomatopeico di una frustata, sia la Sobrietà, che porta con sé l’aroma rassicurante di naftalina, nel nostro immaginario il baluardo più efficace per evitare che le tarme potessero divorare il bene rifugio di unvecchio loden delnonno.

Oggi viviamo in sommesso rigore questa chiusura sul filo dell’Equità, funestata da prospettive di Lacrime e sangue, tanto da mettere al bando i frivoli botti di Capodanno. Non possiamo però dimenticare uno spartiacque che abbiamo sintetizzato il termine topografico de Il Colle. In una notte abbiamo così visto sorgereMonti, perdendo di vista filosofie come La patonza deve girare, che nella loro crudezza ispirarono Indignati e fomentarono battaglie su Il corpo delle donne. Ancor prima abbiamo dibattuto sulla Primavera araba e la contaminazione da Fukushima. Poi Bin Laden è morto invisibile, Gheddafi è morto su You- Tube e tutti mangiamo di nuovo sushi. Nemmeno diciamo ancora che Twitter ha salvato la democrazia, anzi l’Hashstag più seguito ieri era ancor quello su Sara Tommasi.

La Stampa 31.12.11