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«Bersani: "Ora la riforma della giustizia si può e si deve fare"», intervista a Pier Luigi Bersani di Carlo Fusi

“Io non do per scontato nessun esito, non ho certo fatto scelte per un calcolo di convenienza del PD. Un partito che si predispone ad essere la prima forza politica dell’Italia questa sfida se la gioca affrontando i problemi del Paese

Pierluigi Bersani interviene sulla riforma della giustizia dopo che in una intervista al Messaggero Pier Ferdinando Casini ha lanciato la proposta e allo stesso modo Angelino Alfano ha mostrato disponibilità. Una questione decisiva, messa a fuoco anche da Luca Palamara e Luciano Violante. «La riforma si può e deve fare» dice Bersani, mentre il suo tavolo è inondato da notizie di agenzia sullo scontro tra Bossi e Berlusconi.

Cominciamo da qui segretario. Come spiega che mentre Berlusconi si becca della mezza calzetta da Bossi, ma di mollare Monti non ci pensa affatto, in tanti si affannano a dire che alla fine il prezzo più alto per l’appoggio al governo lo pagherà il Pd?
«Il futuro è nella mani di Dio. Aggiungo: quando ci sono i passaggi cruciali dipende dal fisico che uno ha. Io non do per scontato nessun esito, nel senso che non ho certo fatto le scelte che ho fatto per un calcolo di convenienza del Pd. L’ho fatto su una intuizione che può rivelarsi giusta o sbagliata, e cioè che un partito che si predispone ad essere la prima forza politica dell’Italia questa sfida se la gioca affrontando i problemi del Paese, sporcandosi le mani per essere chiari. E dunque dicendo: al primo posto c’è l’Italia. Che è nei guai e per questo diamo una mano. E’ una scommessa certo, e non è che non veda tutte le complicazioni insite e dunque quel che chiedo al Pd è la tenuta. Se questa scommessa funziona. consegniamo all’Italia un grande partito riformista. Non funzionasse, non mi interesserebbe alcun altra scommessa. Non si vince sulle macerie o sul tatticismo».

Però dica la verità: quando vede Monti in tv davvero non le viene mai su un sussurro dentro che dice se fossimo andati ad elezioni al suo posto adesso ci sarei io?
«Mah, io sono un atipico. Quando vedo Monti in tv penso: primo, bene. Secondo: perché bene? Perché sciorina verità e competenza dopo anni di favole e di arruffaggine. Poi aggiungo dentro di me: caro presidente, mettici anche il calore della solidarietà. Perché dobbiamo dire riforme, dobbiamo dire cambiamento, sobrietà, verità e poi però dobbiamo anche sapere che siamo nel mezzo di un passaggio che si chiama recessione. Questa è la mia sincera e fondamentale preoccupazione, personale e di partito. Io voglio parlare alla testa della gente, non alla pancia. Sono sicuro che la gente, non solo la nostra, capirà».

E se invece non fosse cosi? Adesso i sondaggi sembrano premiarli, ma fino al 2013 è lunga.
«Anche se i sondaggi cambiassero, non mi muoverò di un millimetro dalla linea che abbiamo scelto e sul fatto che, ovviamente, in testa abbiamo un’altra cosa: per fare davvero il cambiamento serve che gli elettori ci premino per cinque anni».

Per fare cosa, rinverdire la foto di Vasto? Vendola e Di Pietro la invitano nel loro cantiere. Ci sta o scantona?
«Per fare un centrosinistra di governo. Ho detto: non voglio vincere sulle macerie. Aggiungo: non voglio neanche vincere a tutti i prezzi. Quindi un centrosinistra di governo contraddistinto dalla chiarezza sulle dieci riforme da fare e aperto al confronto con le forze moderate e civiche che vogliono rimettere in sesto la democrazia italiana. Il cantiere? Facciamo un esempio. Nessun centrosinistra può presentarsi all’elettorato senza sottoscrivere preventivamente un vincolo di maggioranza, Anche con gruppi parlamentari diversi, ma che tuttavia sulle decisioni cruciali voti a maggioranza dei gruppi medesimi».

E in quei dieci punti programmatici la Tav ce la mette?
«Assolutamente si. Quel che sottoscriviamo deve essere esigibile. Le dico anche un’altra cosa, sulla quale insisto da tre anni. Noi del Pd non siamo solo un partito: la nostra identità si misura anche e soprattutto su una certa idea della democrazia italiana. Perché sono decenni che non facciamo riforme? Perché è prevalso un messaggio populista, demagogico. Dobbiamo ricostruire partendo da basi completamente diverse. Direi opposte».

A proposito di riforme. Lei è disposto a fare quella della giustizia, la più divisiva di tutte, con l’avversario di ieri, con il Pdl, oltre che con il Terzo Polo? E se sì, fin dove arriva questa disponibilità?
«Su un tema cosi cruciale per gli italiani lasciamoci alle spalle chi ha speculato sulla piegatura personalistica di tutti i temi a favore della giustizia, o chi all’opposto ha alimentato la polemica del complotto giudiziario a danno di uno solo. Per quindici anni sui giornali abbiamo mangiato pane e giustizia e poi alla resa dei conti è il settore dove meno ci sono state riforme. Basta. Lo dicono in tanti ed è vero: c’è una situazione effettivamente nuova. Vale per lo spread, vale per l’Europa. Vale anche per il voto comune in Parlamento sulla mozione sulla giustizia. E’ intollerabile, è inaccettabile che in vent’anni l’arretrato della giustizia civile si sia triplicato: che quello della giustizia penale si sia raddoppiato e non si sia messa mano alla giustizia considerandola per quel che è, un servizio a favore dei cittadini. Diamo attuazione al documento sottoscritto alle Camere, consegniamo ai cittadini qualcosa di concreto. Noi per parte nostra ci siamo».

Ci sono le condizioni perché è stato rimosso il macigno Berlusconi?
«Chi dice il macigno, chi dice il pretesto. Ciascuno dica come vuole, ma la situazione – adesso è diversa. Pensiamo agli italiani e risolviamo il problema».

Concretamente, segretario: come? Per esempio: lei è disposto a disciplinare anche le intercettazioni?
«Certo. Facciamo una cosa civile, senza pregiudizi, che non strozzi l’informazione, che metta a monte la liceità di quel che può circolare ed essere pubblicato salvaguardando il diritto alla privacy, impedendo il coinvolgimento di persone che non c’entrano con le indagini».

Dunque secondo lei basta con le vagonate di pagine sui giornali piene di conversazioni intercettate?
«Bisogna affrontare il problema alla fonte, non credo che possiamo afferrarlo a valle. Le proposte ci sono, le nostre, quelle dei magistrati e quelle dei giornalisti. Facciamo riferimento ai Paesi più avanzati: in questi anni è vero che c’era l’indignazione per quel che emergeva, ma c’era anche l’impressione che in quei Paesi un uso così vasto delle intercettazioni non sarebbe stato possibile. Abbiamo un ministro Guardasigilli serio, affidabile. che può dialogare con tutti. Il governo fornisca la traccia di lavoro, le forze politiche non permettano che il passato si mangi il futuro. Noi siamo disponibili e flessibili. Senza poi dimenticare la questione anti-corruzione. Anche qui: vogliamo finalmente affrontarla? Il Pd su questo fronte vuole segnalarsi. Abbiamo la possibilità di varare norme che riducano drasticamente il fenomeno. Bene, avanti».

Vale anche per la legge elettorale? Anche su questo tema il Pd è flessibile e disponibile? Per arrivare a cosa?
«Il Pd, unico partito, ha depositato una Proposta in Parlamento. Il Porcellum non ci va bene. Siamo flessibili e predisposti a trovare un punto di intesa sulla base di una priorità: che il cittadino possa scegliere i parlamentari. Salutiamo con favore che il capo dello Stato si sia fatto parte attiva nel sollecitare i partiti su questo tema. Come Pd chiederemo formalmente che congiuntamente le conferenze dei capigruppo di Camera e Senato diano il calendario e il chi fa cosa sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale. Non si potrà far tutto, e per noi la legge elettorale è la priorità».

Capitolo liberalizzazioni. Quanto modernizzano l’Italia?
«E’ una straordinaria e bella novità che dopo anni di silenzio e di rinculo ci sia stato un Consigli dei ministri che per otto ore e non otto-nove minuti affronta il tema. Mi si è allargato il cuore. Ci sono tante cose buone che noi sosterremo e difenderemo. In Parlamento il rischio di passi indietro c’è. Anche per questo su alcuni punti strategici lavoreremo per rafforzarle».

Tipo?
«Dalla benzina, alle assicurazioni, alle banche ai farmaci. A partire cioè dai punti in cui la gente normale può percepire un vero cambiamento. Quando si parla di fascia C si parla di tre miliardi di euro e se c’è uno sconto del 20 per cento va in tasca principalmente ai pensionati e alle famiglie numerose».

Segretario, questo Paese così pieno di proteste, alcune non facilmente governabili, che possono creare focolai di alta tensione sociale: Monti ce la farà ad arginarle? E quale deve essere il contributo dei partiti che lo sostengono?
«Il contributo del Pd sarà primo di tutto di esserci, la gente ha bisogno di percepire una attenzione e una presenza. Poi però ci sono cose che toccano al governo. Attenzione, non tutto quel che succede sul fronte delle proteste è spontaneo. Dove lo è davvero, via libera agli incontri. Dove non lo è, lo si contrasta. Ci vuole capacità di dialogo ma anche fermezza. Non puoi bloccare un Paese e non mi puoi neanche tagliare le gomme, non esiste. Questo bisogna farlo capire chiaramente. Senza sottovalutare che comunque un certo tipo di proteste che emergeranno, anche aspre, ubbidiscono ad un titolo: recessione».

Olimpiadi a Roma. Sì o no?
«Se siamo in grado di vincere la candidatura della sobrietà e della trasparenza delle procedure, facciamole. Se riusciamo a dire al mondo: abbiamo capito tutti che non tira aria da robe megagalattiche; se questo diventa il criterio delle organizzazioni internazionali, del Cio, allora Roma ha una buona possibilità di candidarsi».

da Il Messaggero