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"Le primarie che vorrei: diritti, giovani e futuro", di Ignazio Marino

Nelle primarie è giusto crederci e io ci credo. Sono un’ottima occasione per elaborare idee, confrontarsi, coinvolgere. E con una società piagata dalla corruzione e una politica che disgusta gli italiani, dobbiamo considerarle uno strumento per non fare precipitare tutti, in particolare i più giovani, nella repulsione per l’impegno civico o, peggio, nel disinteresse totale.
Questa volta il voto servirà per scegliere il candidato del centrosinistra alla Presidenza del Consiglio: una donna o un uomo che, se vinceremo le elezioni, deve avere ricca preparazione tecnica ma anche personale autorevolezza nazionale ed internazionale per affrontare la più grave crisi economica dal 1930. Prima ancora di vincere, quel candidato dovrà lavorare per convincere gli italiani ad andare a votare, e a votare centrosinistra, in un clima di antipolitica dilagante.
Considerato l’obiettivo, va riconosciuto un coraggio fuori dall’ordinario a coloro che si dichiarano pronti per questa competizione ed è anche per questo che la sfida deve svolgersi sui contenuti, in modo che ogni elettore possa fare la propria scelta sulla base di programmi chiari e non della simpatia, dell’affinità generazionale o dei vantaggi personali. La responsabilità dei candidati sarà anche misurata con la loro capacità di proporre squadre di donne e uomini che non appartengano alla classe dirigente del secolo scorso, che ci avvicinino al resto dell’Europa e propongano idee all’altezza delle sfide di questi tempi. Su alcuni temi sarebbe importante conoscere da subito il punto di vista dei candidati perché sono argomenti qualificanti di una proposta politica che si preoccupa del futuro dell’Italia in Europa. Sono temi che sollecito da anni e che pongo ancora una volta in forma di riflessioni e domande.
Penso in primo luogo al tema del lavoro. Quali misure propongono i candidati per rilanciare l’occupazione? Cosa fare per estirpare quel tumore che si chiama nepotismo o assenza di merito, che mina nel profondo la salute civica del nostro Paese e garantire invece criteri meritocratici e trasparenti nel mondo del lavoro, della ricerca e anche nella politica?
Penso poi alla salute. La sostenibilità del servizio sanitario nazionale non riguarda solo le questioni di bilancio ma anche il livello di civiltà di un Paese. Che fare dopo 21 miliardi di tagli negli ultimi tre anni, con sette regioni commissariate, con un sud dove la sanità pubblica è solo una parola teorica priva di concretezza? Che fare contro gli scandali nella gestione della sanità, che divorano risorse in modo criminale? Sono d’accordo i candidati alle primarie ad eliminare il controllo della politica nei meccanismi di nomina di direttori generali e primari? E ad individuare strumenti di valutazione seri ed indipendenti, per cancellare l’epoca dei tagli lineari e combattere gli sprechi senza pesare sui cittadini e premiando chi lavora meglio?
Ma il grado di civiltà e di democrazia si misura anche dalla capacità di ascoltare la società, comprenderne i cambiamenti e adottare delle leggi nell’interesse delle persone. Il tema della cittadinanza è forse il più impellente quando facciamo riferimento all’esigenza concreta di nuovi diritti sociali e civili. L’Italia è lontana dall’Europa su molti altri temi dalle unioni civili, alle norme per il fine vita, alla procreazione assistita, sino alla ricerca così promettente sulle cellule staminali embrionali. Sono d’accordo i candidati nel riconoscere che chi nasce in Italia è italiano? Sono d’accordo nel garantire alle coppie di fatto, etero e gay, il pieno e pubblico riconoscimento civile dei propri diritti? E sono d’accordo nel sostenere una legge sul testamento biologico che permetta a ognuno di noi di decidere con i propri affetti quali cure riteniamo appropriate per noi stessi e quali no? In altre parole, si impegneranno a rispettare, e fare rispettare da tutti, i principi di laicità della Costituzione italiana?
L’Italia inoltre è arretratissima in quanto a rappresentanza femminile nelle istituzioni e più in generale nel mondo produttivo. Sono pronti i candidati a lavorare per la parità di genere nelle istituzioni e nel mondo del lavoro? Infine, uno sguardo al futuro: sappiamo che non ci sarà sviluppo né crescita se non si punterà su ricerca e innovazione. Da dove passa la strada dell’innovazione?
Abbiamo disperatamente bisogno di una classe dirigente che guardi all’Italia del 2030 e che sappia scegliere e promuovere i migliori; che sappia sradicare la gramigna dalla politica per piantare semi nuovi. Solo dando speranza e visione ai tanti giovani impegnati e brillanti che, spesso scoraggiati e sfiduciati, non provano nemmeno a mettersi in gioco e scappano all’estero, potremo creare le basi per dare una nuova opportunità di crescita all’Italia. Pongo oggi alcuni temi e domande. Altre se ne aggiungeranno, sull’ambiente o la scuola, ma l’importante è che le risposte arrivino puntuali e chiare, scacciando via ogni residua ambiguità e dimostrando il coraggio di chi ritiene di essere pronto a guidare l’Italia per restituirle crescita, orgoglio e sicurezza.
L’Unità 03.10.12