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"Erasmus, perché solo i cittadini e la democrazia possono realizzare gli Stati Uniti d’Europa", di Marco Meloni

In principio erano 3.244 studenti, nel 1987, incamminati sulle spalle del gigante Erasmo da Rotterdam, per ricordare, ma soprattutto per riportare in vita un umanesimo europeo fatto di confronto tra idee, mobilità, scambi culturali. Per scrivere una nuova storia di quel secolo in cui gli “erasmiani”, come ha ricordato Ralf Dahrendorf, sono gli intellettuali che coraggiosamente hanno difeso la libertà nella sfida con il totalitarismo, senza farsi risucchiare dal conformismo della loro epoca. Quella dell’Erasmus è stata una lunga storia, che ha battezzato una generazione e ha festeggiato proprio quest’anno il suo venticinquesimo compleanno. E ora che si fa? Si raddoppia, si penserà.
Invece no: il rischio è che, all’opposto, si lasci. Pochi giorni fa l’Europarlamento ha lanciato un allarme che ci ricorda che, quando parliamo di Europa, non ci riferiamo soltanto a direzioni generali, spread e manovre, ma a quelle questioni che davvero contribuiscono a costruire uno spazio europeo rivolto al futuro, e cioè la cultura, la civiltà, la solidarietà. Secondo il presidente della Commissione Bilancio, Alain Lamassoure, il Fondo Sociale Europeo è in rosso, la stessa situazione toccherà dalla prossima settimana al programma Erasmus e in seguito al Fondo di Ricerca e Innovazione.
I confronti europei, e in particolare quelli che riguardano la ricerca e l’innovazione, spesso vedono l’Italia in posizioni poco onorevoli per il suo peso in Europa e la sua storia. Purtroppo, il programma Erasmus non fa eccezione, perché coinvolge solo l’1% dei nostri studenti, metà della media europea, al Nord il doppio che al Sud. Il Partito Democratico ha presentato le sue proposte per puntare a far sì che in 5 anni si passi da 20mila a 100mila studenti Erasmus all’anno, intervenendo con sgravi fiscali per le famiglie, sul riconoscimento dei crediti, sugli scambi di ospitalità. Ma l’Italia è in ritardo anche sulla capacità di accoglienza: essere scelti dagli studenti di altri Paesi come destinazione Erasmus è, in fondo, un giudizio sull’Italia, e perciò coinvolge tanto il welfare studentesco quanto l’apertura e la trasparenza del sistema. Per questo è essenziale una risposta europea della “Generazione Erasmus”, come chiedono i Giovani Democratici e la Rete Universitaria Nazionale.
Parlare di Europa significa partire dalla “veduta lunga” dei nuovi erasmiani e prendere sul serio il ruolo dell’Italia in Europa, senza caricature e senza pregiudizi: è quello che cercherò di fare in questo spazio, in dialogo con voi. L’allarme di Lamassoure è più grave di una seduta negativa delle borse: ci ricorda quanto la capacità di scegliere le priorità da parte degli Stati nazionali sia fondamentale per investire nell’orizzonte europeo, nell’Europa della mobilità e della ricerca, degli studenti e dei ricercatori, e quindi dei cittadini. Perché solo dalla costruzione della democrazia europea e dei cittadini europei possono nascere gli Stati Uniti d’Europa.
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