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"Cacciare i vulcanologi precari per scardinare la contrattazione", di Paolo Valente

La notizia non è certo di quelle che catturano l’attenzione: il Dipartimento della Funzione Pubblica ha dato un parere su un contratto integrativo sottoscritto tra sindacati del comparto ricerca e INGV. Serve un vocabolario anche solo per capire di cosa si sta parlando. La Funzione Pubblica è il “guardiano” del pubblico impiego: controlla assunzioni e contratti della miriade di enti pubblici del nostro Paese: relativamente facile.

Appena più difficile: l’INGV è l’ente di ricerca che, in Italia, si occupa di terremoti e vulcani; certo, bisognerebbe spiegare perché alcuni suoi ricercatori sono a processo per non aver avvertito dell’imminente terremoto dell’Aquila, perché l’ente pubblico che sorveglia i vulcani e gestisce la rete sismologica deve, da anni, avvalersi di oltre 400 precari, perché degli scienziati debbano avere le stesse regole degli impiegati ministeriali (ammetterete che andare sull’Etna non è come andare dal capo dipartimento), ma non sono sicuro di poter dare delle spiegazioni plausibili.

Saliamo di un livello: la contrattazione nel pubblico impiego. Questa è difficile: perché il legislatore (oramai una ventina di anni or sono) abbia deciso che i dipendenti pubblici debbano contrattare con lo Stato, come se fosse un imprenditore privato, non l’ho mai davvero capito (v. voce di Wikipedia che fornisce le informazioni di base in merito). Soprattutto se penso che da questa regola sono esclusi magistrati, forze armate e professori universitari, ma, appunto, non i ricercatori che si occupano di terremoti (o di epidemie, o dell’andamento dell’economia, o della fisica teorica e applicata, e così via…). Prendiamola come condizione al contorno (così dicono i fisici) non eliminabile, ma mettiamo da parte un’informazione importante: se gli stipendi degli “statali” aumentano attraverso la contrattazione sindacale, il governo Monti ha pensato di risparmiare bloccando la contrattazione almeno fino al 2014. Resta la contrattazione decentrata, quella “aziendale”, diversa in ciascun ente pubblico, che serve per contrattare sui buoni pasto, ma anche sui problemi specifici dell’amministrazione.

Perché, invece, questi benedetti 400 ricercatori non abbiano un contratto a tempo indeterminato (in un Paese come il nostro, non c’è dubbio che svolgano un servizio essenziale) si spiega molto facilmente: non sono previsti dall’organico dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia (l’INGV, appunto) e quindi non possono essere messi a concorso.

Da qui i contratti a tempo determinato, da qui la soluzione (temporanea, ma meglio di niente) di prolungare questi contratti per diversi anni, da qui il conflitto con la legge – del 2001 – che non permette di prolungare i contratti temporanei oltre un certo limite, se non con l’accordo dei sindacati, per mezzo di un accordo “aziendale”.

Siamo quasi arrivati in fondo, manca un ultima informazione: la riforma del mercato del lavoro del Ministro Fornero, ha introdotto recentemente una maggiore “flessibilità in entrata”, cioè maggiore elasticità nello stipulare i contratti a tempo determinato andando proprio a modificare quellalegge del 2001 che serviva ai vulcanologi per vedere i propri contratti prolungati ancora una volta. Arrivati alla scadenza dei contratti temporanei, i sindacati (tutti) “di categoria” si accordano velocemente con l’INGV per il prolungamento, come prevista dalla legge del 2001, e tutto sembra poter continuare nell’equilibrio (precario) di prima.

Ma c’è un ma. Abbiamo definito la Funzione Pubblica come il dipartimento “guardiano” delle pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda gli enti di ricerca, che tra l’altro godono di autonomia statutaria, regolamentare, finanziaria e di bilancio, il controllo è limitato alle dotazioni organiche, alle procedure di reclutamento e agli accordi integrativi, esclusi (attenzione!) gli accordi per il prolungamento dei contratti a tempo determinato. Bene, nonostante l’accordo per i contratti INGV non fosse sottoposto a controllo, la Funzione Pubblica ha ritenuto necessario pubblicare (e inviare all’Ente) un parere, che io traduco dal burocratese così: poiché 1) la legge del 2012 voluta dal ministro Fornero, ha introdotto nuove forme di lavoro flessibile e ha previsto – comprensibilmente – che alcuni aspetti di questa maggiore flessibilità siano definiti dalla contrattazione collettiva; 2) la contrattazione è bloccata; 3) l’accordo dell’INGV è nello stessoambito; allora sarebbe necessario attendere l’avvio delle procedure della nuova tornata di contrattazione collettiva prima di fare un accordo decentrato.

Per gli appassionati di diritto del lavoro pubblico, esistono delle contro-argomentazioni della FLC CGIL sul perché un tale parere in realtà non dovrebbe invalidare l’accordo INGV, che a me paiano documentate e convincenti (e che potete leggere qui). Se sia necessario o meno rivedere tutto l’impianto che riguarda il pubblico impiego, mettendo in discussione la cosiddetta “privatizzazione” del rapporto di lavoro, e di conseguenza la contrattazione collettiva, i rapporti sindacali e quant’altro, lo lascio alle dotte discussioni di giuristi e politici.

Per chi fosse meno avvezzo a decreti legislativi, “novelle” legislative, e contratti “a-casuali”, non mi restano, invece, che poche semplici domande:

– Come potrebbe l’INGV gestire la rete sismica dell’intera nostra penisola senza i 400 e oltre specialisti che da anni la sviluppano e la gestiscono?

– In alternativa: che risparmio ci sarebbe per lo Stato se l’Istituto fosse costretto a bandire centinaia di procedure concorsuali in tutta Italia per ricoprire quelle stesse posizioni (in larga maggioranza dalle stesse persone, data la loro alta specializzazione e esperienza)? e (oltre ai costi) quanti mesi occorrerebbero per un’operazione del genere?

– E infine: che senso ha sottoporre a regole burocratiche pensate per la generalità della pubblica amministrazione proprio l’unico settore pubblico (non se ne vogliano tutti gli onesti statali che non lavorano nell’ambito della ricerca) che sottopone il suo lavoro costantemente alla valutazione (spietata) della comunità internazionale (oltre che quella – seppur barocca e perfettibile – dell’ANVUR)?

L’Unità 09.10.12