attualità, politica italiana

"Anticorruzione, un sì con tanti ma", Gabriella Monteleone

Via al senato con fiducia, ora la camera. Il Pd: bene, ma il compito non è finito
immagine documentoTutto sta a vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Non c’è dubbio che il governo, con il ministro Severino, e con il premier Monti presente ieri in aula al senato, considerino il disegno di legge anticorruzione approvato in serata con la fiducia (228 sì e 33 no) un buon risultato, quantomeno perché non era scontato dati i due anni che ci sono voluti (e in attesa del via libero dalla camera). Ai neofiti della politica, e ai critici a prescindere, il guardasigilli ieri ha ribattuto punto per punto, difendendo non solo “l’onore” del governo – «nessun inciucio, siamo persone oneste» – ma ammettendo le difficoltà di trovare un punto di equilibrio quando si ha a che fare con la nota “strana maggioranza” che ti sostiene: «È una legge indispensabile per il paese, è il primo intervento dopo Mani pulite – ha detto la Severino – fare i grilli parlanti è uno sport molto diffuso, anche io appartenevo a questa categoria ma bisogna passare qui dentro per capire la fatica che c’è dietro ad ogni provvedimento».
Lo sa bene il Pd che per quanto da mesi segnali la necessità, per un efficace contrasto alla corruzione, di inserire anche il falso in bilancio (che è già in aula alla camera e potrebbe essere approvato rapidamente, vero Fini?), il voto di scambio, l’autoriciclaggio e la nuova prescrizione – e che mancano nel provvedimento approvato ieri – da qualche settimana, vista la mala parata, ha chiesto al governo di andare avanti comunque e porre la fiducia, cosa che poi è avvenuta. Lasciando però soddisfatti a metà: «È un passo avanti significativo ma vediamo se ci sono cose da aggiustare, non è finito il compito», ha detto Bersani facendo eco a Casson: «Meglio poco che niente. E la responsabilità è di una parte della maggioranza». Ed anche la Bongiorno, per Fli, punta il dito contro il Pdl a cui addebita «l’occasione persa» in particolare sul falso in bilancio.
Ha avuto coraggio infatti, ieri Alfano, da Bucarest, a dirsi «contento» che il governo avesse posto la fiducia per poi intestarsi l’approvazione di un provvedimento che il Pdl ha osteggiato in tutti i modi a suon di ricatti su «pacchetti» da approvare in toto. Ma il governo è stato determinato, anche perché il costo della corruzione lievita di 60 miliardi l’anno (Corte dei conti) e l’immagine del paese, con gli scandali degli ultimi mesi, è compromessa. Per questo il segnale doveva essere immediato, blindando il testo che pure affronta meritoriamente, per la prima volta, il tema della trasparenza della Pa. E anche quello dei magistrati fuori ruolo, oggetto di una lunga mediazione che ha fruttato però una serie di eccezioni che di fatto “svuotano” il discusso emendamento di Giachetti del Pd: tra l’altro, tutte le toghe con incarichi al Quirinale, alla Consulta e al Csm – anche se vi lavorano da più di dieci anni – non saranno toccate per altri dieci.
Restano fuori, invece, altre questioni come l’incandidabilità dei condannati pure in via definitiva: su questo e altro il ministro della giustizia si è impegnata a intervenire «con assoluta tempestività». Apprezza Anna Finocchiaro, capogruppo Pd, che subito rilancia perché il governo eserciti la delega «entro un mese» e non sei come previsto, dato che il voto e la formazione delle liste sono alle porte. E a questo proposito stride il j’accuse di Carlo Vizzini: «Se il ministro è pronta ad intervenire sul reato del voto di scambio se ci sarà una sollecitazione del parlamento, vuol dire che qualcuno gli ha detto di non farlo». Chi? Vizzini esclude il Pd, che ha presentato un emendamento ad hoc. Per Monti comunque sarà «un fattore per sbloccare la crescita» questo ddl, su cui, dice, ci ha «messo la faccia».

da Europa Quotidiano 18.10.12