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Miguel Gotor: «Ricostruzione civica del Paese È questa la sfida del segretario», di Simone Collini

La contrapposizione partiti-società civile? Per sapere come andrà a finire, se si continua così, basta guardare a quel che avvenne vent’anni fa. Quella tra giovani e vecchi? Per capire cosa ci sia sotto, bisogna invece andare più indietro e ripensare a cos’era l’Italia della prima metà del 500. Parola di storico. E di chi ora ha deciso di «dare una mano» a Bersani girando l’Italia per raccontare tutto ciò. Miguel Gotor è docente di Storia moderna presso l’Università di Torino. Durante la campagna per il congresso del Pd del 2009, scrive sul “Sole 24 Ore” un articolo sul «bersanese», in cui non si risparmiano critiche al linguaggio dell’allora candidato segretario. Bersani risponde. I due si conoscono. E ora il leader del Pd ha chiesto al docente universitario di impegnarsi nella campagna per le primarie. «Se avessi detto no mi sarei sentito un disertore. In questi giorni sono stato a Vicenza, Padova, Ravenna, Faenza, Rimini, Vercelli. I miei studi? Più che altro ne risente mia figlia di un anno».
E cosa racconta in queste iniziative?
«Intanto, che l’Italia ha una specificità, perché accanto alla crisi economica, che riguarda tutte le economie occidentali, abbiamo una crisi della democrazia rappresentativa. È vero che non è nuova, basti pensare che il primo biografo di Mazzini già nel 1901 parlava di «decadenza dei partiti», o a De Gasperi che nel ‘45 diceva che gli italiani si mostravano «stanchi dei partiti». Però oggi questa crisi è molto acuta, e se si dà la mano con la crisi economica per l’Italia arrivano tempi veramente difficili. Il cuore della sfida riformista è evitare che ciò avvenga».
Come?
«Bisogna intervenire sulla qualità della politica».
Lo dicono tutti, destra, sinistra, grillini… «Lo dicono. Me nell’azione di Bersani c’è un progetto di ricostruzione civica. Se si insiste sulla contrapposizione tra partiti e società civile, considerando i primi morti e la seconda il luogo della verginità e dell’incontaminazione, se affrontiamo la doppia crisi di cui parlavamo con la stessa lettura del ‘92 e del ’93, riconsegniamo l’Italia alla destra, come peraltro avvenne nel ’94 con Berlusconi».
Berlusconi appartiene al passato e qualche ragione a guardare con speranza nella società civile c’è, non crede?
«Pur se animati dalle migliori intenzioni, una contrapposizione tra partiti e società civile produce il rafforzamento di nuove forme di populismo, che non assumeranno il volto di Berlusconi ma si declineranno in modalità nuove che saranno dentro quel solco e che saranno subalterne a quel tipo di cultura politica».
E allora torniamo al punto di partenza: come se ne esce?
«Facendo appello al civismo italiano, alla società civica».
Società civile no, società civica sì? Sa di disputa sui nomi…
«No, è diversa la riflessione. Si tratta di fare appello all’associazionismo, alla ricchezza di mondi che si auto-organizzano in tante forme di volontariato, alla buona politica che è una ricchezza che deve essere valorizzata e di cui anche il Pd, con i suoi circoli, con i suoi militanti, è un’espressione. La proposta allora è passare dalla contrapposizione all’alleanza. Diamoci la mano e proviamo a rimettere in marcia il Paese. Dal punto di vista economico ma anche culturale, politico, con uno scatto civico. È su questo che si fonda il mio impegno».
Resta il problema dell’attuale credibilità dei partiti, non crede?
«Devono riconoscere i propri limiti, fare un passo indietro, e Bersani su questo ha dimostrato di essere assolutamente convinto. I partiti devono con umiltà trasformarsi in infrastrutture e mettersi a disposizione, con generosità, di questa riscossa civica. E devono assumersi dei rischi, uscire dal fortino. Le primarie sono una straordinaria occasione per provare a riconnettere politica e cittadinanza».
Le primarie stanno però creando problemi, non c’era un’altra strada?
«No, perché la leadership possibile, in un campo democratico e progressista, non può che passare attraverso una grande partecipazione e mobilitazione popolare. Solo se si riuscirà a stabilire una connessione sentimentale tra chi avrà la responsabilità di guidare il governo e milioni di italiani si può affrontare la duplice crisi». Finora si è discusso però più che altro di Monti bis e rottamazione.
«Quei due argomenti vengono usati per coprire la vera posta in gioco».
Che sarebbe?
«L’indisponibilità di Bersani a una nuova maggioranza che contenga ancora il Pdl, in qualunque sua forma, perché ormai è chiaro che vi sono ampi settori del mondo politico, finanziario e imprenditoriale che dietro la coperta del Monti bis in realtà rivogliono questa strana maggioranza, però legittimata dal voto popolare». Perché diceva che anche la polemica giovani-vecchi è una coperta?
«Perché dietro c’è un progetto di balcanizzazione del quadro politico italiano. La destra non è mai stata così debole perché frammentata. Si vorrebbe frammentare e indebolire anche il campo dei democratici e progressisti. Un sistema politico diviso e debole renderà più semplice operazioni finanziarie e economiche in cui ci sono dei rapporti tra paesi stranieri e propaggini nazionali. Qualcosa di molto simile avvenne nella prima metà del 500. Un’Italia più debole e divisa in fazioni fa comodo a tanti. Soprattutto in un momento in cui si sta decidendo un nuovo ruolo dell’Italia in Europa».
E le primarie, in tutto questo?
«La proposta politica di Bersani è non solo la più credibile ma anche l’argine più valido per ridare slancio e speranza all’Italia».

L’Unità 20.10.12