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"Bersani: “Scuola, misure invotabili” Profumo cambia idea: niente ore in più", di Corrado Zunino

Le reazioni degli insegnanti alle “sei ore in più a parità di salario” sono state rabbiose, sorprendenti nella loro rapidità e via via organizzate in protesta fuori e dentro le scuole. Il diktat del segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, che ha contato almeno 400 mila voti a rischio dentro quel bacino protestante e che per due volte ha detto che questa legge di stabilità non l’avrebbe votata, lo ha messo in difficoltà. Così il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo al suo staff ha detto: «Sulle sei ore fermiamoci, siamo troppo vicini alla campagna elettorale. I 183 milioni da tagliare cerchiamoli nelle singole voci di spesa, non c’è tempo per fare grandi riforme».
Con l’arresto della riforma dell’orario a scuola si ferma anche il risiko delle cattedre che avrebbe espulso dall’insegnamento 6.400 precari (fonti Pd) o 30 mila (fonti sindacali). Viene annacquato anche il riordino dei dodici enti di ricerca pubblici. Negli ultimi giorni, infatti, Profumo ha congelato l’ipotesi di un unico Centro di ricerca nazionale per tutelare i brevetti, segnalare i bandi migliori, rappresentare gli interessi italiani a Bruxelles. Il ministro — e qui l’opposizione è arrivata da destra, con il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri deciso a tutelare l’amico Enrico Saggese alla guida della traballante Agenzia spaziale italiana — non taglierà più i dodici consigli d’amministrazione preferendo chiedere ai singoli presidenti di portare in tempi brevi una loro proposta operativa.
Ieri a Roma, autoconvocati, senza bandiere sindacali, cento docenti sono andati a ritmare la loro protesta sotto le finestre di un ministero dell’Istruzione chiuso. L’onda dell’opposizione alle “sei ore in più” porterà alla riduzione dell’attività didattica in molti licei: stop a interrogazioni, compiti in classe, gite scolastiche. La riforma dell’orario è riuscita a ricompattare tutti i sindacati, che hanno indetto uno sciopero generale della scuola per il 24 novembre. Bersani, compresa la portata dello scontro, ha detto ancora: «Le norme presentate sono fuori da ogni riflessione sull’organizzazione scolastica e finirebbero per dare un colpo ulteriore alla qualità formativa. Se il governo non lo capirà, ci troveremmo di fronte a un problema serio». Nichi Vendola lo ha applaudito. E il ministro Profumo ora fa sapere: «Spero che le mie indicazioni servano a rimettere la scuola al centro dell’agenda del paese coniugando tradizione e modernità e agganciandosi alle migliori esperienze sperimentate in Italia e in Europa».
Oggi la legge di stabilità esordisce in Parlamento. Sul capitolo fiscale l’opposizione è del Pd e pure del Pdl. Angelino Alfano, con Silvio Berlusconi e Gianni Letta, domani incontrerà Mario Monti. Oggi il premier vede il segretario dell’Udc, Pierferdinando Casini.
La Repubblica 22.10.12
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“Partiti contro la manovra Scuola, Profumo ci ripensa”, di LUISA GRION
La maggioranza all’attacco del governo sulla legge di Stabilità. E il premier Monti incontra i leader dei partiti che lo sostengono. Modifiche in vista per Iva e Irpef. Forti critiche del Pd alle misure sulla scuola. E il ministro dell’Istruzione, Profumo, fa un passo indietro annullando l’aumento di ore a parità di stipendio per gli insegnanti. Sul fronte previdenza, si allunga l’età della pensione per gli italiani. L’età media sale di un anno e i nuovi assegni crollano del 35 per cento. Nei primi nove mesi dell’anno il numero delle nuove pensioni è crollato del 35,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011 e l’età media è passata dai 60,3 ai 61,3 anni. “L’anno prossimo – assicura l’Inps – quanto a età sorpasseremo la Germania”. I risultati non sono dovuti alla riforma Fornero (che produrrà effetti dal prossimo anno), ma a due precedenti norme. Damiano (Pd): “Destinare i risparmi agli esodati”.
SONO DI MENO e sono un po’ più vecchi. Prima ancora che la riforma Fornero cominci a produrre effetti, le norme sulla previdenza introdotte dai precedenti governi hanno modificato il ritratto dei nuovi pensionati. Nei primi nove mesi di quest’anno – segnala l’Inps – gli assegni liquidati dall’istituto, compresi quelli dell’ex Inpdap sono diminuiti del 35,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. E l’età media si è alzata di un anno tondo tondo, passando dai 60,3 ai 61,3.
LO SCALINO E LA FINESTRA
A determinare tale risultato non è stata la riforma previdenziale del governo Monti (che produrrà effetti solo a partire dal prossimo anno), ma due provvedimenti presi dai precedenti esecutivi: lo «scalino» del ministro di centrosinistra Damiano (il passaggio dai 59 ai 60 anni di età a fronte di almeno 36 anni di contributi per avere diritto all’assegno) e la «finestra mobile » del ministro di centrodestra Sacconi (l’attesa di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi una volta maturati i requisiti). Le due norme, messe assieme, hanno prodotto un crollo nel numero di assegni liquidati dall’Inps, pur tenendo conto anche di quelli «ereditati » dall’Inpdap: tra gennaio è settembre sono stati 199.555 contro i 309.468 dello stesso periodo 2011. L’Inps non ha calcolato gli effetti che la caduta può aver determinato sulla spesa (i calcoli si faranno nel bilancio annuale), ma precisa di aver liquidato 140.616 nel settore privato (meno 37,4 per cento) e 58.939 nel pubblico (meno 22,2 per cento). Il calo più consistente si è comunque registrato nelle pensioni di anzianità del privato (meno 44,1 per cento).
2013, ANNO DEL SORPASSO
Meno assegni, ma anche pensionati più anziani. L’età media dell’ingresso in pensione è passata a 61,3 anni, dodici mesi d’«invecchiamento» in un solo anno. Per Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps questo è il preludio del sorpasso alla Germania. «Penso che l’anno prossimo la raggiungeremo e supereremo» ha detto. I tedeschi in media vanno in pensione a 61,7 anni ma il loro tasso di sostituzione è del 58,4 per cento dell’ultima retribuzione mentre per i lavoratori italiani, grazie agli effetti di quello che rimane del metodo retributivo, si aggira ancora sull’80 per cento (destinato a crollare nei prossimi anni). In Francia l’età media di uscita dal lavoro è 59,3 anni ma il tasso di sostituzione è del 60,8 per cento rispetto all’ultima retribuzione. Entro pochi anni, quando la riforma Fornero sarà attuata, «saremo il paese leader della Ue, il più virtuoso» commenta Mastrapasqua, convinto che il primato si possa raggiungere «entro il 2020». Di fatto, già dal prossimo anno, le donne del privato andranno in pensione a 62 anni e tre mesi, l’«escalation» per tutti continuerà nei prossimi anni.
A FAVORE E CONTRO
C’era bisogno di diventare i primi della classe? Secondo i sindacati no. «I conti sono in sicurezza » assicura Mastrapasqua, alimentando le polemiche di chi ritiene non necessaria la nuova riforma. «I dati dell’Inps dimostrano che il sistema previdenziale italiano era pienamente sostenibile prima dei provvedimenti Fornero che sono stati una gigantesca operazione di cassa fatta pagare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati» commenta Domenico Proietti, segretario confederale Uil. Cesare Damiano, autore di una delle norme che hanno prodotto il crollo degli assegni certificato dall’Inps, chiede di pensare agli esodati. «Il governo riferisca in Parlamento sulla positiva situazione che si è creata e utilizzi quei risparmi per tutelare chi, in virtù dell’ultima riforma, è rimasto senza reddito ». Anche per Giuliano Cazzola, vicepresidente Pdl della Commissione Lavoro l’emergenza esodati va risolta. Ma «i nuovi dati – commenta – non autorizzano a ritenere inutile la riforma Fornero, che ha esteso il metodo contributivo e superato la piaga delle pensioni di anzianità ». E il sorpasso sulla Germania riguardo all’età? «Non vedo dove stia il problema: dobbiamo soltanto essere contenti se almeno in un campo siam più virtuosi dei tedeschi».
La Repubblica 22.10.12
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“Troppe 6 ore in più di lavoro Il governo studia l’alternativa. La rivolta delle cattedre”, di FLAVIA AMABILE
E i professori fanno il «flash mob» Ieri mattina centinaia di docenti hanno dato vita ad un flash mob sulle scalinate del ministero dell’Istruzione, in viale Trastevere, a Roma. Senza simboli politici o di sindacati, i docenti si sono radunati con cartelli che hanno spiegato come le ore di lezione sono solo una parte del lavoro svolto. Non sono mancate le «carote di protesta» a ricordare la manifestazione della scorsa settimana degli studenti
In queste ore al ministero stanno studiando ipotesi alternative perché si è capito che l’aumento di sei ore delle lezioni in classe degli insegnanti è una misura poco difendibile sia politicamente che tecnicamente. Nelle scuole si sta preparando una rivolta di proporzioni finora mai viste, che coinvolge professori che finora non erano mai scesi in piazza e che hanno deciso di organizzarsi lontano da tessere di partito o di sindacati.
Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo aveva già mostrato i primi segnali di apertura la scorsa settimana affermando di essere «certo che il confronto parlamentare sarà all’altezza del difficile compito che ci spetta, con l’obiettivo comune di consegnare all’Italia una scuola migliore, più europea, per studenti ed insegnanti. Per questa ragione ogni suggerimento ed eventuale modifica all’interno dei vincoli di bilancio votati dallo stesso Parlamento, sarà il benvenuto».
Nessun accanimento contro i prof e la scuola, insomma. Si può intervenire anche su altro, l’importante è far quadrare i conti e si sta lavorando per riuscirci. D’altra parte i tempi stringono e la conferma è arrivata anche da Piero Giarda, ministro per i Rapporti con il Parlamento, sottolineando la disponibilità del Miur a «rivedere, d’accordo con i gruppi parlamentari, la proposta contenuta nel ddl». Lo stesso promette il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi-Doria che scrive: «Troveremo una soluzione diversa per la legge di stabilità».
Saldi invariati: questa è la parola d’ordine, sottolinea anche il ministro Giarda. E per il Miur vuol dire capire come risparmiare 180 milioni di euro nel 2013, 173 milioni per il 2014, e 237 milioni per il 2015, molto meno di quello che si preparava a incassare il ministero dell’Economia con l’aumento delle ore di lezione dei prof e la cancellazione delle supplenze dei precari dalle scuole.
Dove trovare in alternativa i risparmi richiesti? Lo si capirà nei prossimi giorni. Nel frattempo il ministro Profumo auspica una maggiore flessibilità nel lavoro degli insegnanti, con prof che lavoreranno di meno ed altri che lavoreranno di più. Se ne discuterà il prossimo anno, forse in una Conferenza della scuola per avviare la trattativa del nuovo contratto.
In prospettiva, insomma, i professori dovranno lavorare 24 ore ma ci si arriverà in tempi molto più lunghi e con modalità meno rigide di quelle definite da una legge di stabilità. Si punta ad una riforma radicale dell’orario che non deve coincidere con l’attività didattica nelle classi ma andare a comprendere anche la programmazione didattica, i rapporti con le famiglie, il recupero delle carenze, la promozione delle eccellenze.
Ma i prof vogliono risposte subito e chiedono soprattutto che sia cancellato l’aumento di ore di lezione. E sono scesi sul piede di guerra. Sabato alcuni insegnanti hanno organizzato un’iniziativa di protesta spontanea andando a correggere i compiti davanti alla Camera dei Deputati. Ieri mattina si sono ritrovati davanti al Miur per un flashmob che ha bloccato il traffico per un’ora. Da oggi si continua con un dimezzamento dell’attività didattica in molti licei. Ci saranno insegnanti che interromperanno l’ordinaria attività didattica senza indicare una data per la ripresa: staranno in classe senza fare lezione, il che vuol dire uno stop alle interrogazioni, ai compiti in classe, gite scolastiche, attività pomeridiane.
La Stampa 22.10.12