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"Bertolaso ordinò: niente verità", di Giuseppe Caporale ed Elena Dusi

“La sequenza in corso può evolversi con successive scosse di terremoto di magnitudo confrontabile a quelle di questi giorni”. Questo scrivevano gli scienziati dell’Ingv il 9 aprile 2009, tre giorni dopo la scossa principale nel documento che Repubblica è in grado di pubblicare, ma che all’epoca fu “occultato” da Guido Bertolaso. LE ZONE adiacenti all’area epicentrale hanno una probabilità non trascurabile di essere interessate da attività sismica. In particolare la zona sud-orientale potrebbe essere sede di futuri terremoti di magnitudo moderata o forte”. Quelli del sismologo Enzo Boschi (presidente dell’Ingv) e Franco Barberi (presidente vicario della commissione) furono però tentativi inutili di far conoscere all’opinione pubblica gli ulteriori rischi che correva l’Abruzzo. Bertolaso bloccò infatti la conferenza stampa e il comunicato.
“NESSUN VERBALE”
Ma questa è solo l’ultima delle azioni tese a anestetizzare la paura per lo sciame sismico.
Perché era «la verità che non si deve dire», di cui Bertolaso il 9 aprile parlava nella telefonata con Boschi, intercettata dai Ros di Firenze che indagavano sulla cricca del G8 e che finirà agli atti del secondo filone d’inchiesta sulla commissione Grandi Rischi.
I sette membri dellacommissione sono stati condannati lunedì scorso a sei anni di reclusione e all’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici per omicidio colposo, proprio a causa della riunione del 31 marzo 2009, quando Bertolaso li “mandò” all’Aquila per smentire l’allarme lanciato da Giampaolo Giuliani, il tecnico di laboratorio che attraverso il sistema di rilevazione del gas radon annunciava da giorni l’arrivo di una tremenda scossa a Sulmona.
E per eseguire l’ordine del capo del dipartimento — che pretese quel giorno dagli scienziati una conferenza stampa — gli stessi sismologi finirono con il tranquillizzare la popolazione. Ma non fu vera riunione: convocata da Bertolaso, che non aveva titolo per farlo, si tenne (prima e unica volta) fuori dalla sede ufficiale del dipartimento, quella di via Ulpiano a Roma. E durò appena 45 minuti. Al termine non fu redatto nemmeno il verbale: verrà confezionato in gran fretta dagli uomini del dipartimento e firmato dagli scienziati il 6 aprile 2009 (ma datato 31 marzo). Quando la città era già in macerie. Perché doveva essere solo «un’operazione mediatica », come ammette lo stesso Bertolaso al telefono con Daniela Stati, allora assessore regionale alla Protezione Civile dell’Abruzzo.
“QUELLO SCEMO DI GIULIANI”
12 marzo 2009, ore 21,46. Fabrizio Curcio, collaboratore di Bertolaso, chiama il suo capo. Curcio: «Volevo avvertirla che in Abruzzo, all’Aquila in particolare… C’è di nuovo quello scemo che ha iniziato a dire che stanotte ci sarà il terremoto devastante». Bertolaso: «Eh». Curcio: «Noi stiamo cercando con Mauro (Dolce, capo ufficio rischio sismico della Protezione Civile, ndr) di far fare un comunicato all’Ingv… In modo che siano loro a definire questa cosa, perché all’Aquila si è sviluppata un’ansia bestiale. C’è insomma parecchio movimento, telegiornali e quant’altro».
Bertolaso: «Ma chi è questo?». Curcio: «È un tal Giuliani che ogni tanto se ne esce con queste dichiarazioni… «. Bertolaso: «Fai fare un comunicato dove annunciamo che verrà denunciato per procurato allarme e saranno denunciati con lui quegli organi di stampa che riportano notizie che sono notoriamente false. Okay?». Curcio: «Okay, grazie».
Nei giorni seguenti Bertolaso denuncerà Giuliani, ma il tribunale di Sulmona, dopo il sisma, archivierà il fascicolo.
“ SITUAZIONE NORMALE”
30 marzo 2009, ore 15.38. All’Aquila c’è l’ennesima scossa, questa volta di magnitudo più intensa (4.1). La città è nel caos. Migliaia di persone escono dalle case e dagli uffici e corrono in strada. Persino i ragazzi della Casa dello Studente — che poi crollerà — evacuano l’edificio e chiedono un’ispezione al responsabile della struttura. Ma gli studenti vengono
rassicurati e fatti rientrare. Intorno alle 19 il capo della Protezione Civile chiama Daniela Stati, assessore regionale. «Sono Guido Bertolaso». Stati: «Che onore». Bertolaso: «Ti chiamerà De Bernardinis il mio vice, gli ho detto di fare una riunione all’Aquila domani, su questa vicenda di questo sciame sismico che continua, in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni… Io non vengo, ma vengono Zamberletti (l’unico che poi non parteciperà, ndr), Barberi, Boschi, i luminari del terremoto in Italia. Li faccio venire all’Aquila, da te o in prefettura. In modo che è più un’operazione mediatica, hai capito? Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti, diranno: è una situazione normale. Sono fenomeni che si verificano… Meglio che ci siano cento scosse di quattro scala Richter piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa quella che fa male… Hai capito? (…) Tu parla con De Bernardinis e decidete dove fare questa riunione domani, poi fatelo sapere (alla stampa, ndr)
che ci sarà questa riunione. E che non è perché siamo spaventati e preoccupati, ma è perché vogliamo tranquillizzare la gente. E invece di parlare io e te, facciamo parlare i massimi scienziati nel campo della sismologia». Stati: «Va benissimo».
“NASCONDERE LA VERITÀ”
9 aprile 2009, ultimo giorno di intercettazioni sulle utenze di Bertolaso, che fa due telefonate importanti: a Boschi, per impartire l’ordine di nascondere la verità sulle nuove scosse, e all’allora sottosegretario Gianni Letta, al quale chiede di «zittire i giornali» sulle polemiche intorno alla Grandi Rischi.
La Repubblica 26.10.12
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“Noi eravamo preoccupati ma comandava e decideva lui alla fine ci impose il silenzio”
«Bertolaso era preoccupato, non voleva causare allarme. Così la nostra relazione sui rischi di nuove forti scosse all’Aquila non fu discussa. La Commissione Grandi Rischi non si è mai riunita. Né è mai stato emanato il famoso comunicato stampa che Bertolaso aveva chiesto di visionare prima della pubblicazione». Il sismologo Enzo Boschi all’epoca del terremoto dirigeva l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Oggi non ci sta a passare come lo scienziato asservito ai diktat di un capo della Protezione Civile interessato più che altro a minimizzare l’allarme. Cita come prova il rapporto tutt’altro che rassicurante che l’Ingv redasse due giorni dopo la scossa del 6 aprile 2009.
Come andò esattamente?
«L’8 aprile all’Ingv mettemmo insieme tutti i dati sismologici. La situazione era preoccupante. Lo sciame minacciava di durare a lungo e di generare altre scosse forti come quella del 6 aprile. Scrivemmo un rapporto e lo inviammo a Franco Barberi alla Commissione Grandi Rischi. Anche lui si preoccupò e decise di convocare per il giorno successivo una riunione congiunta. Si scontrò però contro la decisione negativa di Bertolaso. Lui non voleva assolutamente che si creasse ulteriore allarmismo.
La riunione fu cancellata e si decise di pubblicare solo un comunicato stampa, che Bertolaso chiese di controllare prima della pubblicazione. Intervenne a quel punto Mauro Dolce, sempre della Protezione Civile. Lui era dell’idea di non diffondere neanche quel comunicato. Così alla fine non se ne fece niente».
Non è stato scorretto nascondere il documento?
«In quei giorni eravamo molto tesi e divisi. Una parte di noi riteneva che fosse giusto diffondere ogni notizia. Altri si preoccupavano dell’allarme che ne sarebbe seguito. In fondo le persone erano già fuori delle case, in sicurezza. Che senso aveva annunciare il rischio di nuove forti scosse? Bertolaso era dell’idea di calmare prima di tutto la gente».
Voi siete stati molto cooperativi con lui.
«Io non sono cooperativo. Tutta la Grandi Rischi è stata cooperativa. Durante le emergenze ci deve essere qualcuno che comanda. È giusto che sia il capo a scegliere le strategie. In passato, al di fuori delle situazioni di crisi, io con Bertolaso ho avuto scontri molto forti. E in quel frangente lui era soprattutto
preoccupato che io facessi comunicazioni allarmanti. Di quella telefonata in cui lui parla di “operazione mediatica” poi non sapevo niente, come del resto tutti noi. Lo abbiamo saputo dalla stampa».
Nella riunione all’Ingv si parlò del rischio di crollo della diga di Campotosto?
«Se ne parlò qualche giorno più tardi. A Gian Michele Calvi, l’ingegnere che dirige Eucentre, fu affidato il compito di fare i calcoli per verificare la tenuta della diga. Ma i risultati della sua analisi furono rassicuranti».
Una volta lei disse che le vittime di un sisma sono proporzionali alla corruzione di un paese. Pensava all’Aquila?
«No. Sono i risultati di uno studio scientifico che mi è capitato di leggere. Si riferiva alla pessima qualità degli edifici nei paesi corrotti. Ma non ho fatto io quel calcolo ».
La Repubblica 26.10.12