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"Fiat, a Pomigliano torna la CIG", di Giuseppe Vespo

Ancora cig a Pomigliano. Gli oltre duemila operai della Fiat torneranno ai riposi forzati dal 26 novembre al nove dicembre. Lo stop è stato annunciato ieri dal Lingotto ai sindacati e sarà preceduto da un’altra pausa già in programma: da lunedì prossimo al 12 novembre. Il motivo del ricorso alla cassa integrazione è sempre lo stesso: «Esigenze di mercato». L’industria automobilistica è tornata ormai ai livelli di venti anni fa, in uno scenario in cui Ford ha appena annunciato l’intenzione di chiudere nel 2014 l’impianto di Genk in Belgio tagliando 4.300 lavoratori e Psa Peugeot Citroen ha ottenuto dallo Stato francese garanzie finanziarie a sostegno del suo ramo bancario. Il Lingotto non fa eccezione.
LA DISCRIMINAZIONE In questo quadro, al Gianbattista Vico di Pomigliano d’Arco, dove si produce la nuova Panda, si discute della sentenza della Corte d’Appello di Roma che impone alla Fiat di assumere nello stabilimento campano 145 lavoratori iscritti alla Fiom. Una decisione che conferma quanto già stabilito in primo grado dal Tribunale di Roma: il fatto che tra i 2.093 assunti al momento dell’apertura della fabbrica campana non vi fossero iscritti alla Fiom, rappresenta una discriminazione dell’azienda nei confronti del sindacato guidato da Maurizio Landini. Contro questa doppia sentenza la Fiat pensa al ricorso alla Corte di Cassazione e ribadisce che il numero attuale dei dipendenti di Pomigliano «è più che adeguato». Sarà per questo che tra alcuni degli operai campani del Lingotto serpeggia una strana paura: e se il rientro dei colleghi imposto dai giudici pregiudicasse il posto di chi sta dentro? Qualcuno ieri ha pensato bene di cominciare a raccogliere delle firme contro i 145 colleghi che dovranno entrare nella fabbrica con poco lavoro. Lo dice apertamente il segretario generale della Fim di Napoli, Giuseppe Terracciano: «Senza entrare nel merito, la sentenza sta generando una serie di tensioni fra i lavoratori», preoccupati appunto di dover «far posto a quelli della Fiom». «Chi è stato assunto dice Terracciano teme che Fiat decida di farlo uscire, vista la situazione di difficoltà del mercato. Chi è fuori non capisce perché qualcuno dovrebbe avere inquesta fase un diritto di preferenza su altri, non per ragioni collegate alla sua condizione di lavoratore, ma di precedente appartenenza ad un’organizzazione sindacale».
I CAPI IN AZIENDA Appreso delle firme, Maurizio Landini segretario della tute blu Cgil, parla di «atto gravissimo», che spiega così: «I capi Fiat nello stabilimento di Pomigliano stanno girando per le linee di montaggio e, attraverso l’ennesimo ricatto, stanno chiedendo ai lavoratori di firmare un testo in cui si schierano contro il rientro dei 145 lavoratori della Fiom». Landini e il suo sindacato propongono invece una contro-petizione perché tutti vengano assunti entro Natale. L’iniziativa, discussa nel corso del direttivo regionale di ieri, è stata presentata da Andrea Amendola, segretario provinciale Fiom di Napoli, che ha fatto sapere che le tute blu Cgil ne parleranno ai lavoratori nell’assemblea che si terrà martedì a Pomigliano. «Risponderemo con una nostra petizione per chiedere l’assunzione di tutti i lavoratori in Fabbrica Italia Pomigliano riprende Landini Entro dicembre tutti devono rientrare a lavoro nello stabilimento, utilizzando come già succede nelle altre fabbriche, gli ammortizzatori sociali, a partire dai contratti di solidarietà. Riteniamo che le forze politiche e le Istituzioni debbano esprimersi e intervenire per garantire le libertà nel gruppo Fiat. E ci auguriamo che le altre organizzazioni sindacali prendano distanza da questo comportamento dell’azienda». E il governo cosa fa di fronte a quanto avviene alla Fiat? si domanda l’ex sindacalista (Fiom) e ora parlamentare Italia dei Valori Maurizio Zipponi: «La nuova cig per i lavoratori di Pomigliano è l’ennesima prova che la Fiat sta ingannando le istituzioni italiane e gli operai. Tutti ricordano quando Marchionne promise lavoro e investimenti ai dipendenti dello stabilimento di Pomigliano se questi avessero rinunciato ai diritti fondamentali previsti dai contratti nazionali. In realtà, l’amministratore delegato della Fiat ha utilizzato tale ricatto per discriminare quanti non erano d’accordo».
L’Unità 26.10.12