attualità, politica italiana

“Il metodo dell´ostracismo”, di Francesco Merlo

Come sempre chi ha idee confuse ha paura delle idee. E dunque Grillo e i suoi pasdaran, per paura delle idee di Federica Salsi, hanno deciso di punirla e l´hanno isolata anche fisicamente, come fanno i talebani con le donne che hanno rotto il patto d´onore. Mancava solo che le tirassero le pietre. E infatti, quando nel consiglio comunale di Bologna lo spettacolo è diventato grottesco, la Salsi si è sentita – ha detto – «lapidata in pubblico». E le pareva – ha aggiunto – di essere «dentro Scientology» perché questo cieco fanatismo grillino sarà pure comicità che si fa tragedia, ma chissà quanti vaffanculo stanno diventando concreti e duri sulla pelle di una donna viva e sensibile. E infatti le è sembrato di subire – ha scandito – «una violenza» quando il suo compagno e collega Massimo Bugani si è alzato e l´ha lasciata sola pronunziando frasi sconnesse ma tonitruanti come questa: «Io credo che per me parli la mia storia» (la geografia è afasica?).
Come si vede, il linguaggio è ridicolo ma anche allarmante. Ascoltiamo ancora questo goffo Carneade che, confortato da Momsen e da Polibio, si appella «alla mia vita e al mio impegno su questi temi all´interno del consiglio comunale». Ecco: «Questi temi» erano la partecipazione a Ballarò della lapidanda e disonorata Federica e non i rumori di guerra atomica tra Iran e Israele.
E però dietro la nostra facile risata c´è la preoccupazione per il vuoto delirio che la Storia ci ha fatto ben conoscere nella sua versione grandiosa e che adesso Grillo ci ripropone in chiave buffa e mostruosa ma pur sempre violenta, tragicomica appunto. Pensate che Bugani si è fatto fotografare mentre fa il gesto di vittoria come Churchill con alle spalle l´emblema del Movimento 5 stelle e addosso una t-shirt con su scritto: «Io siamo Massimo Bugani». Certo, questo invasamento somiglia più a quello di Sandro Bondi per Berlusconi che alla mistica dei comunisti per Stalin, ma la banalità dello squilibrio è la stessa. Grillo – ha raccontato ieri il quotidiano Pubblico – ha compilato una lista di cronisti da evitare, di giornali a cui non concedere interviste, di programmi televisivi da boicottare. Macchiettisco dunque. E tuttavia violento. E non verso i giornali (chi se ne importa) ma verso i militanti che se disobbediscono e vanno a Ballarò vengono appunto lapidati come Federica Salsi.
E sono i tipici sintomi di quelle febbri da teste calde. Pensate che il nostro Carneade produce video inchieste per il movimento, il gruppo virtuale dei grillini, firmate con il soprannome di un pirata, “Nick il nero”, proprio come un tempo i ragazzi di Farinacci adottavano nomignoli salgariani: “La disperata” era la squadra, e il capomanipolo era “Yanez”.
Di sicuro Federica Salsi non è Rosa Luxemburg ma una di quelle donne che è bello incontrare e frequentare solo per scambiare battute sull´attualità o sulla moda o sui figli. E difatti pensava di poter dire la sua su quel piccolo mondo che è la politica italiana senza chiedere il permesso a Grillo o a Casaleggio o ai consiglieri comunali di Bologna – l´altro scientologo si chiama Marco Piazza – che l´hanno maltrattata. E ascoltate ancora come diventava accorato Bugani, un po´ Atlante e un po´ Giobbe, con il peso e le ferite del mondo addosso: «Ci sono momenti davvero dolorosissimi nella vita (e i fazzoletti grondavano pianto, ndr) in cui si deve osservare il mondo da un diverso punto di vista pagandone anche le conseguenze. Questo per è me uno di quei momenti». Stephen Zweig, che li chiamò Momenti Fatali, ne aveva contati 14: quattordici vite che riassumono il mondo. Bugani è il quindicesimo Momento Fatale.
E forse il sedicesimo è Antonio Di Pietro mentre caccia Massimo Donadi, un altro reietto, reo di dissenso. Di Pietro, che nella sua lunga storia non ha mai nascosto la mano mentre lanciava le pietre, sta finendo in una filodrammatica dove ci sono tutte le parti in commedia, buffonesche e tragiche. E ora i suoi intellettuali organici fanno esercizi di filologia catastale, come neppure Bocchino ai tempi di Tulliani, precisando che le case sono 11 e non 56. E la loro contabilità al dettaglio distingue appartamenti e particelle, donazioni e “elargizioni modali”, affitti e speculazioni, senza pensare che – come diceva Totò – «non è la somma che fa il totale», perché è il dettaglio che offende, è il dettaglio che si fa trave nell´occhio del moralista, nel cuore della confraternita.
Comunque Di Pietro, che campa di televisione, non potrà mai entrare nella Scientology di Grillo. Ce lo spiega di nuovo il devotissimo Carneade Bugani, citando Pasolini: «Non c´è niente di più feroce della banalissima televisione». Così il grillismo da mediocrità dispettosa sta mutandosi in populismo velenoso. L´originaria comicità è diventata ferocia contro il dissenso. Scriveva Rimbuad: «… avverto la ferocia del sorriso idiota».
La Repubblica 06.11.12