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Quella “piccola evasione” che ha fruttato a Silvio 360 milioni di fondi neri, di Piero Colaprico

«Con quello che pago di tasse, è ridicola l’accusa di aver evaso così poco», andava ripetendo Silvio Berlusconi, poco prima della batosta in Cassazione. È vero, l’ex presidente del consiglio è rimasto impigliato per un «pezzettino » di tasse non pagate: ma la realtà racconta una storia totalmente diversa. La contabilità gonfiata sulla compra-vendita dei diritti tv ha permesso la creazione almeno di 360 milioni di dollari di fondi neri: e se si è potuto procedere solo per i circa 6 milioni di euro sottratti al fisco nel 2002 e 2003, «vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi – questo si legge in sentenza definitiva – abbia direttamente gestito la fase iniziale dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore». Pochi fatti, nudi e crudi, bastano.
I PREZZI GONFIATI
«Picchia giù con i prezzi» si sentiva dire un’impiegata dell’ufficio contratti dal suo superiore. Per comprendere il senso della frase bisogna sapere che c’era un pugno di manager di provata fede berlusconiana. E questi adottavano per la compravendita dei diritti tv un doppio binario. C’era «un contratto originario, definito master», apparentemente a posto, e una serie di «cosiddetti subcontratti», carte fasulle. Il master veniva stilato a Milano, i sub contratti – è tutto documentato – in Svizzera. Era su questi sub contratti, destinati a girare estero su estero, che comparivano cifre irreali. Come? Uno dei fedelissimi ordinava alle impiegate: «“Questo mese, questo trimestre dobbiamo arrivare in termine di costo a cinque milioni di dollari, 20 milioni di dollari, eccetera”. Però il costo dei diritti era di meno, sensibilmente di meno», testimonia una «gonfiatrice dei prezzi».
IL GIOCO DELLE TRE NOCI
Teste incredibile? Affatto, perché trova un riscontro assoluto nella mail di un contabile della casa cinematografica Fox. Scrive – siamo nel dicembre 1994 – una frase lapidaria al suo superiore: «L’impero di Berlusconi funziona come un elaborato “shell game”». E cioè? «È un gioco – dice l’americano – che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia. Chi gioca deve indovinare dov’è il nocciolo nascosto con la finalità di evadere le tasse italiane».
LA “DUE DILIGENCE”.
Anche a lasciar perdere le tante società false, senza contabili, senza uffici, che «lavorano» nelle compravendite-truffa con Mediaset, un piccolo ma formidabile dettaglio che risale ai momenti della quotazione in Borsa di Mediaset e dimostra per tabulas
la situazione reale. Nel mondo della finanza si usa (termine inglese: «due diligence») fare indagini e analisi sul valore di un’azienda prima di un investimento. E il
pubblico ministero Fabio De Pasquale ha trovato proprio un memorandum «Gruppo Mediaset: due diligence legale». È a cura della Grimaldi & Clifford Chance per «la riunione del 20 marzo 1996» sulla «Library di Mediaset», e cioè sul magazzino di film e telefilm. E qui l’indagine diventa difficilissima: «…né, per il momento, e nonostante le nostre insistenti richieste, Mediaset ha mostrato di voler fornire la documentazione necessaria (…)», si lamenta il detective- finanziario. Anzi, «per quanto riguarda il problema del valore, nei contratti di cessione finale che ci sono stati messi a disposizione (40 su 80 richiesti) puntualizza ancora – abbiamo notato che spesso i prezzi praticati a Reteitalia o a Mediaset dopo i vari passaggi tra le società estere del gruppo Finivest erano talora sensibilmente aumentati rispetto all’originale prezzo di acquisto dei diritti». Più chiaro di così?
IMMENSI CAPITALI NERI
Esiste un altro dato che va recuperato dal processo a carico dell’avvocato inglese David Mills. Dagli anni ’70-80 Mills è stato incaricato da Fininvest – parole sue – di «costituire un gruppo società offshore » utili a far sparire «milioni e milioni che non avrebbero dovuto figurare nel bilancio consolidato del gruppo». Sono quei soldi off shore che Berlusconi ha usato negli anni senza il minimo controllo di legalità. Sono i soldi off shore che ritroviamo nei molti processi con Berlusconi imputato.
Per esempio, quello sulle mazzette pagate da Cesare Previti ai giudici corrotti della sentenza Mondadori. O quello sui soldi che All Iberian – società della galassia off shore di Berlusconi – versa nel conto estero di Bettino Craxi. Vent’anni dopo, in fondo, si torna ancora a All Iberian, ai fantasmi del passato.

La Repubblica 03.08.13