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“Il punto di rottura”, di Claudio Sardo

Alla favola di Berlusconi colomba tra i falchi cattivi del PD può credere solo un fesso. Il falco è Berlusconi, che muove i ricatti dei suoi sullo scacchiere politico, e che ancora non ha deciso se far cadere il governo e tentare la corsa al voto. Un punto però è fermo nella sua strategia: la colpa di un even- tuale crollo della legislatura deve ricadere tutta sul Pd.
Ciò spiega la propaganda, la tattica, le parole oltre il limite dell’eversione, fino alle minacce al Capo La condanna penale definitiva del leader della destra italiana ha segnato uno spartiacque. La Cassazione ha smentito tutti co- loro che scommettevano sul «salvacondot- to», che straparlavano di «inciucio», che deliravano sulla «pacificazione». La divisione dei poteri e l’autonomia costituzionale dell’ordine giudiziario erano la pre-condizione di questo governo, che mantiene nel- la propria missione il ripristino di una normalità e di una efficienza democratica. L’esecutivo guidato da Letta, che non si fonda su una vera alleanza politica, non po- teva certo fondarsi su uno scambio ignobile tra politica e giustizia. Comunque, tutti sapevano che la sentenza Mediaset non sa- rebbe passata come un venticello. È in atto un terremoto, e ancora non sono chiare le conseguenze.
Il governo mantiene le sue ragioni verso un Paese attanagliato da una crisi sociale devastante, e verso le istituzioni da riformare, pena nuove elezioni senza esito e una paralisi del sistema che può diventare irreversibile. Ma la condanna di Berlusconi, e ancor più le parole inaccettabili pronunciate da diversi dirigenti del Pdl su mandato del capo, hanno cambiato lo scenario. Il governo Letta non può soltanto sopravvivere. Non può cercare un riparo, lontano da questi attacchi intollerabili contro il diritto. Non può pensare di attendere un secondo tempo, nel quale sviluppare il meglio delle sue politiche economiche e sociali. Il terremoto della Cassazione ha modificato i tempi, e pure gli obiettivi del governo.
Le parole di Berlusconi e del Pdl pronunciate in queste ore sono incompatibili con un ruolo di governo. Nessuno discute il diritto del condannato, o dei suoi congiunti, ad avere qualunque opinione della sentenza.
Nessuno può violare il limite dei sentimenti personali. Ma la politica democratica si basa sul rispetto della Costituzione e sul principio della legge uguale per tutti. A questi valori non può derogare né un parti- to, né un governo. Qualunque ricatto passi dalla violazione del principio di legalità o dalla pretesa di non dare piena esecuzione a una sentenza giudiziaria, è irricevibile prima ancora che inaccettabile.
Ma a fronte di questa offensiva del Pdl – che oggi avrà in piazza una verifica non secondaria – il governo non può neppure limitarsi a respingere le richieste al mittente. Le parole di questi due giorni hanno un contenuto eversivo che va reso esplicito e condannato. E a farlo deve essere il governo in quanto tale. Altrimenti sarebbe troppo facile lo scaricabarile sul Pd: ogni giorno si alza di più il tiro, ogni giorno la provo- cazione sale di intensità, finché nel Pd l’indignazione arriverà al punto di rinunciare ad un governo che ritiene ancora necessa- rio per il Paese. O Berlusconi e il Pdl si ri- mangiano le folli reazioni di queste ore, op- pure saranno loro a provocare quella rottura che ci spingerà ancor più nel baratro della crisi sociale e nella dipendenza dai poteri esterni.
Non solo il Pd, ma anche Enrico Letta deve sfidare Berlusconi al rispetto della legalità e alla ricostruzione del sistema politico. Peraltro è il solo modo per preservare il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica, oggi aggredito dalla destra come ieri dal radicalismo grillino, perché ha lega- to il suo secondo mandato ad un solenne impegno sulle riforme. Non si tratta solo di una battaglia tra partiti, condotta sull’orlo del precipizio. In gioco è la stessa capacità del Paese di uscire dalla crisi.
Come può pensare il governo Letta di arrivare al tra- guardo delle riforme istituzionali ed elettorale, se non mette in chiaro, subito, l’assoluta fedeltà ai principi della Costituzione? E di riforme abbiamo bisogno: non basterà una legge elettorale ad assicurare la gover- nabilità, se non si romperà il bicamerali- smo paritario affidando a una sola Camera il rapporto fiduciario con il governo. Ecco perché è arrivato il tempo che il governo definisca il perimetro delle riforme: e questo non può che essere il rafforzamento del governo parlamentare. Bisogna dirlo che il (semi?) presidenzialismo è irrealistico. E al tempo stesso bisogna dire che il capitolo della giustizia non si affronterà finché è presente questo ricatto del Pdl.
Ma il governo Letta deve essere più for- te anche nell’indicare, nelle difficili condizioni date, le sue politiche di sviluppo e la sua strategia europea per produrre nel 2014 i mutamenti attesi. Qualcuno dirà: cosa c’entra con la condanna di Berlusconi? C’entra, eccome, con il rischio che tutto stia per saltare e che il Pdl tenti l’avventura delle elezioni anticipate, magari contando anche stavolta su Grillo, che ieri negò qua- lunque sostegno a Bersani e che domani potrebbe bocciare qualunque riforma elet- torale in senso maggioritario. Grillo vuole il voto anticipato ma non vuole maggioranaze stabili.
Questo governo è nato nel pieno di una drammatica emergenza sociale. La sua prima ragione è qui: nella Cassa in deroga da rifinanziare, nell’aumento dell’Iva da annullare, negli esodati da tutelare, nelle cri- si aziendali da scongiurare. Tutto questo ora può saltare. Siamo vicini al punto di rottura.
Ma per dare un senso alla legislatu- ra non basta invocare lo stato di necessità. Anche nell’emergenza ci vuole una strate- gia, una politica più forte. La sola risposta possibile alle grida sguaiate del Pdl è un rilancio: o si cambia passo, o si chiude. Do- po le parole indecenti del Pdl, non si può continuare come prima. Ha fatto bene il presidente del Consiglio a lanciare ieri il suo aut aut alla destra. Ora indichi la rotta: deve essere il Pdl a dire se intende andare avanti oppure no.

da L’Unità