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“Lasciate che gli stranieri vengano a noi”, di Stefano Lepri

Il governo non cade e l’agosto può trascorrere tranquillo, senza burrasche sui mercati finanziari. Però la tenue ripresa economica che si comincia a intravedere non ci porterà grande sollievo, se Enrico Letta e i suoi ministri continueranno settimana dopo settimana, mese dopo mese, ad essere paralizzati dai ricatti di una campagna elettorale permanente. La sfiducia tornerebbe a crescere, all’interno come all’estero.

Non si può governare bene quando chi fa parte della maggioranza, invece di puntare su ciò che è realizzabile (in modo da rivendicare poi: «Per merito nostro sono state fatte cose buone») punta quasi soltanto su ciò che è irrealizzabile («Per colpa degli altri non si è concluso nulla»). Al di là della disordinata rissosità degli alleati-rivali, e delle loro divisioni interne, c’è un motivo di fondo per cui questo avviene.

Purtroppo con una amministrazione pubblica nello stato in cui si trova, non fare è molto più facile che fare. E’ scarsa la capacità di prendere in breve tempo misure i cui risultati vengano percepiti dagli elettori.

Lo vedono anche gli stranieri: alla nascita dell’attuale governo un editoriale del «Financial Times», con freddo paradosso, lo esortava a lasciare l’economia a se stessa e a concentrarsi sulle riforme politiche.
Quel consiglio anglosassone non poteva essere seguito, in un Paese come il nostro dove tra gli operatori economici è assai raro l’invito alla politica di «lasciarli fare». Ma già ascoltare ciò che le forze sociali chiedono – meno tasse sui redditi bassi, i sindacati; togliere l’Irap dal costo del lavoro, la Confindustria – sarebbe un passo avanti rispetto al dibattito politico corrente su Imu e Iva.

Oltretutto la ricerca affannosa di spunti di propaganda rende ancor più difficile ai funzionari pubblici compiere il loro dovere. All’indomani dei controlli anti-evasione in alcuni luoghi di vacanza uno dei maggiorenti del Pdl, Maurizio Gasparri, afferma che sarebbe stato meglio evitarli. Già nel Pd, indizio certe recenti parole del viceministro Stefano Fassina, serpeggiava il timore di restare scoperti su questo fianco.

Mostrare che lo Stato esiste, che le leggi vengono rispettate, è un requisito essenziale perché l’economia di mercato funzioni, e dunque anche per la ripresa. La burocrazia intralciava il governo Monti perché teme i tecnici meno dei politici; il rischio adesso è che debba barcamenarsi tra pressioni contrastanti delle diverse forze di maggioranza, e di nuovo tuteli il proprio potere con i rinvii.

Paralisi o decisioni sbagliate potrebbero portare danno nei prossimi mesi. Per ora sui mercati prevale l’impressione che la crisi europea sia, benché con lentezza, in via di superamento. Agli interrogativi che circolavano sul nostro sistema creditizio, Governo e Banca d’Italia hanno ribattuto ieri con un messaggio di fiducia. Le banche italiane non corrono pericoli; tuttavia, va detto che se avessero più capitale farebbero meglio il loro mestiere di fornire credito alle imprese.

Sia per le banche, sia per le industrie, sarà meglio evitare di stracciarsi le vesti nel caso si presentino investitori stranieri. Il sistema economico italiano soffre di carenza di capitale e i capitali sono altrove. Magari si diffondesse nel mondo abbastanza fiducia nell’Italia – una burocrazia non paralitica, una magistratura che fa rispettare le leggi – perché altri si accorgano che ci si possono fare buoni affari.