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“Una battaglia di civiltà”, di Maria Cecilia Guerra

Gli articoli del decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri dedicati alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere rappresentano una prima, molto importante, risposta a un problema di grande rilevanza sociale. Le norme, che sicuramente potranno esse- re arricchite nel passaggio parlamentare, aggrediscono il fenomeno da più punti di vista. Particolare attenzione è posta, in accordo con quanto richiesto dalla Convenzione di Istanbul ratificata dal nostro Parlamento il 27 giugno scorso, sulla violenza domestica, definita come l’insieme di atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica, che si verificano all’interno della famiglia o comunque fra persone che sono o sono state legate da relazioni coniugali o affettive. Si prevede, ad esempio, che i responsabili di tali violenze possano essere ammoniti anche in assenza di querela, sulla base di segnalazioni di terzi a cui viene garantito l’anonimato. Si riconosce un permesso di soggiorno umanitario alle persone straniere che ne siano vittime. Si riconosce l’arresto in flagranza di reato per chi se ne rende responsabile. Si dà priorità nei processi ai reati riconducibili a questo tipo di violenza. Si garantisce il patrocinio gratuito alle vittime, indipendentemente dalle loro condizioni reddituali.
Grande è poi l’attenzione dedicata alla tutela della persona vittima di violenza in tutta la fase processuale: se ne accresce la possibilità di difesa, garantendo, ad esempio, che sia tempestivamente informata in caso di conclusione delle indagini, di archiviazione dei reati, di revoca delle misure coercitive adottate nei confronti di chi ha commesso la violenza; se ne acquisisce la testimonianza con modalità protette quando si trovi in condizioni di fragilità e ne faccia richiesta.
Oggetto di intervento sono anche gli atti persecutori, che comprendono minacce e molestie reiterate nei confronti delle vittime, che vengono ora puniti anche quando avvengono attraverso strumenti informatici o telematici. Per lo stalking la querela diventa irrevocabile, per evitare, come già si è fatto nel caso di violenza sessuale, che
la persona violenta metta in atto minacce per spingere quella offesa a ritirarla.
La caratteristica principale del provvedimento è però la filosofia della prevenzione. Anche una norma punitiva, come quella che aggrava le pene nel caso di violenza compiuta alla presenza di minori, può, ad esempio, avere una funzione preventiva: è infatti noto che assistere alla violenza di un genitore sull’altro genera comportamenti imitativi nei figli. Interventi che rafforzano gli strumenti dell’ammonimento e il contrasto allo stalking giocano un ruolo cruciale nel prevenire l’escalation della violenza che può, come purtroppo spesso accade, portare fino al femminicidio.
Ma la violenza di genere ha radici culturali e sociali molto profonde, ed è su queste che principalmente occorre intervenire. E per farlo occorrono azioni, oltre ad atti normativi. Per questo, a partire dai lavori iniziati con la task force istituita dalla ministra Idem e ora da me coordinata, che coinvolge le amministrazioni centrali e d’ora in poi anche Regioni e Comuni, il provvedimento prevede l’urgente definizione di un piano di azione contro la violenza sessuale e di genere: che dia l’avvio a un processo di informazione e sensibilizzazione della collettività, specialmente della componente maschile, sulla violenza contro le donne; che promuova l’educazione alla relazione e contro le discriminazioni di genere nelle scuole; che garantisca la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking – forze dell’ordine, servizi sociali, operatori sanitari, per citare i principali – in modo che sappiano come identificare la violenza di genere, anche quando non è ammessa, spesso per paura o per vergogna, dalla vittima, e sappiano individuare il grado di rischio a cui questa è esposta e adottare quindi i provvedimenti necessari, compreso quello di indirizzarla verso le reti di assistenza e i centri antiviolenza; che metta in rete i dati disponibili, perché ancora troppo poco si sa del fenomeno. Insomma, la forza maggiore del provvedimento approvato, è proprio la consapevolezza dichiarata che esso è solo un primo passo per una battaglia culturale e sociale di lungo corso che chiama tutti alle proprie responsabilità.
* Viceministro al Lavoro e alle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità

L’Unità 09.08.13