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“Teoria e prassi dell’evasione”, di Ruggero Palladini

Diciassette miliardi e mezzo di redditi evasi da quasi cinquemila soggetti sono una bella cifra; rappresentano più di un punto di Pil. Mediamente si tratta di tre milioni e mezzo: cifra che fa capire come i cinquemila non siano solo idraulici o carrozzieri. Si tratta piuttosto di operatori che si servono di società (Srl o anche Spa) come paravento. Le società operano in nero (in parte se non del tutto) e vengono fatte risultare in perdita. I soggetti non fanno la dichiarazione dell’Irpef mentre, per quanto riguarda il loro patrimonio, si avvalgono, come dice il comunicato della Guardia di Finanza, di prestanomi.
La teoria economica ha studiato il caso di un contribuente razionale ma completamente privo di scrupoli di carattere etico, mostrando che, se il contribuente ha un certo grado (anche non alto) di avversione al rischio, non si comporterà da evasore totale. I cinquemila contraddicono la teoria? Si tratta di soggetti irrazionali? Si direbbe di no, visto che ricorrono a stratagemmi di una qualche complessità per evadere. Più probabilmente si tratta di persone sicuramente con un grado di avversione al rischio non molto alto, che ritengono di non avere niente da perdere nel caso in cui fossero scoperti; e che possono sempre sperare in Silvio e in qualche bel condono tombale.
È ben noto che il fenomeno dell’evasione (e del sommerso a essa legato) sia particolarmente alto; in Europa solo la Grecia farebbe «meglio» di noi. È altresì noto che ciò è strettamente connesso con il numero molto elevato di piccoli e piccolissimi operatori economici, i cinque milioni e oltre di partite Iva. Il Mezzogiorno evade di più in percentuale, anche se il Nord ha un volume complessivo più alto. Il Sole 24 Ore (lunedì scorso) riporta dei dati sulle differenze tra redditi e consumi nelle 103 province italiane, da cui si trae un indice di fedeltà fiscale. Le prime cinque province più virtuose si trovano al Nord (Milano, Bologna, Trieste, Forlì-Cesena, Parma), le ultime meno virtuose, a parte Viterbo, si trovano in Sicilia (Trapani, Catania, Agrigento, Ragusa). Il Sole 24 Ore, tuttavia, suggerisce che la crisi avrebbe ridotto il divario Nord-Sud, comprimendo i consumi, finanziati dai guadagni in nero. Probabilmente il discorso
è più complesso, ma val la pena di notare che oltre trecento (dei cinquemila evasori scoperti) si trovano a Roma, città che nella graduatoria del Sole si colloca ad un onorevole dodicesimo posto.
Di evasori totali se ne sono sempre trovati nel nostro Paese. Rappresentano una percentuale ridotta di un alto numero di contribuenti. Se l’evasore tipico è quello che non dichiara il volume d’affari, perché vendendo ai consumatori può non fatturare, esistono operatori specializzati nel favorire l’evasione producendo costi inesistenti (le cosiddette cartiere). È una forma di delinquenza raramente presente in Europa, ma purtroppo presente da noi.
Al ritorno dalle vacanze i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate inizieranno ad applicare il nuovo redditometro al rapporto tra redditi e consumi del 2009 su circa 30-35mila contribuenti. L’idea è sempre quella del vecchio accertamento sintetico: se hai un certo livello di consumi, devi avere almeno un pari ammontare di reddito disponibile (quindi al netto delle imposte pagate). Ovviamente poiché solo una parte dei consumi è già a conoscenza del fisco, l’altra parte deve essere stimata, e su questo punto si sono sviluppate disquisizioni complicate, a volte degne del miglior azzeccagarbugli.
È da sperare che queste notizie possano dare una spinta all’adempimento spontaneo, cioè ad una riduzione del grado di evasione. Tuttavia il numero di soggetti coinvolti dovrebbe crescere di almeno dieci volte; e però applicare a trecentomila persone il redditometro va molto al di là delle capacità dell’Agenzia. La possibilità del controllo dei conti correnti, viceversa, permetterebbe l’esame di un numero molto maggiore di contribuenti, in quanto le voci da controllare sarebbero ridotte: l’ammontare di inizio anno, il numero di versamenti e di ritiri, il valore medio dell’anno. Uno screening del genere può essere utile per identificare i soggetti a rischio, e la consapevolezza di ciò può costituire uno stimolo per una maggiore fedeltà fiscale.

L’Unità 21.08.13