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Il muro del Pd: “Nessun baratto sulla giustizia”, di Rodolfo Sala

Nessuno spiraglio, il Pd fa muro. E respinge quello che Dario Franceschini definisce senza giri di parole il «baratto» proposto dal Pdl. Baratto un po’ indecente, Letta può andare avanti solo se i Democratici salveranno il Cavaliere dalla decadenza in Senato. «Alle minacce e agli ultimatum — avverte il ministro per i Rapporti con il Parlamento — basta rispondere con un principio molto semplice: non si barattano legalità e rispetto delle regole con la durata di un governo. Mai». La linea è tracciata, tutte le anime del partito si
compattano e le conseguenze non possono che essere quelle annunciate ieri a Rimini da un altro ministro, il renziano Graziano Delrio: niente salvacondotti per l’uomo di Arcore condannato in via definitiva per frode fiscale, quando la vicenda arriverà alla Giunta del Senato, «il Pd voterà per la decadenza, non ci sono altre soluzioni; non si può trovare dentro la politica la soluzione a un problema giudiziario».
Lo impone la legge Severino, che il Pdl vorrebbe mettere in discussione magari con l’aiuto dei partner di governo. «Non ci rifiuteremo di fare approfondimenti — è il massimo che concede Rosy Bindi — ma nessuno ci chieda di farli per perdere tempo; proprio perché Berlusconi verrà trattato come un semplice cittadino, verrà applicata la legge Severino, che è molto netta: non vale il principio della retroattività
perché stiamo parlando di norme elettorali e non penali». Dunque, conclude la Bindi, «il Pdl la smetta con i cavilli e prenda atto della realtà, anche perché «c’è la pena accessoria sull’interdizione che sta arrivando».
Concetto ribadito dal responsabile organizzativo Davide Zoggia: «Bisogna rimettere la realtà con i piedi per terra, lo dico con chiarezza ai colleghi del Pdl, che invito ad assumersi le proprie responsabilità
e a smetterla con il tentativo di scaricare sul Pd problemi che riguardano il loro partito ». Insomma: sono fatti vostri, perché «il problema è Berlusconi, è lui che è stato condannato con sentenza definitiva, e questo è un fatto grave». Ma nel Pdl non capiscono, insiste la Bindi, che esclude in modo perentorio l’ipotesi dell’amnistia, anche questa vagheggiata nell’entourage dell’ex premier. Dove qualcuno, in nome della pacificazione, ricorda quel che fece Togliatti da ministro della Giustizia: «Quella della pacificazione è una categoria estranea al governo di servizio, nel Pdl non hanno ancora capito che non intendiamo sostenere il governo con l’annullamento delle sentenze».
E ricorre al sarcasmo l’europarlamentare Gianni Pittelli, uno dei candidati alla segreteria del Pd: «Di questo passo, dietro il ricatto della crisi, il Pdl arriverà a chiederci di votare pure che Ruby è la nipote di Mubarak». Ma tra i democrat c’è chi, come la lettiana Paola Micheli pensa che alla fine i berlusconiani non faranno cadere l’esecutivo: «Sono convinta che Berlusconi deciderà con la testa e non con la pancia, e poi bisogna vedere se il Pdl vuole abbandonare la nave Italia per garantire la difesa di una persona che, pur importante per il centrodestra, ha fatto quel che ha fatto».

La Repubblica 23.08.13

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“Non siamo al governo a tutti i costi in questa partita ci giochiamo l’anima”, di TOMMASO CIRIACO
«La decadenza di Berlusconi è un atto dovuto, scontato. La destra deve capire che noi non possiamo arretrare di un millimetro, perché ne andrebbe di mezzo la nostra concezione della democrazia». Né vendetta, né accanimento verso il Cavaliere: per il candidato alla segreteria democratica Gianni Cuperlo è soltanto una questione di «coerenza » rispetto ai «principi dello Stato di diritto». I dem non possono muoversi diversamente. Altrimenti perderebbero l’anima: «Non penso che il Pd si spaccherà. Sul principio non cederà. Dovesse cedere, semplicemente non ci sarebbe più il Pd».
Il Cavaliere si affida a un’immagine: “Sono in barca con un amico che mi vuole buttare a mare”. L’amico è il Pd.
«Così la metafora non funziona. Non abbiamo mai immaginato di risolvere la vicenda per via giudiziaria. Ma la decadenza è un atto dovuto, scontato. Su questo il Pd è unito».
Atto dovuto, dice. Spieghi a noi e al Pdl perché.
«Si tratta di una sentenza passata in giudicato e come tale va rispettata e applicata. Sa che cos’è irricevibile?».
Dica.
«La concezione sostanziale della democrazia che ha questa destra, dove le regole e i principi vengono dopo la realtà. Loro dicono: “Abbiamo preso milioni di voti”. E da lì fanno discendere la valutazione sulla decadenza. Ma non funziona così. Se prendi milioni di voti non sei esentato dal rispetto della legge. Nel ‘900 questa visione è stata all’origine della distorsione dei valori democratici. Per questo non possiamo arretrare di un millimetro».
Un bel problema, per il premier.
«Ho apprezzato Letta. Ha difeso la responsabilità di essere al governo per affrontare l’emergenza economica che per me
vuol dire redistribuire risorse a chi è finito a terra, rappresentarci in Europa e, me lo lasci dire in queste ore terribili, anche guardare al mondo e a un Medio Oriente segnato dalle tragedie in Egitto e Siria. Ma Letta ha anche spiegato che non siamo al governo a ogni costo».
Eppure, tutto ruota ancora intorno al Cavaliere.
«Quel che non funziona a destra è un’idea del consenso elettorale come potere sovraordinato agli altri. Ma quella è la premessa dell’assolutismo. L’opposto di quell’equilibrio dei poteri elaborato da un paio di secoli».
Insomma, nessun passo indietro.
«Ma non è questione di tattica politica. È una questione di principio in uno Stato di diritto. Lo devono capire i nostri avversari».
C’è chi ha proposto di allungare i tempi in giunta sulla decadenza. Così intanto si chiude la finestra elettorale.
«Mi sembrano suggestioni spericolate. Sui tempi di lavoro deciderà la Giunta, non c’è nessuna volontà di venire meno a principi garantisti. Ma sarebbe fuori luogo e poco credibile che si tendesse a diluire il tempo della decisione seguendo la logica che mi ha descritto».
E il Pdl? Seguirà Berlusconi fino alla fine?
«Spero che la destra prenda atto che si è conclusa una stagione politica e storica. Spero siano in grado di aprire una riflessione. Per loro è uno spartiacque politico. Prevarrà un modello leaderistico, dinastico, quella pulsione populista venata da sovversivismo? Oppure l’anima democratica, europea, costituzionale?».
Forse non possono abbandonare il Cavaliere proprio ora.
«Sarà la destra a decidere la strada. Ma se non sarà in grado di rendersi autonoma, sarà un’occasione persa».

La Repubblica 23.08.13