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“Siria, le verità mancanti”, di Francesco Lenci

Oggi non è affatto facile verificare se, quando, dove e da chi siano state usate armi chimiche in Siria. In questo caso più di sempre le mezze verità corrono il rischio di rendere la situazione ancora più confusa. Nello stesso tempo, rischiano di alimentare tensioni e costituire strumenti di cinica propaganda di parte. Anche se la comunità internazionale sembra unanimemente d’accordo sulla necessità di accertare la verità nel più breve tempo possibile, ad oggi nessun passo significativo e risolutivo è stato fatto.
Quelle che seguono sono delle considerazioni strettamente personali che non pretendono assolutamente di dare risposte, ma che vorrebbero solo porre domande.
Già il fatto che, venticinque anni dopo l’attacco con armi chimiche alla città curda di Halabja da parte dell’esercito iracheno, che provocò circa 5.000 morti, il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite non abbia trovato un accordo per accertare la veridicità delle accuse al regime di Bashar al-Assad di aver utilizzato gas nervino nella regione di Ghouta, a Est di Damasco, provocando almeno 1.300-1.400 morti, mi sembra di una gravità inaccettabile. Non soltanto questa irresolutezza favorisce sospetti e accuse che alimentano tensioni e scontri tra i ribelli e il regime, ma rende sempre meno credibile il ruolo cruciale che le Nazioni Unite possono e devono giocare per favorire la soluzione pacifica delle controversie internazionali. Anche a causa dell’opposizione di Russia e Cina, a oggi, non sono state date istruzioni precise agli ispettori e non è stato dato loro mandato pieno. È vero che usare armi chimiche a Damasco con la presenza del team d’ispettori Onu in città fin da domenica 18 sarebbe un’idiozia e un suicidio politico. Ma la prova migliore «d’innocenza» da parte del regime verrebbe dalla decisione, anche se la Siria non ha firmato la Convenzione sulle Armi Chimiche, di aprire tutto il territorio alle ispezioni (al momento gli ispettori hanno accesso soltanto a tre siti). Molti organi di stampa riportano seri dubbi, anche da parte di osservatori autorevoli, sull’attendibilità dell’accusa di aver usato VX e/o sarin (un gas nervino incolore e inodore, se puro) basati sulla discordanza apparente tra i sintomi osservati e quelli «classici» dell’avvelenamento. Mi domando se un passo avanti non potesse essere fatto coinvolgendo anche esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, anche tenendo conto del fatto che tutti i Paesi confinanti con la Siria, con l’esclusione di Israele, sono firmatari della Convenzione sulle Armi Chimiche e potrebbero dare importanti contributi per capire cosa è successo. «Naturalmente» anche i ribelli sono
regolarmente e da tempo accusati di aver usato armi chimiche contro l’esercito, e in questo scenario costellato di morti, civili inermi, donne, bambini, le reciproche accuse vengono scandalosamente e sistematicamente utilizzate per prospettare possibili azioni di forza e/o interventi a favore dell’una o dell’altra parte. L’accertamento della verità è l’unico strumento adeguato per sgombrare il campo da possibili ulteriori eventi devastanti in un Paese già stremato ed evitare allargamenti del conflitto i cui esiti sarebbero catastrofici.
In Siria, come ovunque vi è una guerra, è in corso la cancellazione della moralità e dei valori fondanti di una società civile, l’annullamento di tutto ciò che è umano, anche con il contributo di quanti sostengono e promuovono, per interessi nazionali e/o sopranazionali, governi liberticidi e regimi dittatoriali (che domani saranno considerati nemici da abbattere) o movimenti e gruppi terroristici che poi nessuna guerra potrà eliminare. Dalla tolleranza in funzione antisovietica dell’espansionismo della Germania di Hitler, dai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki come primo atto della guerra fredda, dagli aiuti ai Talebani ai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, dal sostegno all’Iraq ai tempi della guerra decennale con l’Iran, dalle passate complicità con il regime di Gheddafi degli stessi Paesi che attaccarono la Libia rendendo impraticabili le vie negoziali e diplomatiche, per non citare che qualche caso, è un lungo susseguirsi di occasioni nelle quali si è scelto di fomentare, scatenare guerre nelle quali l’annientamento letterale del nemico, degli esseri umani e delle strutture e infrastrutture civili, non è stato un «danno collaterale», ma l’esito inevitabile e spesso anche premeditato di queste azioni.

L’Unità 23.08.13