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“Lavoratori e imprese: chi paga i ricatti del Cav”, di Andrea Bonzi

Chi pagherebbe la crisi di governo? La risposta è semplice e amara: gli italiani, specie i più poveri. Il ricatto dell’italiano più ricco (Berlusconi: o mi salvate o faccio cadere il governo) ricadrebbe sui milioni di italiani che sono in cassa integrazione, su quelli che con l’aumento dell’Iva dovranno tagliare ulteriormente sui generi alimentari, su quelli che fanno veramente fatica a pagare l’Imu sull’unica casa, figlia dei risparmi di una vita. Se il Pdl staccherà veramente la spina al governo Letta le conseguenze sull’economia italiana sono da far tremare i polsi. Un lunghissimo elenco che parte proprio dal cavallo di battaglia del Pdl. Quell’Imu per cui i berlusconiani chiedono l’abolizione totale su tutte le prime case. La crisi invece produrrebbe come prima risultato masochistico e illogico quello di far pagare a tutti gli italiani possessori di una casa la tassa più odiata dagli elettori della destra. Ad oggi infatti la situazione è questa: il 28 o 29 agosto il Consiglio dei ministri varerà il decreto per azzerare la prima rata Imu, (congelata il 17 maggio) e varare la nuova Servica Tax che entrerà in vigore dal 2014 e assorbirebbe anche la seconda rata dell’Imu del 2013. Alla copertura necessaria (2,4 milioni per la prima rata più 2 per la seconda) mancherebbe solo 1,5 miliardi con varie soluzioni allo studio, tutte vicine ad un compromesso più che probabile. Se anche il governo cadesse dopo il varo del decreto, difficilmente la ex maggioranza si accorderebbe sulla conversione con la clausola di salvaguardia prevista a maggio che scatterebbe a novembre: pagamento di entrambe le rate. Le emergenze finanziarie per il governo sono poi molte e riguardano le fasce più deboli della società. In primis c’è il rifinanziamento della cassa integrazione e mobilità in deroga. Già rimpinguata a maggio, è già di nuovo terminata. Le Regioni che la autorizzano hanno già lanciato il grido di dolore e le ultime verifiche quantificano in un miliardo (ma Regioni e sindacati parlano 1,2-1,5 miliardi) le necessità per arrivare a fine anno e garantire a tutti i lavoratori coinvolti (quelli non coperti dalla cassa ordinaria e straordinaria, i settori non industriali e le piccole imprese) un ammortizzatore sociale fondamentale per arrivare a fine mese. Il primo ottobre poi scadrà il congelamento dell’Iva. Per evitare l’aumento dal 21 al 22 per cento dell’imposta sul valore aggiunto il governo ha bisogno di un miliardo e lo avrebbe trovato aumentando la tassazione su sigarette e alcool, mentre sono vengono smentite le voci sulla riduzione di aliquota solo su alcuni beni con la rimodulazione del paniere («sarebbe un provvedimento ulteriormente regressivo che colpirebbe le fascie più deboli», dicono dal ministero dell’Economia). Ma con la crisi anche qui il provvedimento salterebbe con l’aumento che scatterebbe da ottobre, colpendo in primis le fasce più deboli e i consumi, con i conseguenti effetti depressivi sull’economia. Già oggi invece dovrebbe essere varato il decreto e il disegno di legge sul pubblico impiego con il progetto di stabilizzazione per i 150mila precari della Pa. L’idea del governo è quella di prevedere una quota riservata ai precari nei nuovi concorsi che riapriranno le assunzioni. Quote che i sindacati chiedono anche per chi ha lavorato in questi anni con contratti co.co.co e non solo con 36 mesi di tempo determinato negli ultimi cinque anni. Anche in questo caso lo tsunami della crisi butterebbe a mare la stabilizzazione e i precari stessi, per cui a fine anno sono previste le scadenze dei contratti. Altra norma che dovrebbe vedere la luce entro questa settimana è la riduzione della bolletta elettrica per tutti gli italiani. Il cosiddetto decreto Fare-2 messo a punto dal ministro Flavio Zanonato prevede un taglio del 7-8 per cento della bolletta tramite lo sfasamento di 2 anni degli incentivi per le energie rinnovabili (la voce A3 della bolletta) tramite emissione di bond. Anche il sogno di risparmiare sulla bolletta svanirebbe. L’unico decreto già approvato è quello sul pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. Ma salterebbe la prevista accelerazione e le compensazioni fiscali per le piccole imprese che potevano auto abbonarsi le tasse in caso di crediti. ADDIO ALLENTAMENTO VINCOLI UE Sul medio periodo e dunque nei prossimi mesi cadrebbero infine due piani di azioni fondamentali e richiesti a gran voce da tutte le parti sociali (senza distinzione) e dall’intero arco costituzionale. Il primo riguarda il taglio del cuneo fiscale e del costo del lavoro che permetterebbe ai lavoratori dipendenti di avere qualche soldo in più in tasca per far ripartire i consumi interni, da un lato, e alle imprese di essere più competitive in rapporto con la concorrenza estera, dall’altro. L’altro è legato alle trattative europee sui vincoli di bilancio. La fine della procedura per deficit eccessivo spuntata dal governo Letta e la precondizione per chiedere all’Europa un allentamento dei vincoli di bilancio e liberare risorse pubbliche per la lotta alla disoccupazione e un rilancio della spesa pubblica e in servizi. Che potrebbe garantire la soluzione definitiva al dramma degli esodati e alla fine del blocco delle rivalutazioni delle pensioni. Ma l’effetto più nefasto della crisi di governo sulla nostra economia sarebbe sicuramente quello di una nuova escalation dello spread. Tutti i tassi, non solo il differenziale con il Bund tedesco, tornerebbero ad alzarsi annullando i miglioramenti di questi ultimi mesi per le casse dello Stato e facendo schizzare nuovamente il debito pubblico. «Sarebbe una perdita di credibilità incredibile sul piano internazionale», sintetizza il viceministro all’Economia Stefano Fassina. Che poi attacca: «C’è soltanto una cosa peggiore della crisi di governo: il chinare la testa davanti al ricatto di Silvio Berlusconi».

L’Unità 26.08.13