attualità, politica italiana

“Il nodo irrisolto della destra”, di Michele Prospero

Dopo i giorni del ricatto, che spruzzavano venti di tempesta su un esecutivo malconcio che pareva ormai alla deriva, sono arrivati per la destra i momenti del trionfalismo più smisurato. Falchi e colombe fanno tra loro a gara nel cantare vittoria e nel promettere una più agevole navigazione della legislatura ora che è pervenuto l’annuncio fatidico della abolizione dell’Imu. I provvedimenti varati dal governo diventano quindi l’occasione per il Pdl di un repentino (e alquanto propagandistico) cambio di rotta.
Alle minacce di far saltare tutto in aria, in assenza di segnali chiari sulla sorte di Berlusconi, seguono gesti di euforica esultanza, che paiono però degni di miglior causa. Il positivo compromesso, raggiunto a fatica nel consiglio dei ministri di ieri, non autorizza la destra a mettere delle bandierine di propaganda su misure molto attese, che si tramutano maldestramente in un simbolo partigiano da vendere nel marketing politico.

L’Italia continua ad essere una polveriera sociale (circa dieci milioni di persone sperimentano il cupo male di vivere indotto dalla disoccupazione, dalla precarietà, dalla incertezza) e i consumi al dettaglio subiscono un ulteriore e devastante crollo. Dinanzi a questa crisi sociale persistente, che si intreccia con la crisi radicale del sistema politico, il governo deve definire il suo percorso programmatico e impegnarsi a realizzarlo nel tempo che ancora lo separa dal voto.

La funzione essenziale del governo di servizio, imposto dalle circostanze, e non sorretto da un patto politico e programmatico esplicito, è quella di arginare la crisi sociale con delle misure condivise e con degli atti non rinviabili dinanzi alle emergenze esplosive. Per questo suo ruolo con- tingente, il governo è chiamato a delinea- re, in una prospettiva appunto emergenziale, dei provvedimenti immediati, utili nel fronteggiare almeno le situazioni sociali più drammatiche (cassa integrazione, esodati, precari della pubblica amministrazione, fuga talvolta rocambolesca delle fabbriche all’estero).

Oltre a questa preoccupazione che suggerisce di tamponare le emergenze nuove o ereditate, il governo deve predisporre anche delle efficaci politiche selettive (misure per la crescita, per il recupero della competitività delle imprese) che incidano nelle strutture economiche fiaccate dal ventennio della decrescita e quindi intercettino la ripresa, che in altri Paesi europei è già annunciata. Ma la ripresa, la ricostruzione del tessuto produttivo, l’innovazione nelle politiche industriali resteranno delle prospettive del tutto aleatorie senza la ridefinizione di un moderno sistema politico.

E qui il principale scoglio continua ad essere rappresentato dalla sempre scottante questione Berlusconi. Un partito privato si rivela in ogni momento della vita pubblica un ostacolo formidabile alla possibilità di stringere un compromesso programmatico con l’avversario per gestire un tempo circoscritto della vita nazionale.

Al comprensibile spirito di compromesso necessario per la convivenza a tempo tra partiti del tutto diversi, che rimanda- no a classi sociali differenti e quindi richiedono politiche pubbliche eterogenee, si oppone la perversa incursione delle vicende private del leader della destra. Con le sue questioni private, Berlusconi è un ci- clone incontenibile che con le richieste indecenti stravolge ogni lavoro di limatura programmatica indispensabile per tracciare la missione di un governo sorretto da una strana maggioranza.

La rimozione dell’ostacolo Berlusconi è una condizione irrinunciabile per l’uscita dalla crisi e per il superamento dell’emergenza democratica che si prolunga da un ventennio. Se la destra non approfitta del tempo di tregua, coperto da un governo di servizio, per risolvere le sue anomalie storiche divenute ormai anacronistiche, la crisi democratica rimane ancora aperta e una comune distruzione potrebbe coinvolgere tutti gli attori politici.

Tra la stabilità politica, condizione certo indispensabile per placare le emergenze sociali e per avviare la ripresa economica, e il deviante fattore Berlusconi si apre una contraddizione insanabile. Se non si perviene alla risoluzione politica della vicenda Berlusconi (e quindi finalmente al- la costruzione di una destra politica retta secondo canoni non più patrimonialistici), la funzionalità dell’esecutivo rimane incerta, sottoposta a ricatti, condizionamenti, paralizzanti rinvii.

La stabilità, che è una ineliminabile con- dizione per la crescita ed è per questo invocata da tutte le cancellerie europee che ancora temono il possibile contagio italiano, ha un nemico esplicito. Si chiama Berlusconi.

Se le sue esigenze private definiscono l’agenda politica della destra, è evidente che questa intromissione travolgerà le prospettive di un governo che pure avrebbe un ruolo cruciale da giocare. La risoluzione della grave crisi economico-sociale non può essere disgiunta dalla cura del malessere del sistema politico. E per questo il superamento del partito persona- le-privato è una necessità anche per la cura delle emergenze economiche.

L’Unità 29.08.13