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“La ricetta per i Beni Culturali”, di Luca Del Frà

“Un’ottima relazione”: pacato come sempre nel tono di voce, il Ministro per i beni, le attività culturali e il turismo Massimo Bray non ha nascosto la sua soddisfazione ieri mattina durante la presentazione del lavoro della Commissione per la Riforma del dicastero da lui retto. È stata una conferenza stampa particolare, senza che ai giornalisti fosse fornito il testo della relazione ma solo dopo, via mail, un asciutto comunicato, mentre alcuni relatori che facevano parte della Commissione hanno illustrato a modo loro il contenuto delle proposte per rilanciare il Mibact: «Un lavoro di 2 mesi, con 29 audizioni, tra le quali quelle di molte associazioni, dei sindacati e anche del coordinamento dei precari e 8 riunioni ha spiegato il presidente della Commissione D’Alberti -. Abbiamo trovato grandi professionalità all’interno del ministero, ma anche dei limiti nella struttura centrale per la sovrapposizione di competenze e inefficienze».
Giurista e professore universitario considerato molto vicino a Salvatore Settis, D’Alberti è in certo senso il padre della Relazione e ha infatti spiegato come le direzioni generali e regionali possano scendere da 29 a 24, di cui circa una decina delle centrali dotate di maggiori poteri.
Il tutto in obbedienza alla Spending review e dunque al taglio di alcuni cospicui stipendi di direttore generale, ma anche con l’intenzione di rendere più efficiente la macchina ministeriale, e puntando anche sull’innovazione e sul personale e la sua formazione (che lascia perplessi considerando l’alta et à media dei dipendenti), per cui verrebbero create due nuove direzioni generali, cui se ne aggiungerebbe un’altra per il bilancio. «Un’apposita direzione, dovrebbe poi occuparsi della tutela di tutto il patrimonio culturale e paesaggistico, che significa ha continuato D’Alberti anche valorizzazione. Si dovrebbero aggiungere una direzione per Archivi e Biblioteche, una che gestisca gli istituti periferici e i musei, una per lo Spettacolo e una o due per il Turismo. Accanto a queste ci sono le direzioni regionali, attualmente 17 ma che scenderebbero a 14».
Il che comporterebbe sia l’abolizione della direzione alla valorizzazione, voluta dall’allora ministro Bondi per Mario Resca e che tante polemiche ha causato, sia l’accorpamento di cinema e spettacolo dal vivo e infine una nuova sistemazione dei beni culturali e del paesaggio. Buona parte dei suggerimenti contenuti nella relazione potranno diventare operativi grazie a un semplice decreto legge, mentre per la riduzione delle direzioni regionali, che implica un intervento legislativo probabilmente verrà presentato un emendamento alla Legge di stabilità.
Paolo Baratta, presidente di Biennale e membro della commissione ha ricordato come la Relazione si muova in direzione della riforma della pubblica amministrazione «vigente in Italia dal ’93, quindi da vent’anni. Pur imperfetta questa Relazione, segna comunque un passaggio importante». E di questo si è detto convinto anche il ministro Bray, perché: «Tornare a mettere al centro del Mibact la tutela del patrimonio culturale come conoscenza e capacità di promuovere la cultura, non è compito solo del ministero ma del paese, perché è sul patrimonio che si può costruire un futuro differente».
Più delicate la situazione del Segretariato generale, potentissimo ufficio di coordinamento del Mibact, sulla cui sopravvivenza futura la Relazione lascia molti margini di dubbio, così come sulla creazione di una nuova ma non precisata Unità di controllo alle strette dipendenze del ministro.
I tempi sono stretti, il 31 dicembre scadono i termini per l’attuazione della Spending review, e a giorni Bray ha annunciato che presenterà la proposta di riforma in consiglio dei ministri. Non mancheranno scontri e polemiche, come peraltro già avvenuto durante le audizioni: tra gli argomenti caldi, la scorporazione dei musei dalle sovrintendenze in direzione di una maggiore autonomia è un abbandono? da realizzare però con il contratto per i dipendenti bloccato, nonché la maggior forza data alle direzioni generali centrali con il mantenimento delle direzioni regionali che, pur ridotte nel numero, appaiono un «instrumentum regni» irrinunciabile.

L’Unità 06.11.13

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Più autonomia alle biblioteche, digitalizzazione e legami stretti con il turismo Scuole e musei sponsorizzati, la riforma di Bray
di Paolo Conti

Il ministero dei Beni culturali si ripensa e guarda al futuro partendo dal nostro straordinario passato. Dice il ministro Massimo Bray: «Tornare a mettere al centro la tutela del patrimonio culturale come conoscenza e capacità di promuovere la cultura non è compito solo del ministero ma del Paese perché è sul patrimonio, con uno stretto collegamento con lo sviluppo del turismo, che si può costruire un futuro differente. Non vedo altre prospettive per i troppi giovani che progettano di costruire il loro futuro lontano da qui…»
Bray ha esposto ieri mattina il risultato del lavoro della Commissione per la riforma presieduta dal giurista Marco D’Alberti. Due mesi di analisi, una trentina di audizioni. Ed ecco il piano che entusiasma Bray il quale conta «molto presto» di sottoporlo al capo del governo Enrico Letta (per avviarlo non occorre una legge ma solo un decreto del presidente del Consiglio) insieme al decreto Turismo.
Passano da 29 a 24 le direzioni generali del ministero: quelle regionali scenderebbero da 17 a 14. Tre le nuove direzioni centrali proiettate verso l’innovazione. La prima per i sistemi informativi e la digitalizzazione del patrimonio; una seconda per il personale, quindi per la formazione di professionalità adeguate alle scommesse della contemporaneità; una terza per appalti e contratti, anch’essa con visioni innovative: dovrebbe definire l’ambito delle «convenzioni da stipularsi con i privati per una più efficace valorizzazione di istituti e luoghi di cultura». Bray ha escluso il varo di nuovi codici, per esempio, sull’affitto o l’uso di parti di musei o di luoghi culturali (alla base delle lunghe e note polemiche, per esempio, sui ricevimenti a pagamento nei luoghi d’arte organizzati dai privati). Ci sarà un Comitato che affronterà il tema in termini generali: troppo diverse tra loro le realtà locali per un solo strumento operativo.
Poi un’unica struttura centrale per la tutela e valorizzazione del patrimonio e del paesaggio, per snellire il lavoro. Un’altra per archivi e biblioteche. Una sola (ora sono due) per le attività dello spettacolo. Infine una per il turismo, finalmente collegato in modo strutturale e organizzativo all’universo del patrimonio. Infatti le direzioni regionali dei Beni culturali avrebbero compiti di raccordo con gli enti territoriali anche in materia di turismo.
Soprintendenze, musei, archivi e biblioteche avrebbero maggiore autonomia gestionale e organizzativa anche in materia di orari di apertura e di prezzi dei biglietti. Per Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia e membro della commissione, questa autonomia dovrebbe «consentire di svolgere le funzioni di tutela ma anche il ruolo di centri vivi di ricerca e conoscenza capaci, in particolare, di contrattare interventi di privati come supporti e interlocutori, certo non sostituti delle responsabilità pubbliche che non possono essere abdicate». Ribadendo così la centralità della tutela da parte dello Stato.
Tra i grandi progetti (questo sostenuto soprattutto al professor Tomaso Montanari, uno dei membri della commissione) la creazione di una Scuola Nazionale per il Patrimonio, che assicuri nuove leve con elevata formazione specialistica.
Sul rapporto pubblico-privato la commissione suggerisce di chiarire la disciplina degli appalti dei lavori («ora oscura e frammentata»), di dare più spazio a forme di project financing per la ristrutturazione e innovazione di musei, di assicurare maggiore snellezza alle procedure per le sponsorizzazioni. Infine sul turismo, soprattutto in vista dell’Expo 2015, Bray immagina «percorsi di senso e di significato» per chi arriverà in Italia e che non si riducano alla sola Lombardia ma si estendano per tutto il Paese .

Il COrriere della Sera 06.11.13