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"Sos dalla scuola", di Paolo B. Manca e G. Sias

Lo Stato taglia, la scuola lancia l’allarme. A Bologna 120 scuole su 130 hanno problemi, che vanno dalla mancata copertura del tempo pieno (e i genitori si auto-tassano) al sostegno insufficiente per i disabili. «Finiremo col rimpiangere le scuole speciali».Èiniziatoun nuovo anno scolastico ma l’Emilia Romagna non è più la prima della classe. L’effetto domino dei tagli è anche questo: Luca, 5 anni, con ritardo cognitivo e diagnosi di autismo, 30 ore di copertura su 40, e Giovanni, che frequenta le scuole medie e per il terzo anno consecutivo
cambierà insegnante di sostegno. E a Palazzo d’Accursio insegnanti e dirigenti scolastici lanciano l’allarme. Le scuole bolognesi, schiacciate dal peso dei tagli, chiedono soccorso al Comune. Centoventi scuole del territorio su 130 hanno avuto problemi all’apertura dell’anno scolastico. Negli istituti ormai manca tutto: bidelli, insegnanti di sostegno per i disabili, educatori per l’alfabetizzazione degli studenti stranieri, personale di segreteria. È sparito il tempo pieno e in alcune scuole, per non rinunciarci, se lo pagano i genitori. A riferire questo bollettino di guerra, ieri, a Palazzo D’Accursio, Filomena Massaro di Asabo (Associazione scuole autonome Bologna), insieme ad altri dirigenti scolastici. Dirigenti come Gabriele Di Nino, delle elementari De Amicis, che ha raccontato come ha dovuto fare per continuare a dare un servizio di 40 ore agli alunni anzichè 27 come previste dal Ministro Gelmini. «Nella mia scuola – ha spiegato – c’erano famiglie che avevano assolutamente bisogno del tempo pieno. Si sono fatte carico di pagare degli educatori esterni per coprire i pomeriggi senza rientro». Accade già da 2 anni. Per quest’anno sono 40 le famiglie interessate. La spesa si aggira tra i 60 e gli 80 euro ma, fino all’anno scorso, ilComuneversavaun contributo. Quest’anno non si sa ancora se potrà confermarlo. C’è un unico bidello, invece, nella scuola media ‘Falcone e Borsellino’
di Monterenzio, dove Filomena Massaro ha la reggenza. Ovviamente settimanali con imprese di pulizie» e tutto
a spese della scuola. Ma a mancare negli istituti è anche altro. Ieri, i dirigenti hanno denunciato l’assenza di «regole di sicurezza minime». «Succede in molte scuole – ha segnalato Cristina Maria Silvestri, dirigente dell’Istituto Comprensivo 10 – e i dirigenti non hanno più finanziamenti per intervenire». Ha chiesto poi all’amministrazione di predisporre «una programmazione per la messa a norma almeno degli impianti elettrici». Su quest’ultimo punto ha ricevuto rassicurazioni dalla direttrice del settore Scuola, Pompiliam Pepe, che ha anche garantito che al di là delle certificazioni formali (comequella anti-sismica) le scuole bolognesi sono «sostanzialmente in sicurezza ». Certo, se fossero anche in regola con le normative sarebbemeglio, ma ci vorrebbero lavori di adeguamento molto costosi che diversi istituti potrebbero agevolmente pagare, insieme a tante altre spese, se dal Ministero gli arrivassero i cosiddetti “residui attivi”, cioè i soldi che hanno anticipato al governo per spese scolastiche e che non ha ancora restituito. Per ogni scuola vanno dai 150 ai 200.000 euro. Se i dirigenti speravano in contributi aggiuntivi del Comune, invece, possono mettersi il cuore in pace. Ieri, l’assessore alla Scuola Marilena Pillati ha dato piena disponibilità a «rivedere gli interventi dell’amministrazione nelle scuole alla luce delle priorità» scaturite dal nuovo contesto di tagli. Tuttavia ha precisato «il Comune non ha soldi in più per le scuole, deve già affrontare tagli del 20% su tutte le spese». Sandra Soster della Cgil intanto ha annunciato che chiederà un incontro a Vincenzo Aiello dell’Ufficio Scolastico Provinciale.

L’Unità/Emilia Romagna 23.09.11

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Bambini disabili, madre costretta a licenziarsi

È talmente forte che sfonda il telefono. Si chiama angoscia per il futuro. Assomiglia ad un corridoio lungo e buio, di quelli sui quali si affacciano stanze chiuse a chiave. E mentre sei al telefono con i genitori di un bambino disabile te li immagini così. Al buio, rinfrancati solo dalle voci del figlio autistico che arrivano fino all’altro capo del filo. «Finiremo col rimpiangere le scuole speciali». Sottotitolo: è iniziato un nuovo anno scolastico ma l’Emilia Romagna non è più la prima della classe. L ’effetto domino dei tagli è anche questo: Luca, 5 anni, con ritardo cognitivo e diagnosi di autismo, 30 ore di copertura su 40, e Giovanni, che frequenta le scuole medie e per il terzo anno consecutivo cambierà insegnante di sostegno. La preoccupazione che vivono in queste ore le famiglie di bambini disabili in Emilia Romagna è forte. Anche perché, come ci spiega Liana Baroni dell’Associazione Genitori Soggetti Autistici, «quest’anno i Comuni non hanno tamponato come di solito accade». Tagli alle ore di sostegno,ma anche sugli educatori comunali, con le amministrazioni che non sono più in grado di reperire risorse, grazie alle sforbiciate sugli enti locali. Riduzione dei servizi, ma anche tanta inadeguatezza. Perché ad esempio, spiegano diversi genitori, molti insegnanti di sostegno «non sono attrezzati» a far fronte a disabilità complesse, sottoposti ad un turnover selvaggio e vessati, a loro volta, dal machete romano. Tanto che parrebbe innescarsi, in alcuni casi, una guerra tra poveri («i nostri figli sono solo un passaggio per arrivare al posto fisso», «gli insegnanti di sostegno diventano tali per problemi legati alla ricerca di lavoro») anche se in realtà rimane una grande solidarietà di fondo tra persone ugualmente vittime
del salasso italiano. «A preoccuparci non è la riduzione delle oremala qualità dell’insegnamento», spiega Danilo Rasia, padre di una diciannovenne disabile e presidente dell’associazione “Passo Passo” attiva nelle Valli del Reno e del Setta. Una qualità che dipende anche dal sovraffollamento delle classi. E quando in una classe di 28 alunni c’è un bambino disabile, finisce che il più debole, infastidito dalla confusione e dai rumori, debba abbandonare l’aula. Un’integrazione imperfetta che colpisce anche Luca, lo chiameremo così, un bambino di 5 anni, autistico, della provincia di Parma al quale non è stata assegnata la copertura totale. Per lui, solamente 30 ore settimanali su 40, entrata posticipata di trenta minuti e uscita anticipata di due ore. «Ci hanno imposto psicologicamente di tenerlo a casa nelle ore in cui non è presente l’insegnante di sostegno», racconta il padre. «Il bimbo potrebbe farsi male», «E se diventasse pericoloso? ». Risultato? La madre di Luca si è licenziata mentre il padre può contare su orari lavorativi flessibili che gli permettono di mettersi «a completa disposizione degli impegni familiari». Anche se, nel caso di Luca, un aspetto positivo c’è: una stessa insegnante di sostegno lo segue ormai da tre anni. Mentre Giovanni, a Casalecchio, ha ottenuto delle ore di sostegno aggiuntive in corsa, anche se la sua insegnante è cambiata.

L’Unità/Emilia Romagna 23.09.11