scuola | formazione

"Disabili e insegnanti di sostegno. I genitori passano alle denunce", di Gioia Salvatori

Presi in giro, bistrattati, stanchi di lottare per diritti basilari. Si sentono così i genitori degli alunni disabili che hanno denunciato la pubblica amministrazione per l’insufficienza di insegnanti di sostegno all’avvio dell’anno scolastico. La denuncia penale è stata presentata ai tribunali di Roma, Napoli e Milano, i capoluoghi delle tre regioni dove maggiore è la popolazione scolastica e dove, di conseguenza, maggiori sono i disagi. A prendere le vie legali con il dubbio che «siano stati reiterati comportamenti della pubblica amministrazione lesivi del diritto allo studio dei minori diversamente abili »,come si legge in un comunicato, è l’associazione di genitori di alunni disabili “Tutti a scuola”, rappresentata da Antonio Nocchetti. Che scrive: «la tutela della disabilità è sempre più un’illusione che per i diretti interessati si trasforma in delusione, o meglio sarebbe dire in maltrattamento psicologico. Eppure il diritto all’istruzione, all’educazione e all’integrazione scolastica è un diritto soggettivo pieno, non suscettibile di affievolimento, che trova il suo fondamento nella Costituzione Italiana». Amarezza, accompagnata da numeri sconfortanti: le nomine in deroga degli insegnanti di sostegno vanno a rilento (di insegnanti di sostegno ne mancavano, secondo “Tutti a scuola”, addirittura 65mila all’inizio dell’anno scolastico) e il numero di docenti spesso è ancora insufficiente. Chi si occupa delle nomine? Il Miur, gli uffici scolastici regionali e provinciali e i dirigenti scolastici. Questi ultimi richiedono il numero di insegnanti e i vari livelli ministeriali provvedono a raccogliere l’istanza e ad accontentare la scuola in base alle finanze a disposizione e alle leggi in vigore. Da qui una denuncia contro la pubblica amministrazione, sarà poi la magistratura, qualora rilevi responsabilità, a scrivere eventuali indagati nel fascicolo. A proposito di giurisprudenza, i genitori dei ragazzi ricordano la sentenza della corte costituzionale del 2010 che «riconosce il diritto dell’alunno diversamente abile al sostegno scolastico, senza possibilità di compressione per esigenze di bilancio » eppure tanti alunni disabili, magari con tanto di ricorso al Tar vin to, non hanno il sostegno a tempo pieno. Nel frattempo, in attesa dei docenti nominati in deroga, accade che le scuole si auto-organizzino e che, in solidarietà, il genitore di un alunno down rinunci a4delle 18ore di sostegno settimanali per “prestare” l’insegnante a un disabile più grave. Succede alla media Guarino di Napoli. Lì i docenti hanno stabilito di ritardare l’orario definitivo: fin quando non ci saranno tutti i docenti di sostegno (3 su 13, il numero concordato col ministero, devono ancora essere nominati e la scuola ne aveva richiesti 19) si va con l’orario provvisorio di 20 ore settimanali. In Calabria, denuncia la Flc Cgil, nonostante70 nomine in deroga, il rapporto disabili-docenti di sostegno è di uno a tre (esclusi 2611 casi gravissimi con supporto uno a uno); in barba non solo alla sentenza della corte costituzionale, ma anche a una legge del 2007 che fissa il rapporto in un docente ogni due inabili. In Calabria ci sono anche casi di ciechi senza sostegno, fa sapere il sindacato mentre sporge denunce. Problemi che non riguardano solo le regioni del sud o quelle con maggiore popolazione scolastica. In Friuli l’ufficio regionale ha disposto che le scuole possono dimezzare, per patologie meno gravi, il rapporto insegnanti- alunni disabili, fissandolo a un insegnante di sostegno ogni quattro ragazzi con handicap. La Flc Cgil Friuli denuncia una riduzione di ore di sostegno anche per i ragazzi autistici sottolineando che, sono stati nominati in deroga 98 insegnanti di sostegno, la metà di quelli che servirebbero in base a un monitoraggio artigianale dei disabili fatto dal sindacato. Idem in provincia di Arezzo dove l’ufficio scolastico provinciale aveva chiesto 106 docenti di sostegno in più e ne sono invece arrivati 27. Pietro Barbieri, presidente di Fish (federazione italiana sostegno handicap) però, ridimensiona l’allarme e rileva uno squilibrio storico nella nomina dei docenti di sostegno, mai apparato: troppi in alcune zone del centro sud, pochi in aree come la Lombardia. Sottolinea come la maggioranza di governo abbia le idee poco chiare su disabilità: «Il centrodestra ha spinto molto affinché anche i dislessici venissero riconosciuti come disabili, ora, di fatto, il governo li ritrova nel conto delle persone da assistere con insegnanti di sostegno, innominabili per via dei tagli».

L’Unità 28.09.11

******

«Gelmini, lei taglia e mio figlio non può più andare a scuola», di Sonia Renzini

La lettera di una madre al ministro. Il bimbo soffre di gravi crisi respiratorie e non può stare in classi «pollaio». Ma quest’anno mancano i maestri e così nella stessa stanza ci sono 24 alunni. Due domande per il ministro Gelmini. La prima: «Da madre vorrei chiedere se quandoha introdotto la riforma si è domandata che fine facevano i bambini come mio figlio?». La seconda: «Come si sentirebbe se al mio posto ci fosse lei?». Due risposte attese da mesi e ora messe nero su bianco in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano online Elbareport da una mamma di Capoliveri, paesino dell’Isola d’Elba che con la fine dell’estate non supera le 3800 anime. A porle è Cinzia, una mamma che da anni durante le vacanze si fa in quattro per avere notizie sull’anno scolastico in arrivo, sapere se le ore messe a disposizione per suo figlio saranno confermate, se le insegnanti ci saranno ancora e il diritto allo studio di suo figlio sarà garantito. Perché Cristian è un bambino di 9 anni che ama andare a scuola, fare i compiti, giocare a calcio e scherzare con i compagni. Solo che per farlo ha bisogno di alcune attenzioni, non grandi cose in verità, per esempio di non essere stipato in classi pollaio che potrebbero danneggiare la sua salute: è affetto dalla nascita da laringo broncospasmo cronico, un’allergia che gli provoca forti attacchi respiratori. «Quando ha un attacco va in apnea – dice Cinzia – una maestra rimane in classe e l’altra lo porta fuori per fargli respirare aria fresca, poi arrivo io e gli somministro i farmaci. Ma mi ha fatto promettere di non portarlo via da scuola, solo di rimanere con lui fino a quando non è passato l’attacco ». Attenzione, quinon si tratta di handicap o della necessità di avere una maestra di sostegno, no Cristian ha solo bisogno di spazi areati e non sovraffollati, di lavorare in gruppi di una decina di bambini, anziché in 24 persone. E questo non è possibile, la scuola per lui è diventata un optional da sacrificare sull’altare della riforma Gelmini, falcidiata dai tagli indiscriminati agli organici e al tempo didattico. «C’è anche un solo bidello per un edificio a due piani – racconta – è una situazione difficile,mamio figlio ci va tanto volentieri ». Invece non ci va e anziché frequentare la quarta elementare, come dovrebbe, se ne sta a casa a recuperare nel pomeriggio le lezioni tenute la mattina e ad aspettare che una telefonata possa di nuovo fargli vivere la sua vita insieme ai suo compagni. Come ha fatto fino a un po’ di tempo fa. «Per i primi due anni ha avuto due insegnanti di ruolo e un’altra di compresenza che permettevano di garantire il lavoro a gruppi – continua Cinzia – La dirigente della scuola, Lorella di Biagio, e la sua vice hannosempre lavorato moltissimo e quello cheho ottenuto è stato grazie a loro». Fino a quando hanno potuto, già dallo scorso anno la scuola non ha più potuto disporre della maestra di compresenza e solo grazie agli sforzi della madre sono state concesse cinque ore che hanno permesso di far lavorare gli alunni a gruppi per tre volte la settimana. Una toppa, certo, ma da quest’anno è saltata anche questa, insieme a una maestra di ruolo che ha perso il posto per effetto dei tagli. «Questi sono tagli alla continuità didattica e umana», precisa. La madre non si è data per vinta e dopo avere cercato di contattare invano il direttore regionale si è rivolta direttamente al ministero per riavere le ore e la reintegrazione dell’insegnante. Qui un funzionario ha preso a cuore la situazione e si è attivato presso la direzione scolastica regionale, poi tutto si è arenato di nuovo. «Il 22 settembre l’ufficio scolastico regionale mi ha comunicato che per il reintegro dell’insegnante nonc’è niente da fare – conclude Cinzia – in compenso si impegnano per un progetto individuale su mio figlio». Nel frattempo, Cristian rimane a casa.

L’Unità 28.09.11