Se l’anno prossimo il ministero taglierà circa 700 milioni di euro alle università non ci sarà bisogno, come si ostina a dire il ministro, di eliminare gli sprechi; con un’operazione sola se ne andrà praticamente tutto; sprechi compresi naturalmente. A quel punto, morta e sepolta l’università pubblica, sarà un risparmio generalizzato ed il settore, nolente o piacente, sarà costretto a privatizzarsi. Ma chi rileverà una situazione tanto onerosa?
Al ministro Gelmini bisogna riconoscere il pregio, rispetto ai suoi colleghi di governo, di parlare poco. Quando lo fa, come in Parlamento, ove ogni tanto qualche cosa bisogna dire, appare tirata, impacciata, quasi si trovasse a disagio. Nelle occasioni in cui parla, tuttavia, batte sempre sul solito motivo: tagliare gli sprechi. E’ coerente, però. Al presidente della repubblica, che ha chiesto di non procedere ad una riduzione indiscriminata delle risorse, ha ripetuto l’amato ritornello.
La questione continua ad essere altra. Sicuramente, come in ogni dove italiano, anche nelle università ci sono sprechi ed un malo utilizzo delle risorse; sicuramente, occorre rivedere il meccanismo dei corsi poiché il tre più due ha portato solo ad un abbassamento del livello di istruzione universitaria; sicuramente, è stato bene rivedere le norme per i concorsi e qui il ministro poteva essere anche più incisiva adottando il sorteggio semplificato; sicuramente, è giusto intervenire su corsi che non hanno ragione di essere; chi non fosse d’accordo sarebbe fuori del reale, ma tutto ciò che c’entra con i tagli indiscriminati? Sinceramente non se ne capisce il nesso. E poi cosa si intende per sprechi? Oramai siamo al punto che, in taluni atenei, manca la carta nei bagni e si organizzano gli orari dei corsi su quanto essi comportano di luce e di riscaldamento. In molti casi, prima degli sprechi, viene l’essenziale. Si tratta, quindi, di sapere con precisione cosa si debba intendere per sprechi visto che è giusto eliminarli quanto conoscerli in dettaglio.
Vorremmo dare al ministro un suggerimento pratico: intraprendere di persona un viaggio nei vari atenei italiani organizzando delle vere e proprie visite di lavoro, incontrando chi crede, domandando, vedendo e pure indagando. Crediamo si tratterebbe di un gesto molto apprezzato nonchè un modo nuovo di esercitare la funzione ministeriale. Recentemente, un’associazione che raccoglie alcuni atenei italiani ha proposto di sostituire i tagli indiscriminati con la stipula di patti di stabilità individuale tramite i quali ogni ateneo concorda con il ministero un piano di risanamento e miglioramento dei conti. Finalmente una proposta sensata.
ItaliaOggi, 3 marzo 2009