partito democratico

«Quanto vale quel “però”», di Ilvo Diamanti

Un anno dopo le elezioni politiche è difficile parlare ancora di bipartitismo o di bipersonalismo. Visto che il PD ha rischiato di sfaldarsi, un paio di mesi fa.
Stressato dalle sconfitte elettorali (ultima la Sardegna) e dai sondaggi sfavorevoli, che lo stimavano al 22%. Mentre Berlusconi ha affondato l´ultimo di una lunga serie di avversari. Walter Veltroni. Peraltro, il congresso fondativo del PdL ne ha ulteriormente accelerato la crescita elettorale. Ma soprattutto ha celebrato l´ennesima, ulteriore e mai definitiva investitura dell´unico, vero, Numero Uno. Altro che SpecialOne. Altro che Mourinho. BerluscOne. Tre giorni dedicati al Partito del Presidente. E al presidente del partito. Unica voce dissonante: Gianfranco Fini. Che, però, oggi nel PdL conta poco. Gli stessi dirigenti di AN (a differenza degli elettori), in larga misura, non rispondono più a lui.
Però. Qualche dubbio viene (a me personalmente, almeno). Dopo un´investitura personale tanto fastosa. Come sempre perfetta, sotto ogni punto di vista. Scenografia, script, luci, musica e colori. Comprimari e comparse. Un kolossal musicale hollywoodiano. Tutto questo è “troppo”. BerluscOne. Troppo solo, troppo grande, troppo vincente, troppo amato, troppo celebrato. Troppo. Senza limiti e senza nessuno che glieli ponga. Salvo le “puntuali puntualizzazioni” di Fini. E i rimbrotti di Bossi. Che guarda BerluscOne di traverso. Un amico necessario. Ma così distante dal suo stile “popolano”.
Questo leader unico di un partito che ambisce a sfondare la soglia del 40% e, insieme agli alleati, quella del 50%. Per diventare, così, il Presidente. Di fatto. Senza bisogno di riforme. L´immagine di BerluscOne: ci sembra “troppo”. Fastosa, rutilante, eccedente. Evoca un´Italia ipercinetica, disordinata, bulimica, vecchia e, insieme, un po´ egoista. Un popolo di individui che hanno conquistato il benessere e premono per riuscire, affermarsi. Apparire. Questa Italia, che si specchia nell´immagine e nella narrazione di BerluscOne, all´improvviso ci pare meno credibile. Fuori tempo. Resa inattuale dalla crisi pesante che incombe, anzi: è crollata su di noi e fa già vittime un po´ dovunque.
Magari ci sbagliamo. In fondo ha sempre ragione lui. E poi, annunciare il declino di Berlusconi: figuriamoci. Soprattutto oggi che Berlusconi è al top. Mentre il PD è al bottom. Il suo segretario, Dario Franceschini. Una brava persona. Difficile, il confronto con Silvio Berlusconi. Il predestinato. Il vincitore nato. Esuberante e arrogante. Non si ferma neppure di fronte a Obama(aaaaa!!!). Né alla Merkel. Ai vertici internazionali si comporta come fosse a casa propria.
E però. Franceschini, il “modesto” leader provvisorio del PD, per grado di consensi è lì. Alla pari con BerluscOne. Entrambi riscuotono la fiducia di circa il 45% degli italiani. (La componente di quanti valutano la fiducia nei loro riguardi con un voto uguale o superiore a 6, in una scala da 1 a 10. I materiali a cui fa riferimento questa mappa sono consultabili su http://www.demos.it).
D´altronde, nei sondaggi di Demos, solo nel maggio 2008, un mese dopo il “trionfo” elettorale, Berlusconi scavalcò di netto questo livello, superando il 60%. Ieri come oggi, invece, il più amato dagli italiani è Gianfranco Fini, come sempre, in passato. Anche perché era e resta un outsider. Invece Franceschini è il leader di quello che – per quanto indebolito – resta il maggiore partito di opposizione. Naturalmente la fiducia personale non si traduce, automaticamente, in voti, come ha potuto constatare Veltroni. Però. Nell´ultimo mese, il Pd – nelle stime elettorali – ha ripreso a risalire con continuità. Anche nell´ultima settimana. Oggi è attestato intorno al 27%. Dunque, 6 punti meno di un anno fa, ma 4-5 più di febbraio. D´altronde, il 75% degli elettori del Pd ha fiducia in Franceschini e il 33% lo vorrebbe come segretario. Ma Franceschini riscuote dal 59% degli elettori dell´IdV, da oltre metà di quelli di RC-SL e dell´UdC. Quindi: dal centro a sinistra. Anche il 60% degli “esuli” del PD (quelli che, dopo averlo votato un anno fa, se ne sono allontanati) oggi esprime fiducia nei suoi riguardi. E il 20% di essi lo voterebbe come segretario di partito. Gli elettori del PD continuano ad essere frustrati e disincantati. E però: guardano Franceschini con rispetto. Anche se è modesto. O forse proprio per questo. Perché la modestia e la sobrietà, in questi tempi, è una virtù. E un´immagine sobria e modesta può riuscire credibile di fronte a un paese preoccupato e impoverito. E poi Franceschini non si maschera da Berlusconi né da antiberlusconi. Dice poche cose, ma “di sinistra”. In modo chiaro e comprensibile. E, per questo, funziona anche in tivù (come aveva previsto Berlusconi). Inoltre, ha la possibilità di esprimersi senza altri leader intorno pronti a contraddirlo e a dargli sulla voce (non capitava da anni). Intenti a tramare per sostituirlo (in fondo è un leader transitorio). Non sarà molto. Ma a molti elettori del PD – illusi, delusi, esuli, disperati – sembra già abbastanza. Non c´erano più abituati. Così guardano Franceschini senza illusioni e con prudenza. E però.
Certo, per andare oltre ci vuole altro. Un partito organizzato. Non solo in centro, anche in periferia (dove le guerre e le guerricciole si moltiplicano). E poi, qualche idea chiara. Una fase congressuale vera, con primarie vere e candidati veri. In mezzo, un buon risultato alle europee. E però. Il BerluscOne non può permettersi battute d´arresto. Dopo gli annunci al congresso: il PdL a giugno dovrà stravincere. A Franceschini, più modestamente, per vincere basterà non perdere troppo.
da Repubblica