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Allarme di Napolitano “La crisi non è finita”, di Antonella Rampino

«La crisi non è finita, ed è destinata a creare serie conseguenze nei prossimi mesi sul mercato del lavoro». Non è stato un monito a tenere bassi i toni della polemica politica quello di Giorgio Napolitano a Cernobbio, ma un tele-discorso davanti a una platea di decisori internazionali che conteneva, questo sì, un monito alle politiche del governo, in materia sensibili quali sono il rapporto con l’Europa e l’immigrazione.
Forse c’è una luce in fondo al tunnel della crisi, come vanno sostenendo le istituzioni finanziarie a partire dal Fondo Monetario Internazionale. Ma, prima, bisognerà affrontare mesi drammatici sul fronte dell’occupazione, come vanno sostenendo gli indicatori economici che riguardano l’Italia, e le parti sociali. Così, dopo aver scelto di rivolgere il proprio appello alla moderazione nel duello politico direttamente nell’incontro a quattr’occhi con Silvio Berlusconi, il capo dello Stato decide di dedicare al forum di «decision maker» dello Studio Ambrosetti un messaggio d’allarme sulla crisi dell’economia reale. Un messaggio in diretta che ha avuto un conduttore d’eccezione, Mario Monti, e come interlocutori il primo ministro francese François Fillon e l’ex premier spagnolo Felipe González.
«La crisi non è finita ed è destinata a provocare serie conseguenze sul mercato del lavoro nei prossimi mesi». La ripresa sarà fragile, e per affrontare la situazione è centrale che «in vista del nuovo G20 di Pittsburgh l’Ue si impegni sui temi di un nuovo quadro di regole per il settore finanziario, temi su cui si è specificatamente impegnata l’Italia nel G8 dell’Aquila, nella comune convinzione che si debba bloccare il rischio di un ritorno a pratiche e comportamenti che hanno comportato una così grave crisi finanziaria, come quella ancora non superata».
Napolitano con toni profondamente sentiti ha poi illustrato i limiti politici e istituzionali dell’Europa che «hanno impedito di andare al di là della concertazione e della condivisione di indirizzi paese per paese». Quali maggiori risultati e vantaggi – ha affermato il capo dello Stato – si sarebbero potuti conseguire definendo progetti e azioni comuni, mettendo in opera strumenti comuni. Questa è una verifica alla quale mi pare difficile sfuggire».
L’Europa sembra aver abbandonato il sogno della strategia di Lisbona, ha poi detto Felipe González, e anzi sembra essersi ancor più rinserrata nella dinamica intergovernativa. Un’Europa chiusa nel recinto delle nazioni, come poi nella tavola rotonda a porte chiuse ha detto anche Massimo D’Alema in un intervento insolitamente tutto economico, molto in sintonia ovviamente con le posizioni espresse da Napolitano, ma nel quale l’ex presidente del Consiglio ha ammonito che nei prossimi mesi «sarà messo a dura prova il Welfare europeo», e che «non è più tempo per l’Europa di cavarsela con la sua affascinante retorica, nei 15 anni a venire solo la Germania starà tra i primi 7 paesi del mondo». Bisogna reagire, aveva insistito Napolitano, bisogna «superare la soglia di chiusura nazionale e le spinte centrifughe».
La proposta di Napolitano era stata anche che l’Europa parli con una voce sola anche nell’Fmi, proposta che Giuliano Amato aveva avanzato già sei anni orsono. Serve un’Unione europea con istituzioni più solide, e poi il presidente della Repubblica ha anche sostenuto la posizione del presidente della Commissione europea Barroso, che aveva parlato di «istituzioni di eccellenza», difendendo Bruxelles dagli attacchi del governo italiano. Quanto all’immigrazione, con tutti i limiti che tuttora incontra l’impegno comune europeo sull’immigrazione «la garanzia dell’inalienabile diritto di asilo di chi sia costretto a ricorrervi. Si tratta di esprimere più volontà politica, più disponibilità alla ricerca paziente di validi punti di incontro». Stamattina a Cernobbio si vedrà come la pensa il ministro leghista Maroni.
La Stampa 06.09.09