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“Lo scandalo in parlamento”, di Giuseppe D’Avanzo

È giunto il tempo che Silvio Berlusconi vada in Parlamento ad affrontare uno scandalo che, sempre di più e ancor più limpidamente, rivela il disordine della sua vita privata.

Che sarebbe anche affar suo, certo (lo si dice per i “neutralisti”), se non fosse contraddittorio con l’ordine che voleva imporre per legge alla nostra vita e incompatibile con la rappresentazione che ha dato di se stesso agli elettori. Questo è già un problema di difficile soluzione per Berlusconi, ma non appare più il cuore dello scandalo. La gravità del caso politico – da affrontare con urgenza alla Camera e al Senato, nel luogo “politico” per eccellenza, – si annuncia nella sventatezza con cui il capo del governo assolve alle sue responsabilità pubbliche e si radica nella sua vulnerabilità. Un controllo delle date delle “feste” a Palazzo con gli impegni pubblici del presidente del Consiglio svela come, a volte, il premier viene meno ai suoi doveri istituzionali per non rinunciare ai suoi piaceri privati. La serietà della questione è soprattutto, però, nella vulnerabilità che oggi circonda la sua persona e il suo ufficio. Il via vai di prostitute a Palazzo Grazioli, le cene, le feste, il sesso, le orge, insomma le abitudini di vita e il veleno della satiriasi espongono con tutta evidenza Silvio Berlusconi a pressioni e tensioni che nessuno è in grado oggi di immaginare. Nemmeno il presidente del Consiglio. Nemmeno l’occhiuta “squadra” dei suoi collaboratori più stretti che finora ha pensato di uscire dall’angolo in cui il premier si era cacciato da solo con le intimidazioni all’informazione, le pressioni sui possibili testimoni, i trucchi di sottomesse burocrazie della sicurezza.

Che l’Egocrate si fosse cacciato in un guaio che, con il tempo, sarebbe diventato catastrofico, è stato chiaro quando Patrizia D’Addario ha mostrato le fotografie e le registrazioni raccolte nella notte trascorsa con il premier. Ora Gianpaolo Tarantini completa il disegno e quel che si vede è esattamente quel si intuisce e si racconta da mesi. Un giovanotto ambiziosissimo, uomo d’affari temerario e cinico grimpeur sociale, fa leva sulle ossessioni personali di Berlusconi (ritorniamo a chiederlo, dopo la denuncia pubblica della moglie: quali sono le sue condizioni di salute?) per avvicinarlo, blandirlo, conquistarne l’attenzione e l’amicizia. Tarantini ingaggia prostitute per il premier. Le accompagna nel suo Palazzo. Le rimborsa con moderazione e le paga, generoso, se fanno sesso con Berlusconi che finge di non sapere, non vedere, non capire. In qualche occasione, Tarantini offre alle “ragazze” (e lo ammette) della cocaina per ricompensarle. In cambio, il giovanotto, diventato prosseneta, chiede al capo del governo buoni contatti e autorevole influenza per chiudere affari con lo Stato. Il capo del governo glieli offre.

Sesso, prostituzione, affari, droga. In questo ambiente è precipitato Silvio Berlusconi, per un’intima fragilità irrisolta e denunciata per tempo da Veronica Lario. Da questo ambiente possono saltar fuori molti intrighi e troppi ricatti che il capo del governo è ormai palesemente incapace di prevedere e controllare, come ha fatto sempre in passato immaginando per se stesso un’impunità eterna. Se ieri il tentativo di liquidare quest’affare come «spazzatura» e violazione della privacy era malinconico, oggi è irresponsabile. La vita disordinata che ha condotto – e che, secondo alcune fonti, ancora conduce in palazzi più appartati – rende Silvio Berlusconi pericolosamente esposto a coercizioni e vulnerabile alle pressioni. Questa sua debolezza non è un “affare di famiglia” (ammesso che lo sia mai stato), ma interpella la credibilità delle istituzioni e minaccia la sicurezza nazionale. Quante sono le ragazze che possono umiliare pubblicamente o addirittura compromettere il capo del governo? Le amiche di Tarantini, se il giovanotto ha detto il vero, sono più o meno trenta. Come Patrizia D’Addario, qualcuna tra loro ha conservato imbarazzanti documenti sonori o visivi di Berlusconi? Dove finiscono o dove possono finire le informazioni – e magari le registrazioni e le immagini – in loro possesso? Senza voler considerare, poi, che Gianpaolo Tarantini è stato soltanto uno – uno solo – dei ruffiani del presidente, l’ultimo arrivato, il più arruffone a quanto pare.

Il lento ma inesorabile disvelamento della vita disordinata di un premier attossicato dalla sexual addiction deve pure trovare un punto di arrivo con un chiarimento pubblico se non si vuole trascinare nel baratro – con la reputazione di Berlusconi – anche la credibilità delle istituzioni. I costi pagati dal rifiuto del capo di governo a illuminare ciò che ancora oggi è oscuro non possono essere illimitati. Per evitare di chiarire i suoi rapporti con una minorenne, è salito su un ottovolante di dinieghi, abusi, aggressività, conflitti brutali che non gli ha portato e non gli può portare fortuna. La festa di Casoria; le rivelazioni degli incontri con Noemi allora minorenne lo hanno costretto a mentire in televisione. Quella menzogna non l’ha avuta vinta e sono saltati fuori i portfolio che vengono consegnati a Berlusconi per scegliere i «volti angelici»; la cerchia dei ruffiani che gli riempie il Palazzo e la Villa di donne a pagamento; migliaia di foto che lo ritraggono, solo, circondato da decine di ragazze di volta in volta diverse; i ricordi imbarazzati e imbarazzanti di capi di Stato che gli hanno fatto visita; la confessione di una prostituta pagata per una cena e per una notte di sesso con in più la promessa di una candidatura alle Europee e poi in consiglio comunale; intercettazioni telefoniche (un centinaio) con cui gli vengono annunciate “brune” e “bionde”, indimenticabili che giustificano la diserzione del premier da un appuntamento ufficiale. Fino a quando potrà durare il silenzio dell’Egocrate? Che cosa lo costringe a mentire o gli impone di tacere? Non sono una via di uscita – ieri ce n’è stato un altro – gli ininterrotti flussi verbali, uguali nelle parole, nei gesti, nelle pause, nell’inutilità di guadagnare il rispetto che ha perduto. Che cosa deve ancora accadere perché Berlusconi trovi la forza, il coraggio, l’assennatezza di offrire al Paese quella verità su se stesso che ancora oggi rifiuta? La crisi personale di una leadership può diventare, per ostinazione di un narciso smarrito, discredito di una nazione? Il dramma di un uomo e di una leadership può diventare la tragedia di un Paese? Vada in Parlamento, finalmente, e si racconti, ci racconti. Non può cavarsela consigliando, al solito, di non leggere i giornali. L’informazione non ha altra possibilità che continuare a raccontarlo. La questione è se Berlusconi può raccontare se stesso. In pubblico e senza complicità.

La Repubblica, 10 settembre 2009