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“Quell´amnistia è una mostruosità giuridica”, di Eugenio Occorsio

ROMA – «Ognuno rimane nei limiti dei suoi ruoli, noi siamo consapevoli della funzione del Parlamento. Ma abbiamo il dovere di segnalare le ricadute delle norme sul sistema giudiziario». Luca Palamara, presidente dell´Associazione nazionale magistrati, respinge al mittente le accuse di interferenza che gli ha rivolto il ministro Antonino Alfano appena l´Anm ha fatto notare che razza di mostruosità giuridica è diventato il decreto “scudo+impunità”. Palamara chiarisce, se ce ne fosse bisogno, che i giudici non hanno intenzione di invadere il campo del legislatore, ma non arretra di un millimetro e ribatte punto per punto le sue posizioni.

Cos´è che non vi piace di questo provvedimento?
«Un condono è una scelta della politica, probabilmente discutibile ma delimitato. Ma estendere lo scudo a fattispecie gravi e penalmente rilevanti come la frode fiscale o il falso in bilancio significa rendere di fatto non più punibili reati che sono realmente offensivi verso la comunità perché lesivi di norme importanti. Significa equiparare chi ha commesso un atto illecito pesante a chi si è comportato correttamente. Questo noi, quali operatori sul campo che quotidianamente si misurano con questi problemi, non possiamo non farlo rilevare. Così come abbiamo parlato sull´immigrazione o sulle intercettazioni. In qualsiasi democrazia chi professionalmente gestisce una materia viene chiamato a partecipare almeno dialetticamente alla formazione di riforme che interessano questa materia. E non viene messo a tacere».

Però il governo dice che i procedimenti penali in corso non vengono toccati.
«Ma un domani potranno avvalersi del beneficio tutti coloro che hanno riportato in Italia i capitali. Se gli si prospetterà la possibilità di finire sotto processo potranno esibire le fatture false e il condono e dire: vedete? Ho sanato la situazione. La verità è che già con le riforme del 2001 il falso in bilancio è stato fortemente depotenziato e i termini della prescrizione accorciati fino al punto di non lasciarci il tempo per indagini complesse e laboriose. Tanti processi importanti hanno perso efficacia. Io potrei parlarle di quello sul doping finanziario nel calcio. Non c´era bisogno di quest´ulteriore aiuto ai truffatori e ai falsificatori di bilanci».

Il senatore Finocchiaro ha usato toni durissimi, affermando che è stato inutile il sacrificio dell´avvocato Ambrosoli…
«Le polemiche politiche vanno per la loro strada, noi per la nostra. Distinti e separati. Noi non abbiamo nessun pregiudizio verso questo né qualsiasi altro governo. Ma dobbiamo evidenziare le conseguenze pratiche delle leggi quando queste intervengono in questioni delicate come le frodi economiche».

La Repubblica, 25 settembre 2009

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Segnaliamo sullo stesso argomento questi articoli

“Scudo fiscale: allo Stato le briciole “, di Romano Nobile

La nuova stagione di rigore, trasparenza ed eticità auspicata da molti governi per il mondo dell’economia e della finanza in controtendenza al regime di opacità trasgressiva corresponsabile della crisi, appare – almeno per quanto riguarda la situazione italiana – ancora lontana anni luce. Il nuovo «scudo fiscale», anche grazie ad alcuni emendamenti apportati in commissione Senato, può definirsi come un’operazione che premia le peggiori frodi tributarie perpetrate nel corso degli ultimi anni, senza entrare in sintonia con la volontà ultimamente mostrata dalla comunità internazionale [vedasi la conferenza di Città del Messico organizzata dall’Ocse] di scoraggiare quei meccanismi di opacità e di speculazione elusivi impiegati nell’arcipelago offshore [«paradisi fiscali»].
In base al provvedimento di condono, definito dal Wall Street Jornal come una gigantesca amnistia operata a favore dei grossi evasori esportatori di capitali, si prevede, secondo alcune stime effettuate da importanti studi finanziari, che possano rientrare in patria o comunque essere «regolarizzati» circa 100 miliardi di euro trasferiti nei paradisi. Il fiume di capitali comprenderà denaro contante, titoli, quote societarie, attività di fondazioni, trust o società immobiliari, ma, in gran misura, riguarderà fondi neri, profitti sottratti al fisco italiano attraverso la falsificazione dei bilanci.
Gli ultimi emendamenti prevedono, per chi aderisce, un colpo di spugna sul falso in bilancio, su una vasta gamma di reati fiscali e tutela garantita dalle norme antiriciclaggio. Inoltre gli atti, i documenti e le attestazioni delle pratiche relative rimpatrio di capitali non potranno essere usati come prova nei confronti di chi ha un procedimento penale in corso Insomma, per chi ha costituito fondi neri all’estero c’è sicuramente l’opportunità di farla franca. Non solo, ma viene precluso nei confronti del dichiarante ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi d’imposta per i quali non è ancora decorso il termine per l’azione di accertamento. In pratica, visto che la prescrizione per gli accertamenti tributari è di cinque anni, lo scudo garantirà una protezione da indagini fiscali dal 2004 al 2008.
Una sanatoria «clandestina». Ma la vera perla di questo condono è costituita dall’anonimato totale, una misura già adottata ed apprezzata negli scudi precedenti. Per accedere alla sanatoria i soggetti interessati dovranno presentare una «dichiarazione riservata» agli intermediari [banche, reti di vendita, family office e altri], che porteranno a termine l’operazione di rientro o di regolarizzazione senza che il cliente possa venire allo scoperto. Da notare che il beneficio dell’anonimato non è affatto previsto negli analoghi «scudi fiscali» adottati in altri paesi europei come l’Inghilterra o la Francia. E in tali paesi le condizioni per l’evasore sono molto più dure. Mentre in Italia il condonato dovrà pagare un’aliquota del 5 per cento, l’Inghilterra impone il 10 per cento. Peraltro in Germania il rientro dei capitali dall’estero evita soltanto un procedimento sanzionatorio di evasione ma non produce, diversamente dal provvedimento italiano, alcuno sconto sulle aliquote che dovrebbero essere applicate sui redditi evasi.
L’entità del regalo. Tenendo conto del fatturato dello scudo, che, come si è detto, potrebbe ammontare a circa 100 miliardi, l’Ares è in grado di stimare il valore presunto del regalo, in termini di imposte risparmiate, che la sanatoria produrrà a favore dei protagonisti della corsa al rientro dei capitali. Se si calcola nell’80 per cento del totale [e cioè in circa 80 miliardi] la parte di capitali da considerare come proventi imponibili evasi, l’importo delle imposte risparmiate nell’arco dei cinque anni protetti dallo scudo ammonterebbe a quasi 160 miliardi [32 miliardi per ogni anno]. E ciò in cambio di quel 5 per cento, pari a 5 miliardi che potrebbero entrare nelle casse del fisco contribuendo [a mo’ di alibi] alla ricostruzione delle case terremotate de L’Aquila.
Una stima dello Studio Bernoni di Milano indica in quali regioni italiane e in quale misura rientreranno i capitali. E’ in testa la Lombardia con il 62 per cento, seguita da Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta con l’11,3, mentre Sud e isole restano significativamente al 3,7 per cento. I vantaggi fiscali dello scudo si concentreranno dunque sul Nord, accentuando ulteriormente il divario economico tra settentrione e meridione.
Una manna per le banche. Ma del rientro dei capitali si avvantaggeranno le stesse banche e, guarda caso, le stesse finanziarie o reti di vendita che ne avevano curato e favorito l’esportazione. Oltre l’80 per cento dei capitali in rientro sarà intercettato dalle strutture di private banking nonché dalle fiduciarie presenti in quasi tutti i gruppi bancari, e soprattutto operanti all’estero, nelle varie strutture offshore. Un gigantesco conflitto di interessi dunque che non si sa bene come possa coniugarsi con la tanto pubblicizzata nuova politica di rigore e contrasto adottata da diversi paesi nei confronti dei paradisi fiscali.

Carta, 25 settembre 2009

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Fitoussi: ‘Un condono-boomerang quei soldi non resteranno in Italia’”, di Eugenio Occorsio

ROMA – «I condoni fiscali non sono mai una buona idea. Ma soprattutto questo vostro provvedimento mi pare che somigli sempre di più ad un’amnistia, che non è proprio quello che sembrava dovesse essere all’inizio e potrebbe a questo punto rivelarsi controproducente per il paese». Jean-Paul Fitoussi, classe 1942, uno dei più prestigiosi economisti europei, conosce benissimo l’Italia per avervi insegnato a lungo: prima all’Università europea di Firenze, quindi da cinque anni alla Luiss di Roma. Il tutto mantenendo la cattedra di economia all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi nonché la presidenza dell’osservatorio francese per la congiuntura.

Perché dice che, con tutti questi cambiamenti, lo scudo fiscale-valutario potrebbe rivelarsi un boomerang per l’Italia?
«Essenzialmente per due motivi. Primo. Vista tutta l’alacrità che stanno dimostrando i legislatori nell’aggiungere emendamenti e postille al provvedimento, potevano ricordarsi di chiarire a molto più chiare lettere una clausola: i soldi che rientrano devono restare in Italia per un certo numero di anni, poniamo tre o cinque, ed essere reinvestiti qui. Invece a quanto mi risulta ci sono solo alcune iniziative private, come quella della Confindustria, ma nessuna regola davvero cogente».

Il secondo motivo di inefficacia?
«Anche quando nella disperata ricerca di capitali si fa un condono, bisogna dare l’impressione certa e ineludibile che questo provvedimento è assolutamente eccezionale, e che mai e poi mai ne seguirà un altro. Già l’Italia non gode di buona fama in questo campo, se poi si allarga a dismisura la portata del condono, fino a farlo diventare di fatto come dicevo un’amnistia, viene ulteriormente penalizzata la credibilità del governo e del paese. Tenendo ben fermo questo, c’è però da fare una riflessione».

Ovvero?
«Non deve suonare come una giustificazione, ma l’allargamento all’impunità del falso in bilancio è quasi insito in un provvedimento del genere. I capitali esportati clandestinamente, la formazione stessa di queste anomale risorse, sono nella grande maggioranza dei casi il frutto di operazioni fraudolente, che spesso comportano proprio il falso in bilancio. Di certo non derivano da operazioni trasparenti o legali. Se il governo vuole davvero il rientro dai capitali, si può in qualche modo capire che accolga anche quelli nati così. Ma ripeto, questa è una spiegazione e non una giustificazione dell’emendamento dell’altro giorno. Lo vede a quali perversioni legali e dialettiche si finisce quando si parla di condoni?»

Anche in Francia, il suo paese, però di condoni ne sono stati fatti…
«Mah, veramente di condoni fiscali ne è stato fatto uno negli anni ‘80, poi più nulla. Ora è in vigore una misura sul tipo dello scudo fiscale, è vero, ma c’è una sostanziale differenza: a parte che non c’è la garanzia dell’anonimato, anzi tutto è nato perché il ministero delle Finanze è entrato in possesso di un elenco di tremila potenziali detentori di capitali all’estero, da noi le imposte evase in precedenza si pagano, quasi tutte. Altrimenti, come nel caso italiano, quale convenienza c’è, se il fisco non incassa nulla? Ma poi, me lo lasci dire, aprire le maglie di un condono così largo è quanto meno politicamente non corretto in un momento in cui si dichiara guerra ai paradisi fiscali».

Il governo italiano però almeno a parole aderisce a questa battaglia.
«Il vero problema lo sa qual è? La lotta ai paradisi fiscali sarebbe una tipica battaglia da condurre insieme, come Europa. Così come insieme andrebbe armonizzata la legislazione delle aliquote sulle rendite patrimoniali, per evitare che all’interno dell’Unione i paesi si facciano concorrenza al ribasso sulle tasse. Servirebbero misure comuni, concordate e votate all’unanimità dal consiglio di Bruxelles. E nel consiglio c’è anche il Lussemburgo, e le ho detto tutto».

La Repubblica, 24 settembre 2009