attualità, politica italiana

Il massacro della libertà

Al Senato passa il ddl intercettazioni: un testo che tutela meglio i criminali dei cittadini e uccide il diritto ad essere informati. Nel testo attacchi e censure anche alla Rete. Una pagina davvero brutta per la democrazia italiana. Ora la battaglia passa alla Camera
Un’altra brutta giornata per la democrazia italiana. Il Senato ha approvato il ddl intercettazioni con 164 si, 25 no. I senatori del Pd hanno abbandonato l’ Aula di palazzo Madama per non partecipare a quello che il presidente Anna Finocchiaro ha definito “un voto di fiducia che manca di legittimità”. La battaglia non è ancora conclusa sebbene le intenzioni di questo governo fallimentare siano quelle di un passaggio lampo alla Camera.

“Siamo ormai al trentesimo voto di fiducia, ma questo – ha dichiarato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani – è particolare perché riguarda una materia delicatissima. Il governo sta facendo un passo molto grave e serio: ha messo la fiducia in modo improprio e irrituale su un provvedimento che riguarda temi della legalità e della democrazia”.

Per Rosy Bindi “la legge sulle intercettazioni è pericolosa e dannosa per la democrazia e la libertà del nostro paese. Contro questa legge ci batteremo nuovamente alla Camera. E’ sarà importante la mobilitazione dei cittadini, del mondo dell’informazione e dell’editoria”.

Un testo che per Anna Finocchiaro “tutela meglio, molto meglio i criminali dei cittadini e uccide il diritto ad essere informati”.Da qui la decisione dei senatori del Pd di non partecipare al voto, uscire dall’Aula e raggiungere il popolo Viola e la Fnsi, tutt’ora in un sit-in di protesta sotto il Senato, che “restare e partecipare al massacro della libertà che comincia qui oggi”.
La Fnsi ha proclamato una giornata di sciopero della categoria per il 9 luglio. Lo ha fatto sapere il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi che ha motivato “dovrà coincidere con la giornata finale di discussione del ddl Alfano, quindi se sarà altrimenti cambieremo la data”.

Ma in questo grande esproprio della democrazia e dell’informazione le notizie cattive si sono sparse anche al controllo e censura della Rete. Per i senatori del Pd Vincenzo Vita e Felice Casson,”tra i tanti passaggi liberticidi e censori del maxiemendamento sulle intercettazioni ce n’è’ anche uno devastante per la rete. Infatti, per ciò che attiene alla ‘rettifica’, si equiparano i siti informatici ai giornali. Ciò significa rendere la vita impossibile per le migliaia di siti e di blog, che rappresentano un’altra era geologica dei media”.

“Un nostro emendamento al riguardo – rilevano – non ha potuto essere discusso perché la fiducia taglia tutto. Ma la destra televisiva o non lo sa o, probabilmente, ha voluto approfittare di simile occasione per mettere le mani dove ancora non era riuscita a farlo. Non finisce qui. Intendiamo presentare, d’intesa con i colleghi della Camera dei deputati, un disegno di legge seccamente abrogativo della seconda parte della lettera a del comma 29 che recita: ”per i siti informatici sono pubblicate entro 48 ore dalla richiesta…”. Appunto, dimenticando che la rete è proprio un’altra cosa”.

A.Dra

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Di seguito, punto per punto, ecco cosa prevede il testo:

LIMITI E DURATA – Intercettazioni possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni di carcere. I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo. Se c’è necessità, motivata dal pm e riconosciuta dal giudice, è possibile un periodo aggiuntivo di tre giorni, prorogabili di volta in volta con provvedimento del pm controfirmato dal giudice fino a che esista la necessità. Per i reati più gravi (mafia, terrorismo, omicidio, ecc.) le intercettazioni sono possibili per
40 giorni, più altri venti prorogabili. Inoltre, le intercettazioni disposte per un reato potranno essere utilizzate anche per provarne un altro, purché il fatto sia lo stesso.

DIVIETI E SANZIONI – Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati solo per riassunto. Gli editori che ne consentono la pubblicazione in maniera testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che violano il divieto, sono previste sanzioni oltre i 300 mila euro, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee alle indagini o che devono essere espunte dal procedimento perché illecite o irrilevanti ai fini processuali. Condanne dure anche per i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro se pubblicano
intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

INTERCETTAZIONI AMBIENTALI – Niente più microfoni piazzati in casa o in auto per registrare le conversazioni degli indagati. Le ‘cimici’ saranno consentite per un massimo per tre giorni, prorogabili di tre in tre con provvedimento del pm controfirmato dal giudice.

PM IN TV – Se il responsabile dell’inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d’ufficio o semplicemente rilascia dichiarazioni pubbliche su un’inchiesta a lui affidata può essere sostituito dal capo del suo ufficio. La sostituzione del magistrato, quindi, non avviene più per automatismo, ma occorre la volontà del capo dell’ufficio.

NOMA TRANSITORIA – Le nuove regole si applicano ai processi in corso. Quindi, anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni. Dal giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, inoltre, saranno necessari 15 giorni di vacatio ordinaria per consentire alle Procure di allestire il registro segreto e un luogo dove conservare le intercettazioni, di cui è responsabile il capo dell’ufficio.

RIPRESE DEI PROCESSI – Sulle riprese tv per i processi decide il presidente della Corte d’Appello, che può autorizzarle anche se non c’è il consenso delle parti.

REGISTRAZIONE DI CONVERSAZIONI – Le registrazione carpite di nascosto sono permesse solo ai servizi segreti e ai giornalisti professionisti e pubblicisti.

PRETI E ONOREVOLI – Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la diocesi; se l’intercettato è un vescovo il pm deve avvertire la segreteria di Stato vaticana. Per quanto riguarda i parlamentari, occorre il via libera della Camera di appartenenza. Vietato ascoltare assistenti e familiari degli onorevoli se sono estranei ai fatti per cui è in corso l’indagine.

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Ddl intercettazioni, sì alla fiducia. Il Pd non vota: libertà massacrata

L’Aula di palazzo Madama ha approvato il ddl intercettazioni con 164 si, 25 no e moltissimi senatori che hanno abbandonato l’Aula per non partecipare a quello che la capogruppo del Pd ha definito «un voto di fiducia che manca di legittimità». Eppure, nonostante le polemiche che non accennano a placarsi e con il popolo viola di nuovo in piazza daavnti al Senato durante le votazioni, il ddl si appresta, dopo un passaggio alla Camera che la maggioranza vorrebbe lampo, a diventare legge dello stato.

Di questo è contento il ministro della Giustizia Angelino Alfano: «oggi – sono state le sue parole fuori dall’Aula di palazzo Madama – abbiamo realizzato un punto del programma» elettorale del Pdl, approvando un testo che «ha la stessa filosofia di fondo di quello che fu varato in Consiglio dei ministri e raggiunge gli stessi obiettivi, anche se con mezzi diversi». Ovvero, ha spiegato, è «un ottimo punto di equilibrio» tra la «necessità di garantire la privacy dei cittadini» e l’esigenza «di condurre indagini approfondite».

Eppure, non tutti sono contenti. Primi fra tutti i dipetristi, che hanno occupato nella notte l’Aula del Senato e che sono stati fatti sgomberare dal presidente prima del voto di stamattina. «Ancora una volta – ha perciò tuonato il leader dell’Idv, Antonio di Pietro, in Transatlantico – maggioranza e presidente del Consiglio usano un atto di forza per rimuovere un ostacolo». Ormai, ha insistito l’ex pm, «in Parlamento c’è uno stato di illegalità permanente», dove la maggioranza «ha compiuto un atto di prevaricazione che nemmeno il fascismo…».

Toni e condotta diversi, ma medesimo atteggiamento nei confronti del Ddl anche da parte del Pd. Questo testo, ha detto Finocchiaro annunciando l’uscita dei senatori democratici dall’Aula al momento del voto, «tutela meglio, molto meglio i criminali dei cittadini e uccide il diritto ad essere informati». Quindi, meglio uscire dal palazzo e raggiungere il popolo Viola e la Fnsi, in protesta sotto il Senato, che «restare e partecipare al massacro della libertà che comincia qui oggi». Concorde sulla linea di Finocchiaro anche il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. «Siamo ormai al trentesimo voto di fiducia, ma questo – ha detto – è particolare perché riguarda una materia delicatissima. Il governo sta facendo un passo molto grave e serio: ha messo la fiducia in modo improprio e irrituale su un provvedimento che riguarda temi della legalità e della democrazia».

Napolitano replica a chi gli ha chiesto di “non firmare” il testo. «I professionisti della richiesta al presidente di non firmare» il ddl sulle intercettazioni, oggi approvato al Senato, «sono numerosi ma molto spesso parlano a vanvera», ha detto il capo dello Stato a margine di un convegno organizzato dall’Ipalmo a Napoli. «Io comunque non ho nulla da dire su questi argomenti, su cui ho detto e ho fatto dire negli ultimi giorni. Non ho nulla da aggiungere», ha commentato il presidente della Repubblica.

Intanto il mondo dell’informazione si mobilita. Da domani in edicola giornali listati a lutto, manifestazioni davanti alle sedi istituzionali e sciopero generale il 9 luglio: sono queste le iniziative che la Federazione Nazionale della Stampa mette in campo «per significare con immeditatezza l’allarme grave che si pone non per questo o quel cittadino di destra di sinistra, ma per il corretto svolgersi del circuito democratico» dopo il sì del Senato alla legge sulle intercettazioni. «Abbiamo chiesto a editori e direttori – ha annunciato il segretario della Fnsi, Franco Siddi, in piazza Navona dove durante la votazione al Senato si è tenuto un presidio contro la “legge-bavaglio” – di predisporre un impianto comune per la prima pagina in cui si segnali il colpo mortale inferto alla libertà. Se gli editori non ci staranno pubblicheremo noi a pagamento un necrologio perchè sia chiaro l’allarme». Siddi invita l’Italia «a svegliarsi» e «bloccare questa legge prima che diventi definitiva» perchè «espropria i cittadini di un bene inalienabile, il diritto a sapere».

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