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"Lo Sviluppo demolito", di Sergio D'Antoni

Ne hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace. Perdonerà Tremonti, ma la frase di Tacito –tanto in voga negli anni del conflitto in Vietnam – è perfetta per descrivere il trattamento che il governo riserva al ministero dello Sviluppo economico.
Nel pieno di una crisi che colpisce soprattutto le aree e le fasce deboli, il governo Berlusconi ha infatti definitivamente demolito il dicastero chiamato a varare politiche di crescita e di coesione nazionale. Il ministero è ridotto a brandelli. L’esecutivo ne ha smantellato gli organismi e prosciugato le risorse, rendendolo nei fatti una graziosa scatola vuota.
Il governo si è mosso in due direzioni. Da una parte ha tagliato per far cassa 2,5 miliardi dal fondo per lo sviluppo e il riequilibrio territoriale, raschiando il barile delle risorse nazionali destinate alla convergenza delle aree deboli. Dall’altra ha spostato alle dirette competenze della presidenza del consiglio il Dipartimento delle politiche di sviluppo, vero e proprio caveau chiamato a gestire e ad assegnare i fondi comunitari e le quote nazionali e regionali del Fas.
In questo modo non solo rinuncia a realizzare una politica di sviluppo degna di questo nome, ma mette in serio pericolo la sorte dei 27 miliardi del Fas assegnati alle regioni depresse del Sud. Fondi di esclusiva competenza delle regioni deboli e tenuti colpevolmente bloccati per due anni dal governo. Evidente la volontà di cancellare dall’agenda nazionale qualsiasi riferimento alla convergenza delle zone deboli e in particolare alla questione meridionale.
E il piano per il Mezzogiorno annunciato come imminente l’estate scorsa? A darci il quadro ci pensa Raffaele Fitto, neo-delegato al Dps, che in una recente intervista al Sole24 Ore ammette – o meglio: dichiara con orgoglio! – di dover ancora iniziare una valutazione sulle risorse disponibili. A un anno dall’annuncio di questo fantomatico piano Marshall e a due dall’insediamento a palazzo Chigi, la compagine berlusconiana afferma candidamente di essere ancora a “carissimo amico”.
Ovvio che si tratta di una missiva che non ha alcuna intenzione di inoltrare.
A dimostrarlo non è solo l’immobilismo di questo anno. È la pervicace politica antimeridionale varata fin dal primo momento da una compagine che ha sottratto dal 2008 oltre 30 miliardi dalle dotazioni nazionali destinate alle zone depresse e che oggi vara in una manovra iniqua e antisolidale, che scarica i costi delle politiche di sviluppo sulle stesse regioni sottosviluppate.
L’operazione sull’Irap che il governo ha il coraggio di spacciare per fiscalità di sviluppo non è altro che questo. In pratica, con fare pilatesco, l’esecutivo delega – bontà sua – tutti gli oneri derivanti da un eventuale abbassamento delle imposte sulle stesse regioni del Mezzogiorno, senza mettere un euro sul piatto ma anzi, come abbiamo visto, allungando le mani sulle quote regionali del Fas.
Il risultato? Le regioni del Sud non solo non saranno in grado di abbassare le imposte, ma dovranno addirittura alzarle per cercare di coprire disavanzi sanitari non compensati da alcunché. Non è uno scenario possibile, è una realtà attuale: già dall’estate Campania, Molise e Calabria saranno costrette a far pagare ai propri cittadini e ai propri imprenditori una super-addizionale Irap (+0,15%) e Irpef (+0,30%). Siamo alla vera e propria “fiscalità di svantaggio”.
In definitiva, mentre tutti i maggiori osservatori chiedono a gran voce politiche espansive, mentre il capo dello stato invoca politiche solidali di coesione nazionale ricordando giustamente che senza convergenza non può esserci crescita, il governo rinuncia a qualsiasi prospettiva di sviluppo limitandosi a tagliare ogni risorsa residua nelle zone a più alto potenziale.
«L’unico modo per salvare i fondi del Mezzogiorno – ha detto recentemente Tremonti ad alcuni cronisti che lo interrogavano sul prosciugamento del Fas – è riportare l’Italia sotto la soglia del deficit eccessivo». Una frase illuminante, traducibile in questo modo: le regioni deboli non rivedranno mai le proprie risorse in tempi di crisi. Altro che piano Sud, altro che “fase due”.
Questo esecutivo a trazione leghista fa cadere definitivamente la maschera e mostra la sua vera essenza antisociale e antimeridionale, preparandosi a far cassa ancora una volta volta sulle spalle dei più deboli, senza rendersi conto che in questo modo si condanna tutta l’Italia.

Europa Quotidiano 15.06.10