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"L’Emilia fa gola alla mafia, sei arresti della Dda a Modena", di Paola Benedetta Manca

Anche in Emilia le cosche tentano le penetrazione. Sei arresti della Dda di Bologna. Ricercato un commercialista. Truffe ed estorsioni le loro attività. Nel luglio 2006 un segnale: bomba all’agenzia entrate a SassuoloLa ‘ndrangheta approda anche a Modena,continuando la sua scalata al Nord della penisola. Ieri mattina laDda (Direzione distrettuale
antimafia) di Bologna ha coordinato i Carabinieri della Ghirlandina e la Guardia di Finanza bolognese in un’operazione che ha visto l’arresto, fra Fiorano e Maranello, di sei malfattori originari di Crotone ma residenti da tempo in Emilia Romagna. Un settimo individuo, uncommercialista di Lugano, è tuttora ricercato. L’organizzazione
criminale utilizzava i soldi che arrivavano dal clan Arena di Isola Capo Rizzuto (Crotone), derivanti da attività criminose, in particolare estorsioni, per impiegarli (e così riciclarli) in transazioni economiche fraudolente. A capo dell’associazione a delinquere
c’era Paolo Pelaggi, aiutato dai fratelli, Davide ed Emanuele e dal braccio destro Giuseppe Manica.
Insieme a loro, due membri della famiglia Gentile, Fiore e Tommaso,
figli del più noto Francesco, in carcere per associazione di stampo
mafioso. AncheTommasoè detenuto dal 2009 a Crotone con la stessa imputazione. A mettere gli inquirenti sulle tracce dei delinquenti, un’attentato dinamitardo che, a luglio del 2006, fa saltare in aria l’Agenzia delle Entrate di Sassuolo (Mo). Un episodio rivelatore per la DDA perché, spiega Walter Giovannini, procuratore di Bologna, “anomalo per il territorio e di possibile matrice mafiosa”.
Dai primi accertamenti viene fuori che, a muovere la mano
del dinamitardo, (identificato poi in Paolo Pelaggi e in un suo complice) sono le verifiche dell’ Agenzia su una società di Maranello di Pelaggi, la “Point One”, che distribuisce prodotti informatici e ha evaso il fisco per 90 milioni di euro. A questo punto partono le intercettazioni e il
quadro criminoso viene a galla.
Gli individui arrestati (tranne Tommaso Gentile, già in stato di fermo) dovranno rispondere del reato di reimpiego di denaro, con l’aggravante di favorire un’associazione di stampo mafioso e di violazioni fiscali. I fratelli Pelaggi sono accusati anche di bancarotta della società Point One e, infine, i due fratelli Gentile, Manica e Paolo Pelaggi di tentata
estorsione. Il Gip di Bologna che ha disposto i fermi, Marinella De Simone, ha deciso il sequestro dei beni degli arrestati per aggredire
il patrimonio della cosca. In tutto, il loro valore ammonta a 8 milioni di euro. Sono in corso, poi, perquisizioni in varie province
italiane (Modena, Parma, Reggio Emilia, Crotone) ed in Svizzera
a Lugano.

L’Unità 01.07.10