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Il viaggio dell'Unità, 150 anni dopo. In attesa di più degno monumento

Centocinquanta anni e non ce l’hanno ancora fatta. Una lapide l’aveva promesso, più di cent’anni fa, l’11 maggio del 1893. Rileggerlo oggi fa un po’ ridere, un po’ no, quel messaggio, che immaginiamo pronunciato con voce stentorea e ispirata: «Marsala, memore e fiera, a perenne ricordo del luogo in cui sbarcarono i Mille, duce Garibaldi, in attesa di più degno monumento».
Il monumento, però, ancora non c’è. A un secolo e mezzo di distanza dall’impresa. Marsala, memore e fiera, è in perenne ritardo. Sopra al basamento, c’era una colonna, dominata, a sua volta, da una vittoria alata. Nel corso degli anni caddero sia la vittoria, sia la colonna. Pare sia stato il vento. Del Sud.
L’ultima volta che qualcuno ci ha provato, è stato tra migliaia di persone. La folle plaudente. E una cittadinanza desiderosa di «porre», come si suol dire in questi casi. Il nuovo Garibaldi allora si chiamava Bettino Craxi. Era il 1986. La camicia rossa Craxi era premier e collocò la prima pietra sul lungomare, nel punto esatto dello sbarco. Due anni dopo, proprio l’11 maggio, nel giorno in assoluto più indicato, la Capitaneria di Porto – che pure era stata presente alla ‘monumentale’ inaugurazione – scrisse al Comune, chiedendo di levare anche quella. E quel poco che fino ad allora era stato costruito. «Il monumento è abusivo». Cose che capitano. Come aveva detto Craxi: «Speriamo che l’opera non rimanga un’eterna incompiuta». Testuale. Giacomo Di Girolamo e Francesco Timo sono giornalisti. Lavorano per il sito d’informazione Marsala.it e per una radio, RCM101. Insieme a Antonella Genna, hanno curato un libro (imperdibile) che si chiama Non più Mille. Li incontriamo al caffè Grand’Italia in piazza della Repubblica. Raccontano di come i monumenti al Piemonte e al Lombardo si siano «arenati», scherza Francesco, sul lungomare di Marsala. Al Lombardo, tra l’altro, capitò davvero, quel giorno del 1860.

Tra Garibaldi e Marsala le cose andarono in modo curioso. L’Eroe e i suoi Mille arrivarono nel primo pomeriggio quando a Marsala, per le strade, non c’era nessuno. Pausa pranzo. Garibaldi chiese del sindaco. Assente. E in municipio non trovò nemmeno la carta della Sicilia. Non avevano ancora aperto l’Urp. Il suo arrivo non fu avversato dai cannoni borbonici, erano presenti navi commerciali inglesi nel porto di Marsala. E del marsala. E così la storia di Garibaldi incrocia quella del vino, che proprio gli inglesi avevano reso liquoroso, aggiungendo dell’alcol per conservarlo nel trasporto. E pare che quella notte i Mille, con il vino, esagerarono. Meno male che nessuno pensò di attaccarli. Altrimenti, niente Calatafimi e niente unità. L’enoteca Garibaldi, che si trova in via Garibaldi, a due passi da porta Garibaldi e dal mare colore del vino, è insomma filologicamente corretta.

A Mussolini nel 1924 e a Napolitano quest’anno, la visita alla bruttura fu risparmiata. Le autorità fecero un giro largo, in entrambe le occasioni. Ogni volta che si celebra un cinquantenario, del resto, succede qualcosa. In vista del 1910, l’architetto Ximenes fu incaricato di erigere il monumento. 50.000 lire: se le prese il Comune, e Ximenes si dovette fermare quasi subito. Nel 1960, si arrivò addirittura all’approvazione di una legge in Parlamento. 90 milioni: non se ne fece nulla. Troppo pochi. In compenso, una bella regata rievocò il viaggio dei Mille Prodi (così si legge): partenza da Quarto, destinazione Trapani. Per il sommo disappunto dei marsalesi. Una scelta talmente incredibile che è stata replicata qualche mese fa, nel 2010. Perché la storia e le lapidi e le regate si ripetono.Ora si parla del progetto delle «Mille luci» di Marsala. Garibaldi sbarca nella New York di McInerney? No. L’attuale catafalco, ora ricoperto di scritte (dalla classica «Giusy buttana» al lapidario «Premere il tasto per annullare il sistema») sarà ‘compiuto’ ospitando un museo e la fondamentale «terrazza cocktail», che si chiamerà «lo Sbarco». E come, se no? Una «Repubblica fondata sull’aperitivo». Giacomo pose.

Milioni di euro previsti per la realizzazione del progetto rinnovato. Il sindaco, in occasione dei centocinquanta anni, nel maggio del 2010, aveva promesso: i lavori riprenderanno immediatamente. Siamo ad agosto, e del cantiere nemmeno l’ombra. Con il sole che c’è, tra l’altro.C’è un finale, non dico buono, ma almeno aperto, rappresentato dai giovani artisti e architetti che si preoccupano di valorizzare l’«incompiuto siciliano». A Giarre, in provincia di Catania, la città delle incompiute, tengono anche un festival (www.incompiutosiciliano.org).Quella che propongono è un’iniziativa di denuncia associata a una riflessione sul paesaggio, certamente, ma sono proprio convinti che l’incompiuto sia uno stile, anzi, lo stile italiano. Vogliono dare dignità a queste opere interrotte. Senza completarle, ovviamente. Passandole in rassegna, come hanno fatto, in processione, fino alla Biennale di Architettura di Venezia. Un altro viaggio dell’unità.

A Marsala, dal 9 al 20 settembre, si terrà un workshop internazionale. Sul senso dell’effimero. E dell’incompiuto: così un’installazione effimera per definizione sorgerà sull’incompiuto per eccellenza, il monumento mancato ai Mille. Tutto si tiene, ancora una volta, perché me ne parlò a Verona, ancor prima di partire, un ragazzo che si chiama Enrico. Sgarbi, di cognome. Cosa non ti fanno le omonimie. Denuncia, innovazione, creatività. Se in Sicilia ci credi, «ti prendono per comunista o per stronzo», dice Giacomo. «Al massimo, per “uno strano”». Ai ragazzi dell’incompiuto è già capitato. E tutti li prendono per pazzi. Del resto, in Sicilia, «o pazzo lo sei da prima, o lo diventi. Ma è anche da queste cose che passano l’innovazione e il cambiamento». Siamo arrivati, così, a Marsala. Obiettivo raggiunto? Nemmeno per idea. E domani spiegheremo il perché. Sulla via del ritorno, nei titoli di coda. Sperando di non trovarne, però, di coda, perché non sarebbe carino. Risalire la penisola. E metterci centocinquanta anni.
Il monumento di Marsala e il suo lungomare da rifare sono la metafora e, forse, il riassunto preciso dell’Italia in cui viviamo. Tutto si tiene e si spiega, a proposito della nostra famosa identità nazionale.

Il monumento la rappresenta fedelmente, anche per la sua incompiutezza. Che non è necessariamente una cattiva notizia. Anzi, ampi margini di miglioramento sono tanti, come dicono gli allenatori delle squadre di calcio. O i segretari del Pd. Le linee di frattura sono riconoscibili. Le incomprensioni fin troppo comprensibili. I ritardi documentati, per filo e per segno. C’è solo (!) bisogno di volontà. E di misura. E di una consapevolezza, sempre attuale. Che l’unità – e la Costituzione – non riguardano il passato. No, riguardano il futuro. Sono davanti a noi, proprio come in quel giorno di maggio del 1860. Chissà se le raggiungeremo.

L’Unità 24.08.10