attualità, politica italiana

"Il governo che non c'è", di Tito Boeri

Un´isola che c´è, Lampedusa, ci ha convinto che non può esistere un governo che non c´è. Quella offerta nelle ultime settimane è una dimostrazione di totale, frustante, impotenza nel gestire un problema certamente complesso ma non più grave di quello in passato fronteggiato da altri paesi dell´Unione Europea.
Quei paesi della Ue che hanno una lunga tradizione nel gestire flussi massicci di rifugiati politici e immigrati clandestini.
Non si può dire che i massicci sbarchi dal Nord-Africa di queste settimane non fossero prevedibili. Era stato lo stesso ministro Maroni a preannunciare due mesi fa un «esodo biblico di 80.000 tunisini», ben maggiore di quello sin qui registrato. Da allora nulla è stato fatto per fronteggiare questa emergenza, per garantire un primo soccorso adeguato alle persone sbarcate a Lampedusa e per definire una qualche strategia, da concordare con tutti gli attori coinvolti. Il coordinamento proprio non c´è stato, neanche all´interno dell´esecutivo. Per non parlare di quello fra governo e Regioni.
Abbiamo assistito a quattro tipi di reazioni all´interno della maggioranza. La prima è l´urlo. Il “föra di ball” in incerto dialetto lombardo di Umberto Bossi potrà forse servire a placare le ira di qualche elettore della Lega, ma certo non è di alcun aiuto ai ministri dello stesso partito che devono gestire il problema. La seconda reazione è stata l´ipocrisia. Si sono inviati clandestini in centri come quello di Manduria sapendo benissimo che ci sarebbero state fughe in massa. Paradossalmente è stato più efficace lo sciopero dei treni delle barriere poste attorno al centro nel contenere gli esodi dal centro verso il nord. E Manduria non è un caso isolato. Secondo le informazioni raccolte dal sito gestito da Sergio Briguglio (www. stranieriinitalia. it), circa 9.500 persone sono state portate via da Lampedusa per essere ospitate in centri aperti. Di queste, 7.000 sarebbero già oggi irreperibili. La terza reazione sono le proposte sconclusionate, segno della totale improvvisazione. È evidente che i 1500 euro offerti in cambio del rimpatrio, nella proposta dei ministri Frattini e Maroni, sono del tutto inadeguati. Qui abbiamo persone che pagano molto di più per fuggire dalla realtà in cui vivono, che rischiano addirittura la loro vita per arrivare nell´Unione europea. La quarta reazione è la menzogna. Quando si sostiene che gli immigrati clandestini verranno tutti riportati in Tunisia si ignora il fatto che per il diritto internazionale non conta tanto la provenienza, quanto l´appartenenza. Quando anche fosse documentabile che gli sbarchi sono tutti originati dalle coste tunisine, non potremmo esigerne la riammissione in Tunisia a meno che sia documentabile che si tratta a tutti gli effetti di cittadini tunisini.
Sarebbe sbagliato vedere in questa improvvisazione solo il segno delle divisioni oggi presenti all´interno della maggioranza e di un presidente del Consiglio palesemente inadeguato. C´è un problema anche di carattere più generale, legato alla mancanza totale di pragmatismo con cui le forze dell´attuale maggioranza hanno gestito il problema dell´immigrazione in questi anni. Il reato di immigrazione clandestina di fronte a flussi come quelli registrati in queste settimane serve solo a congestionare ulteriormente i nostri tribunali. Le procedure della legge Bossi-Fini, già oggi sistematicamente disattese, fingendo che chi fa domanda per un permesso di soggiorno non sia già da noi, sembrano del tutto anacronistiche alla luce di fenomeni su questa scala. Ma soprattutto chi ha sistematicamente voluto tenere fuori l´Europa dalla gestione delle politiche dell´immigrazione non è oggi in grado di fornire risposte.
Non può che essere infatti l´Unione Europea ad affrontare il problema. Primo perché quello che abbiamo di fronte è un problema innanzitutto di rapporti con i nuovi governi che si profilano sulla sponda meridionale del Mediterraneo, rapporti che non possono che tenere conto di fattori ben più ampi della sola questione migratoria. Secondo perché questi governi non possono trattare allo stesso modo un paese come l´Italia (che ammette al massimo 4000 immigrati regolari dalla Tunisia ogni anno) e l´Unione europea nel suo complesso. Non sappiamo cosa riuscirà ad ottenere oggi Berlusconi a Tunisi, ma è chiaro che le sue richieste sarebbero ben più forti se venissero a nome di tutta l´Unione. Terzo perché la messa in atto di politiche differenziate tra i diversi paesi dell´Unione finisce per portare alla violazione del principio della libera circolazione delle persone e degli accordi di Schengen. I controlli messi in atto dalle autorità francesi alla frontiera di Ventimiglia hanno esattamente questa caratteristica. Perché sia l´Europa ad essere investita del fenomeno bisogna abbandonare la finzione, l´ipocrisia di saper gestire questi problemi da soli. Molti politici dell´attuale maggioranza sembrano impreparati a questo passo perché hanno sempre teorizzato il contrario, il mito del borgo che si difende dalle sfide della globalizzazione. Questo è l´ostacolo maggiore. Certo, c´è anche un altro ostacolo. È rappresentato dalle resistenze degli altri paesi dell´Unione che, come la Francia, non hanno dimostrato in queste settimane una grande volontà di cooperare. Nei loro confronti abbiamo però un´arma importante da utilizzare in una eventuale trattativa. Se fosse l´Italia, unilateralmente, a concedere un regime di protezione temporanea con rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari a tutti coloro che sono sbarcati in questi ultimi due mesi, queste persone godrebbero della libertà di circolazione fino a tre mesi all´interno dell´Unione. Questo significa che la Francia sarebbe costretta a ricevere un flusso di “turisti” tunisini soggiornanti in Italia, senza avere alcuna possibilità di rinviarli in Italia prima che siano scaduti i tre mesi e con scarse probabilità di rintracciarli al termine di tale periodo.

La Repubblica 04.04.11

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“Il Cavaliere ipercinetico”, di Ilvo Diamanti

È difficile star dietro agli eventi, ai messaggi, alle immagini che costellano la politica italiana. La quale, riflette, in parte, la turbolenza globale. In particolare, le rivoluzioni del Nord Africa, appena al di là delle nostre coste. Però da noi in Italia tutto assume un segno diverso. Per intensità, dinamica, sequenza. Basta concentrarsi sulle notizie degli ultimi giorni. «Leggendole tutte insieme… danno un senso di vertigine», ha commentato Corrado Augias, rispondendo a una lettrice nella sua rubrica. Già: un senso di vertigine.Il capo del governo a Lampedusa promette che: in due giorni, non ci saranno più immigrati; candiderà Lampedusa al Nobel della Pace; si comprerà una villa proprio lì, davanti al mare. Lo stesso giorno, la Camera si trasforma in un Far West. Fra l´altro, il ministro La Russa. Il quale sfancula il presidente della Camera, Fini. Mentre una deputata disabile dell´opposizione viene insultata. In quanto disabile. Intanto, la rivolta popolare a Lampedusa non accenna a placarsi. Perché il flusso di disperati non cala. (Sarebbe bello che i “popoli oppressi” si ribellassero e liberassero da soli, senza poi pretendere aiuto da noi). Un´imbarcazione affonda davanti alle coste libiche, insieme a decine di persone (morte. Non daranno fastidio a nessuno). Il capo del governo parte per Tunisi, dove incontrerà le autorità tunisine. Obiettivo: controllare i flussi di migranti diretti verso le nostre coste; rimpatriare – parte – degli immigrati già arrivati. Anche se le autorità tunisine non sembrano d´accordo. Intanto in Parlamento continuano – in modo, diciamo pure, convulso – i lavori per riformare la Giustizia. Cioè: per disinnescare i processi più critici, per il primo ministro. Soprattutto quelli a sfondo pruriginoso. Per neutralizzare l´alone sgradevole che produrrebbero (produrranno?). Tutto procede in modo nevrotico, sussultorio, intermittente, senza una direzione precisa.
Impossibile mettere in fila i fatti degli ultimi mesi, se ho già impiegato tanto tempo a raccontare quelli degli ultimi giorni. È difficile anche capire le forze in campo, in Parlamento: chi sta con chi. I sedicenti Responsabili: difficilmente possono garantire un consenso stabile. Come pretendere fedeltà e coerenza da chi è abituato a cambiare bandiera e partito (in cambio di privilegi)? D´altronde, a differenza di Fi e An, il Pdl è un non-partito. Scomposto da divisioni personali, locali e di gruppo. La debolezza dell´opposizione permette a questa maggioranza di proseguire. Senza sfaldarsi. Ma andare al voto, secondo i sondaggi, sarebbe molto rischioso per il Pdl. Per il centrodestra. Per Berlusconi.
Insomma: la vertigine.
Anche se viene il sospetto che vi sia un senso in questa rappresentazione apparentemente priva di senso. Dove tutto prosegue e si sussegue in modo asincrono. Come un “Blob” infinito e permanente. Rammenta l´idea di ipermodernità, tracciata da Gilles Lipovetsky. Un tempo dove tutto è iperbolico. Perché il tempo si snoda in una catena di istanti. Come un film che incatena una sequenza di istantanee. Dove tutti gridano, tutto è enfatizzato, tutto avviene in modo “estremo”. Perché viviamo tempi estremi, dove la comunicazione mediale trasmette tutto in tempo reale. Ed esige spettacolo, messaggi forti. E, alla fine, nulla resta se non viene proposto in modo estremo e iperbolico. Viviamo nell´era della politica ipercinetica. Il cui signore indiscusso è Silvio Berlusconi. Iperbolico e cinetico come nessun altro. Sempre in movimento, sempre in viaggio, sempre sui media. Ogni giorno un evento, un messaggio, un proclama, un fatto (annunciato). Un luogo reale trasfigurato in metafora del cambiamento “concreto”. Lui: l´uomo del fare. A Napoli. Dove le immondizie scompaiono e ricompaiono, per scomparire di nuovo. Dai media. All´Aquila. Dove le macerie sono scomparse e la ricostruzione procede bene. Lo garantisce la figurante che a Forum ha recitato la parte di una terremotata beneficiata dal governo. Oggi a Lampedusa. La popolazione – disperata – assediata dai disperati. Che alcuni autorevoli leader di governo invitano a ributtare in mare. (Con una iperbole forse involontaria). E Berlusconi. Un giorno a Milano, al processo, ad arringare la folla dal predellino. Il seguente, a Lampedusa, a consolare e galvanizzare i residenti. Di passaggio: a Palazzo Grazioli. Ad allietare i sindaci con barzellette osé. E poi: a Bruxelles, visibilmente defilato, perché a lui le chiacchiere non piacciono. In attesa di un vertice prossimo venturo con Sarkozy. Lui “fa”.
In quest´era del vuoto (riprendendo Lipovetsky), lui satura ogni spazio, ogni angolo, ogni istante. (Volontariamente, come emerge dall´inchiesta di Alberto Ferrigolo sulla “Diabolica arma dei sondaggi”, pubblicata sull´ultimo numero di Reset). Per cui diventa impossibile prescindere da lui. Nel vuoto di progetti e di idee. Nel vuoto dell´orizzonte politico vuoto. Lui “è”. L´opposizione appare afona. Poco visibile. Certo alcuni lo imitano. Ma non c´è partita. In fondo è lui, Berlusconi, l´unico in grado di fare opposizione. A se stesso. Perché i messaggi iperbolici, gridati un giorno dopo l´altro e un istante dopo l´altro, possono dare un senso di movimento, anche se tutto resta fermo. Possono rimpiazzare le idee con spot a raffica. Possono generare assuefazione etica. Così che nulla, ma davvero nulla, riesce più a stupire – non si dice indignare. Ma a volte – qualche volta – le iperboli, ripetute senza soluzione di continuità, finiscono per cozzare l´una contro l´altra. Lui, indulgente e accogliente con Gheddafi. Come altri prima di lui, in Italia (e non solo). Ma unico a baciargli la mano. In modo iperbolicamente teatrale. E il giorno dopo schierato – a malincuore – con la coalizione che bombarda il raìs e ne vuole la testa. Lui, iperbolicamente, pronto a liberare Napoli dai rifiuti, l´Aquila dalle macerie, Lampedusa dagli immigrati. Gli italiani dalle tasse. Ieri, oggi. Ma anche domani. Perché i rifiuti, le macerie, gli immigrati – e le tasse – restano sempre lì. Lui, il leader ipercinetico di questa Destra ipercinetica. Costretto a correre. A cambiare scena e repertorio. Ogni giorno. Finché il fisico glielo permetterà. Finché l´iperbole riuscirà a colmare il vuoto della politica. Finché non ci stancheremo di rincorrere le iperboli.
Finché la cin-etica riuscirà a soddisfare l´eclissi etica.

La Repubblica 04.04.11