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"Troppe assenze, nel Pd rimpianti e sospetti", Dario Franceschini risponde al Corriere della Sera

Caro Direttore,
in riferimento a quanto pubblicato questa mattina dal Corriere e più specificamente all’articolo “Troppe assenze, nel Pd rimpianti e sospetti” relativo alla mancanza in Aula di parlamentari tra le file dell’opposizione nelle votazioni alla Camera sul processo breve, per correttezza e completezza di informazione Le faccio presente che, dati alla mano che volentieri allego, il gruppo del Partito democratico è stato in assoluto il gruppo più presente, con una media percentuale del 97,7% con picchi, su singole votazioni, del 99% dei 206 deputati Pd.
Le assenze che si sono registrate , limitatissime e purtroppo inevitabili, sono state motivate da gravi ragioni familiari o di salute che per motivi di privacy non intendo rendere note. I due deputati, Luciano Pizzetti e Livia Turco, citati nell’articolo come assenti, hanno invece partecipato a tutte le votazioni. Su una di queste, il sistema non ha registrato il loro voto e su espressa segnalazione degli stessi, presenti in Aula, la Presidenza ne ha preso atto, come risulta dallo stenografico ufficiale della seduta.
E’ fin troppo evidente, date le percentuali di presenza ed il lavoro parlamentare fatto utilizzando ogni norma regolamentare, quanto il mio gruppo si sia impegnato in Aula in queste settimane, sia durante l’esame delle proposte emendative riferite al processo breve, sia nel dibattito sul conflitto di attribuzione. A questo proposito, vorrei sottolineare come proprio il Corriere del 6 aprile u.s. riportasse, nell’articolo sulle assenze al voto sul caso Ruby, che “il Pd era invece al completo […]”. E la presenza è rimasta pressoché costante in tutte le sedute successive, notturna compresa.
Tale compattezza è frutto del grande senso di responsabilità dei deputati del Pd e della scrupolosa organizzazione degli uffici che hanno fatto diventare il gruppo del Pd, quello costantemente più presente sin dall’inizio della legislatura.
Del resto, come è noto, il voto finale sul processo breve, o meglio prescrizione breve, non si è ancora potuto svolgere proprio in virtù della battaglia parlamentare che ha visto protagonista proprio il gruppo del Pd.

Dario Franceschini

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Dario Franceschini risponde all’articolo del Corriere che riportiamo di seguito dell’8.04.11

Troppe assenze, nel Pd rimpianti e sospetti Tra mercoledì e ieri il governo poteva andare «sotto» , ma i deputati non sono stati precettati
di Maria Teresa Meli

Il lavoro di “filibustering”del segretario del gruppo del Pd Roberto Giachetti è stato senz’altro encomiabile. Grazie alla vecchia scuola d’origine, quella radicale, il deputato del Partito Democratico è riuscito a mandare per le lunghe l’esame del processo breve, nonostante il contingentamento dei tempi. Non solo. Giachetti ha ottenuto anche un altro risultato: quello di far saltare i nervi alla maggioranza di centrodestra, costretta in aula per ore e ore, con i leghisti sul piede di partenza, che smaniavano per raggiungere i loro trolley depositati all’ingresso di Montecitorio. Ma la guerriglia parlamentare non è bastata. Né, probabilmente, basterà neanche la settimana prossima. Certo, sarebbe andata diversamente se non fossero mancati all’appello alcuni deputati delle opposizioni. Già, perché Tra mercoledì notte e la giornata di ieri non sempre la maggioranza era a ranghi completi. In diverse votazioni ci sarebbe voluto poco, giusto una manciata di parlamentari in più, per mandare sotto il centrodestra e bloccare il processo breve. Così non è stato. E qualcuno nel Pd si domanda perché. Domanda retorica, perché nelle file del Partito Democratico germina il sospetto che quelle assenze non siano state casuali. Dopo tanto tuonare contro il provvedimento voluto da Berlusconi, com’è possibile che i deputati delle opposizioni non siano stati tutti precettati? Avrebbero potuto vincere se non la guerra almeno qualche battaglia, e mettere in difficoltà il presidente del Consiglio che è da due giorni che raccomanda ai suoi calma e gesso (oltre che la partecipazione alle votazioni, naturalmente) per non creare incidenti e intoppi che facciano slittare i tempi del processo breve. E’ andata diversamente. «Il massimo risultato ottenuto— commenta amaro più d’uno nel Pd— è stato quello di far slittare di qualche giorno un provvedimento che servirà a Berlusconi tra qualche mese…» . E ora la parola ai numeri di questa due giorni alla Camera. Ma prima è necessaria una premessa: nell’ultima votazione a Montecitorio, quella sul conflitto d’attribuzione per il “caso Ruby”, i deputati delle opposizioni che si sono espressi in aula contro la richiesta della maggioranza sono stati 302. A questa cifra bisogna sottrarre un assente giustificato, il pd Walter Verini, che ha avuto un lutto familiare mercoledì sera. Altro latitante con alibi, almeno per quel che riguarda la giornata di ieri, è stato l’Idv Pierfelice Zazzera. Ebbene, ciò nonostante, i conti non tornano lo stesso. Mercoledì notte, per esempio, durante la votazione di un emendamento i deputati della maggioranza erano soltanto 298. Ma quelli delle opposizioni erano appena 274. Anche il giorno dopo le maglie del centrodestra si sono allargate. Qualche minuto dopo le dodici e mezzo è stato messo in votazione un emendamento del Pd: 298 i deputati della maggioranza (ne mancavano diversi) e 289 quelli delle opposizioni. C’erano assenze sui banchi di Fli e su quelli dell’Udc (non c’era Pier Ferdinando Casini), mancava una deputata dell’Idv e Maurizio Migliavacca (che ha partecipato agli altri scrutini) in quel momento era in “missione”. Una decina di assenti che hanno fatto la differenza. Più tardi, nel pomeriggio, su un emendamento dell’Idv, i parlamentari di Pdl, Lega e Responsabili vari erano 297. Però pure stavolta, alla votazione che si è svolta verso le 16 quelli delle opposizioni non si sono presentati tutti in massa: erano soltanto 289. Ne mancavano due del Partito Democratico (Luciano Pizzetti e Livia Turco), erano assenti un deputato dell’Italia dei Valori, due dell’Udc e una manciata di quelli di Futuro e libertà. Insomma, per farla breve, almeno cinque o sei volte le opposizioni avrebbero potuto battere la maggioranza. «Già — ironizza il leghista Gianluca Buonanno — avrebbero potuto metterci sotto, però non lo hanno voluto fare» . Persino alla votazione dell’articolo 1 del provvedimento, quella che ieri ha fatto registrare le maggiori presenze, vi erano assenti, anche eccellenti, come il capogruppo di Fli Italo Bocchino, ma questa volta, almeno, non sono stati decisivi.