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"Indignarsi non basta adesso impegnatevi", intervista a Stèphane Hessel di Tonia Mastrobuoni

A colloquio con il 94enne autore del pamphlet che dopo la Francia sta conquistando l’Italia, oggi a Torino per Biennale Democrazia. «Accontentarsi è pericoloso, la “relativa felicità” e la “relativa soddisfazione” uccidono l’indignazione». Dalla sua casa parigina Stéphane Hessel scandisce le parole lentamente, a quasi 94 anni c’è poco tempo per i malintesi e questo concentrato di virtù novecentesche ci tiene al suo messaggio, al suo Indignatevi! . Nulla di messianico, come qualcuno ha tentato di far credere, un’esortazione piuttosto, che al telefono sintetizza così: «Ho scritto un libro perché avevo la netta sensazione che si stesse camminando nella direzione sbagliata e volevo esortare i giovani a cambiare rotta, a riprendere quella giusta. Riscoprendo i valori della Resistenza che mi hanno formato». Così è nato, alla fine dell’anno scorso, un minuscolo pamphlet ( Indignez-vous! ) che ha immediatamente scalato le classifiche in Francia spodestando Houellebecq e superando a oggi il milione di copie (in Italia da quando è uscito per i tipi di Add, a febbraio, sono già 50 mila).
Oggi Hessel sarà ospite della Biennale Democrazia, ma nei mesi scorsi la sofisticata intellighenzia francese e italiana l’ha velocemente declassato a feticcio da «gauche caviar». Un giudizio che Hessel valuta «ingeneroso, per un vecchio diplomatico in pensione. Certo, mi rendo conto che è facile dire “indignatevi” ed è meno facile capire come. Ma per il “come” rimando ad esempio a La via di Edgar Morin».
Lui non lo dice ma il giudizio è frettoloso per un altro motivo. Suona riduttivo per un signore con un numero tatuato sul braccio, scampato a ben due campi di concentramento. Hessel, ebreo tedesco naturalizzato francese, si arruolò nella Resistenza accanto a De Gaulle e fu catturato nel 1944 dalla Gestapo. Un’esperienza che gli fa scrivere che «quando qualcosa ci indigna come a me ha indignato il nazismo, allora diventiamo militanti, forti e impegnati». E che gli fa aggiungere, al telefono da Parigi, che «l’impulso di scrivere il libro è stata la sensazione che i valori ereditati dalla Resistenza siano ancora oggi indispensabili». Sono principi calati, dopo la guerra, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che Hessel contribuì nel 1948 a scrivere.
È indubbio insomma che la cosa più affascinante diIndignatevi! sia lui, l’autore, compresa la lunga carriera da ambasciatore. Girovagando per le macerie della guerra, il veterano della Francia libera decise che la vita «restituita» andava impegnata; appena vinse il concorso al ministero degli Esteri, il suo primo incarico fu all’Onu, altro baluardo del Novecento scaturito dall’ecatombe dei totalitarismi e degli egoismi nazionali. Un bisogno di democrazia talmente spasmodico da abbracciare il mondo intero. «Però quell’esperienza, assieme alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, è ancora oggi fondamentale, con i valori che simboleggia. Guardi alle cose che stanno accadendo in Nord Africa e in Medio Oriente, alla sete di democrazia che esprimono quei popoli. Dovremmo chiederci piuttosto quanto siano ancora presenti nelle nostre democrazie. Certo, sono valori vecchi, hanno più di 65 anni ma esprimono i bisogni fondamentali: la libertà di espressione, la libertà di stampa, la sicurezza sociale, il diritto alla pensione, alla scuola e all’educazione. Quanto sono ancora presenti nelle nostre democrazie?».
Una domanda apparentemente retorica ma che spegne un po’ il sorriso. E ne fa venire in mente un’altra, cui Hessel risponde senza esitazione: «Perché da noi i giovani non si ribellano e nei paesi affacciati sul Mediterraneo sì? Perché lì ci sono o c’erano tiranni come Mubarak, Ben Ali e Gheddafi». Tra l’altro, aggiunge, «l’intervento in Libia per cacciare Gheddafi è tra le rare cose che ho apprezzato di Sarkozy. Il neocolonialismo, secondo me, non c’entra». Semplice. E poi, «certo, in Italia avete un presidente del Consiglio che non è molto accettabile ma non è certo un tiranno». Troppo semplice. «E inoltre c’è un problema che riguarda indubbiamente il modo in cui siamo governati. Siamo governati da decenni dalla finanza, da gente che pensa solo ai profitti erodendo diritti e certezze sociali a milioni di persone. L’insoddisfazione è enorme ma siamo ingannati dalla “felicità relativa”». Un concetto che Hessel approfondirà nel suo prossimo libro, Engagezvous! (Impegnatevi! ), «in cui spiegherò un po’ più estesamente cosa avevo in mente prima di Indignatevi! Tanto è vero che in realtà l’ho scritto prima».
Quello che Hessel sa bene e che lo rende anche orgoglioso è che la sua lunga storia comincia addirittura prima della nascita. Suo padre, l’ebreo tedesco Franz, aveva ispirato il personaggio di Jules nel romanzo autobiografico di Henri-Pierre RochéJules et Jim , da cui il celebre film di Truffaut. Sua madre, la scrittrice Helene Grund, ispirò la Kathe del libro, interpretata sullo schermo da Jeanne Moreau. Di lei Hessel amava soprattutto «l’incrollabile convinzione che sia fondamentale spargere la felicità attorno a sé». Stéphane Hessel crebbe in questo clima, nella Parigi delle avanguardie francesi del primo Novecento. Lo stesso Roché, ossia Jim, la terza punta del triangolo, descrisse quel clima così: «Se potessi descrivere fino in fondo un solo momento di questa vita a tre, scriverei un capolavoro immortale». Per il piccolo Stéphane, un esordio niente male.

La Stampa 17.04.11