attualità, memoria, politica italiana

"La diserzione del 2 agosto" di Vittorio Emiliani

Non è ancora certo se il presidente Berlusconi si presenterà alla Camera – come chiedono le opposizioni – per parlare della crisi angosciosa in cui siamo impantanati e per la quale una trentina di sigle imprenditoriali e sindacali reclamano una politica vera. Sarebbe grave se non ci andasse.
È gravissimo però che abbia già deciso di non inviare alcun rappresentante del governo alla commemorazione del 31° anniversario della strage fascista alla stazione ferroviaria di Bologna.
Tre giorni fa, la neo-ministro dei Rapporti con l’Europa, la bolognese Anna Maria Bernini, ha annunciato la latitanza, per il secondo anno, dell’esecutivo. Con parole che sanno di compitino: la cerimonia è stata negli anni scorsi «palcoscenico di insulti molto politici e poco commemorativi», «momento più che di riflessione comune, di propaganda di parte» e via banalizzando.
In realtà Berlusconi ha ormai paura di tutto. Paura di esporsi al dibattito parlamentare dove pone sempre e comunque la fiducia. Paura di comparire sulle piazze. Paura di sostituire Tremonti, che pure gli è sgradito e ingombrante. Paura della democrazia che è confronto, ma anche conflitto. Lo stesso comportamento tengono i suoi, come il sindaco di Parma barricato nel palazzo pacificamente assediato dai cittadini.
In Spagna il governo Zapatero, il Psoe, pur nel vento della crisi, va al voto anticipato per ottenere una verifica chiara: o maggioranza o minoranza. Da noi Berlusconi pretende di navigare a vista con un governicchio sostenuto da voti ottenuti con posti e prebende, il cui ministro più importante, quello dell’Economia, fa affermazioni inaudite sulla propria condizione di pedinato e di spiato. Tutto ciò mentre il braccio destro di Tremonti, un deputato del Pdl, rischia a settembre l’arresto e sono in corso inchieste allarmanti sulla nuova versione della P2 (evocata anche per la strage di Bologna).
Ma il ministro Bernini non sa nemmeno tacere. Non sa dire altro che la cerimonia del 2 agosto è stato «teatro privilegiato di inutile polemica politica». Per cui sarà il prefetto a rappresentare il governo Pdl, Lega e accoliti. A quella polemica di piazza non si sono mai sottratti i governi di centrosinistra, esponendosi alle contestazioni.
Che possono dispiacere, che non piacciono neppure ai parenti delle vittime. Ma che rientrano in un dissenso parte integrante della democrazia. Ha ragione il sindaco di Bologna, Virginio Merola, quando parla «di mancanza di rispetto per Bologna».
«Un atto di ritorsione e di fuga», lo definisce il presidente dell’Associazione familiari, Paolo Bolognesi. Fuga anche dal dovere elementare di dare risposte in merito alla totale inattuazione della legge 206 del 2004 che stabiliva provvidenze a favore delle vittime del terrorismo. Fuga dal dovere storico di esprimere – ed è l’aspetto più grave – una forte, convinta coesione civile di fronte allo stragismo nero che ha flagellato a lungo il nostro Paese, colpendo in modo tragico Bologna, i collegamenti ferroviari sull’Appennino, e mai fiaccando tuttavia la resistenza popolare.
Impossibile dimenticare quel 2 agosto, quell’orologio fermo all’ora della bomba, in una stazione dove siamo tutti passati tante volte, dove a me capitava di dover lavorare, fra un treno e l’altro, vicino alla sala d’aspetto sventrata. Berlusconi ci ripensi, o almeno uno dei suoi ministri trovi in extremis il coraggio di presentarsi a Bologna. Sarebbe semplicemente un atto di civiltà.

da L’Unità

******

“Bologna, governo assente. Altro affronto ai familiari”, di Giulia Gentile

Anche quest’anno nessuna risposta. In occasione del trentennale dalla strage alla stazione di Bologna, il 2 agosto 2010, il governo Berlusconi scelse di non inviare alcun ministro. E anche domani, sotto le due Torri non arriverà nessuno da Roma. Né alla cerimonia in Comune, tradizionalmente riservata all’incontro fra le istituzioni e i famigliari delle 85 vittime e degli oltre 200 feriti. Nè, tantomeno, sul palco di piazzale Medaglie d’oro davanti alla stazione. Perché lì, come già l’anno scorso e proprio per evitare gli ormai classici fischi di piazza, non ci sarà nessuno a portare la solidarietà del governo ad una città straziata. E così, anche domani sotto
le due Torri non arriverà nessuno da Roma. Né alla cerimonia in Comune, tradizionalmente riservata all’incontro fra le istituzioni e i famigliari delle 85 vittime e degli oltre200 feriti. Nè, tantomeno, sul palco di piazzale Medaglie d’oro davanti alla stazione. Perché lì, come già l’anno scorso e proprio per evitare gli ormai classici fischi di piazza,non ci sarà nessuno a portare la solidarietà del governo ad una città straziata. E così, anche domani a rappresentare ufficialmente l’esecutivo ci sarà il prefetto cittadino Angelo Tranfaglia. «Avevamo creato tutte le condizioni per far sì che il rappresentante del governo non avesse problemi a parlare – attacca il presidente dell’associazione famigliari delle vittime, Paolo Bolognesi -. Il tutto per poterci finalmente concentrare sulle questioni importanti: abolizione del segreto di Stato, ricerca della completa verità sui mandanti, insufficiente applicazione della legge 206 sui benefici per chi è stato colpito daunattentato terroristico. Invece nulla, segno del fatto che si tratta di una ritorsione contro di noi».
per la strage nel 1995 la Cassazione ha condannato in via definitiva gli ex terroristi neri dei Nuclei armati rivoluzionari Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. E, dodici anni dopo, Luigi Ciavardini, ancora minorenne nel 1980. Furono loro, per i giudici, a sistemare la miscela di tritolo e T4 nella sala d’attesa della stazione. Ma per l’associazione che da 31 anni tiene viva la memoria e la ricerca di verità sull’attentato, c’è ancora molto da fare per completare il quadro. Invece, anche domani il governo riuscirà a dribblare le domande dei famigliari.
Forse, sottolinea ancora Bolognesi con amara ironia, «perché nella strage alla stazione è implicata anche la loggia massonica P2, a cui il presidente Berlusconi era iscritto. Non vogliono incontrarci? Nel mio discorso in piazza avranno quello che si meritano». Proprio sui temi ancora aperti, negli anni si era sempre scaldato l’umore della piazza. Ma già in occasione del trentennale la cerimonia era scivolata via nella più totale compostezza dei partecipanti.
Ieri intanto in città sono già iniziati gli appuntamenti in memoria della strage, con l’inaugurazione nel parco di villa Toschi di un monumento in ricordo dei sette bimbi morti. E domani, ad accompagnare il corteo silenzioso da piazza Maggiore alla stazione, ci saranno anche 85 bambini di Marzabotto, comune sull’Appennino bolognese straziato nell’autunno del ’44 dalla strage nazifascista costata 775 vite. Un modo per collegare vecchie e nuove generazioni, vecchie e nuove violenze, con un unico filo rosso sangue. Ma ciò che più brucia, per l’associazione famigliari, sono le promesse mai mantenute.
«Dire, come ha fatto Berlusconi nel giorno della Memoria per le vittime del terrorismo, che sarebbero stati aperti documenti e armadi sulle stragi e poi scoprire che dopo mesi nulla di ciò è avvenuto, è una presa in giro. Tanto più grave se consideriamo che si sta parlando alle vittime di tutte le stragi e non solo di quella del 2 agosto ’80». Almeno sotto le due Torri, conferma la Procura di Bologna,nonè arrivato nessun documento, nonostante una prima presa di contatto con Roma. Intanto, a breve il pm Enrico Cieri chiuderà l’inchiesta “bis” sulle piste alternative per gli esecutori della strage. Indagine al momento priva di colpi di scena, e nata dagli incartamenti prodotti dalla Commissione parlamentare Mitrokhin. Ma soprattutto, dopo la chiusura di quell’inchiesta la Procura dovrebbe iniziare a lavorare sulla nuova memoria prodotta, nei mesi scorsi, dall’associazione dei famigliari.
Documento nelle cui conclusioni si chiede l’acquisizione di atti contenuti in processi celebrati tra Milano, Brescia e Palermo, a caccia dei mandanti della bomba. Scampoli di verità che potrebbero trasformarsi in nuovi elementi d’accusa.

da L’Unità