attualità, politica italiana

"Chi non ama l'Italia", di Vittorio Emiliani

Se non fosse che Berlusconi è, disgraziatamente per l’Italia, da tempo a capo del governo (sempre più inetto a governare) sembrerebbe di assistere ad una sboccata commedia dell’arte o ad una recita grottesca in cui – come dice un personaggio dell’«Opera da tre soldi» di Brecht – «prima la trippa vien, poi la virtù» Qualcuno, a destra, proverà ad esultare perché di “estorsione” viene accusato chi lo ricattava, e beccava soldi, cioè il faccendiere Giampaolo Tarantini e consorte. Sul piano della moralità pubblica, della credibilità politica, invece, la posizione del premier si fa ancor più pesante e squalificata. Non per il fatto (in sé patetico) che un “dongiovanni” ormai settantacinquenne si faccia portare nel suo regale palazzo “escort” variamente reclutate salvo poi assopirsi in circostanze anche ufficiali in modo ridicolo e imbarazzante. Ma per il fatto che questi e altri traffici, di palazzo in palazzo, di villa in villa, lo abbiano reso ricattabile da personaggi quali i Tarantini e i Lavitola. Che si telefonano per dirsi: «Dobbiamo tenere sulla corda il presidente Berlusconi fino a metterlo con le spalle al muro». E via con espressioni come «metterlo in ginocchio», «andargli addosso», «tenerlo sotto pressione». Che, se Berlusconi fosse ancora soltanto (un sogno ricorrente per molti di noi) il padrone del gruppo Fininvest e basta, sarebbero rilevanti unicamente per i suoi familiari, sodali e azionisti. Sciaguratamente lo sono per l’Italia intera, per la nostra governabilità ormai ridotta a pezzi, per la nostra attendibilità politica presso i partner europei, atlantici, mondiali. Del resto, era tutto già scritto quando Berlusconi si comportava da giullare del G8 facendo le corna nella foto ufficiale, giocando a «cucù» con la stupefatta Merkel, chiamando ad alta voce Obama alla presenza della regina Elisabetta, citando il «bunga-bunga» come un comico da avanspettacolo e sostenendo che, lui, Ruby, le ospiti fisse dell’Olgettina e le altre, le aiutava perché ha un’indole molto generosa. «Le buffonate di Berlusconi hanno soltanto danneggiato l’Italia»,
ha scritto il “Financial Times” facendo eco all’”Economist” che da parecchi anni lo chiama “The Jester”, il giullare, il buffone. E parlo di due delle testate economiche più serie del mondo.
Nella nostra lunga vita di cronisti politici abbiamo assistito a tante crisi economiche, a tante manovre finanziarie. Mai però ad una giostra impazzita come quella in corso, coi provvedimenti cambiati di ora in ora, scontentando tutti, senza che, alla fine, i conti tornino e si profili un minimo di luce nel buio tunnel nel quale il governo Berlusconi-Bossi ci ha cacciati. E lui, il premier, o non partecipa (per furberia? per impotenza?), oppure si mostra sempre più stanco, terreo, ingrugnato. Il fantasma del Berlusconi pimpante e vanaglorioso di poco tempo fa. Uno sconfitto che ancora pretende di governare. E non governa niente lasciando il Paese allo sbando dopo averlo coperto di ridicolo. Ma, del resto, quale persona minimamente seria intratterrebbe rapporti addirittura confidenziali con personaggi come quel Valter Lavitola che lo accompagnò durante la visita in Brasile e procurò il famoso, compiacente documento contro Gianfranco Fini presso il governo di Santa Lucia?
Lavitola è stato rintracciato il 13 luglio – secondo l’ultima intercettazione – su di una utenza telefonica di Panama, paese dove la trasparenza non è la prima virtù cardinale. Nella telefonata all’amico, il premier usa il più trucido dei linguaggi: «Io tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei…vado via da questo paese di merda…». Questo volevamo sentire: se ne vada, Cavaliere, lasci subito la poltrona di capo del governo, esca (per sempre) da Palazzo Chigi, vada ad Arcore, a Villa Certosa, magari nel villone di Antigua, dove potrà farsi portare tutte le ragazze che vuole, finché la salute, la buona stella e la chimica l’assisteranno. Felici per lei, tireremo un sospiro di sollievo. Finalmente liberi. Finalmente governati da qualcuno che pensa anzitutto al Paese, all’Italia, mai tanto offesa e ridicolizzata. Ce ne vorrà per risalire. Ce ne vorrà. Ma, senza di lei, certamente ce la faremo.

L’Unità 02.08.11

******

“DA NOEMI A RUBy FINO ALLE ESCORT SILVIO SOTTO SCACCO”, di Claudia Fusani

Finora è stata un’ipotesi. Adesso è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare con cui il gip Amelia Primavera ha mandato in carcere Giampy Tarantini, imprenditore della sanità barese e, a tempo perso, procacciatore di femmine per Berlusconi, la moglie Angela Devenuto e il giornalista Valter Lavitola, uomo di business in Centro
e Sud America e, anche lui, organizzatore di party speciali per il premier: memorabile, si narra, quello in Brasile. Cronaca di un anno fa, più o meno. Adesso, appunto, tutti questi signori sono accusati di aver estorto a Berlusconi mezzo milione di euro in cambio della promessa di evitare spiacevoli dettagli durante i processi per spaccio di stupefacenti e corruzione in cui è coinvolto Tarantini. L’ipotesi secondo cui il nostro presidente del Consiglio sia un uomo debole con molti segreti come minimo sconvenienti rispetto al ruolo e sia quindi ricattabile diventa un fatto scritto nero su bianco su un atto giudiziario.
Con l’aggravante che la parte lesa, il premier, nonostante l’alta carica istituzionale ha preferito cedere al
ricatto e versare i soldi richiesti anziché andare al primo commissariato e denunciare chi osava metterlo sulla graticola. Se partiamo da qua, da quello che scrive il gip Primavera, è come se gli ultimi due anni delle nostra vita politica trovassero improvvisamente la chiave di lettura. Fin dall’aprile 2009, dalla festa di Casoria in onore del diciottesimo compleanno di Noemi Letizia. Da allora gli indizi e le prove della ricattabilità del premier si sono susseguiti a ritmo vertiginoso. Se la passione di Silvio per Noemi fu celata in modo goffo e mai esaustivo –
«sono amico del padre», «la aiuto negli studi» – fino al versamento di ventimila euro alla madre della ragazza trovato indagando sui giri di danaro per le notti di Arcore, quant’è accaduto dopo è stato via via sempre più difficile da nascondere. La cifra per pagare certi silenzi può essere solo immaginata pur con buona dovizia di indizi. Ai voli di Stato usati per portare a villa Certosa in Sardegna le amiche ballerine hanno provveduto gli amici della P3 che sono intervenuti per far chiudere quell’indagine del Tribunale dei ministri. Patrizia D’Addario, la prima testimone documentale (luglio 2009) delle notti a palazzo Grazioli, è stata “massacrata” e fatta passare per pazza, anche lei strumento di un eventuale ricatto. Tarantini, che la escort barese aveva ingaggiato insieme con altre fanciulle da mille duemila euro a notte, scopriamo ora che ha quantificato in mezzo milione e spiccioli il prezzo del suo silenzio in processi dove avrebbe potuto rivelare imbarazzanti retroscena.
C’è poi tutto il capitolo, assai oneroso per le tasche del premier, degli amici e delle amiche delle cene a Arcore. Cosa può sapere e raccontare Lele Mora, che di quelle feste è stato l’organizzatore e reclutatore, in carcere da luglio per bancarotta? Tra le agende sequestrate alla giovane Ruby, erano indicate varie cifre. Gli investigatori hanno dato peso, soprattutto, ai «quattro milioni da ricevere» appuntati nel settembre-ottobre
2010 quando l’inchiesta non era ancora pubblica ma Ruby era già stata sentita più volte dai magistrati ed era chiaro che sarebbe venuto fuori il «bordello» che ha fatto diventare Berlusconi imputato per concussione e prostituzione minorile. Ruby è parte offesa ma non si è costituita parte civile. E come lei molte altre ragazze, tranne due. Tutto questo ha un prezzo? Quando il 3 ottobre cominceranno a sfilare i testimoni in aula a Milano, qualcosa verrà fuori.

L’Unità 02.09.11