attualità, politica italiana

"L´arte della fuga", di Concita De Gregorio

Non può ricevere i PM a Palazzo Chigi, perché deve andare a Strasburgo. È stata una ricerca frenetica, venerdì sera, a Palazzo Grazioli: tutti lì a cercare fra la posta già buttata le mail cancellate gli inviti nemmeno aperti. Ci sarà pure un invito istituzionale, no? Trovatelo, guardate anche nel cestino. Eccolo presidente, ci sarebbero Barroso e Van Rompuy disponibili. Chi? Van Rompuy, il presidente del Consiglio europeo. Va bene, funziona. Prendete appuntamento con questo. Preparatemi una scheda personale. “Van Rompuy, fiammingo, cultore di poesia ed esperto di Haiku giapponesi, amante dell´ornitologia, nel tempo libero solito ritirarsi in preghiera in un´abbazia benedettina”. Sarebbe bello assistere al colloquio riservato, sì. Caldamente sconsigliate battute ornitologiche. Meglio, nel caso, la zia suora.
Meglio improvvisare un haiku piuttosto che spiegare ai due magistrati napoletani perché tiene a libro paga due ceffi del calibro di Lavitola e Tarantini. Parte offesa, certo. In questo caso Silvio B. è la vittima: ricattato, si suppone. Ma la figura del ricattato in giurisprudenza, glielo avrà spiegato Ghedini, è diversa da quella del concusso. È una tipologia precisa e di confine. Un ricatto si esercita su qualcuno che sa di essere ricattabile: si chiede a chi si sa che dovrà dare, per qualche motivo noto ad entrambi. Infatti il ricattato dà: paga. In caso contrario, se non ha niente da temere, denuncia il tentativo e fa arrestare i malfattori proclamando la sua estraneità al motivo del ricatto. Questo non è avvenuto, assolutamente no. Al contrario: i due stipendiati avevano con lui un filo diretto, accesso continuo al suo numero di telefono privato del resto in possesso di moltitudini di transessuali brasiliane e giovani bisognose di aiuto di varie nazionalità. Al contrario, all´impressionante direttore dell´Avanti! già visto in azione nel reperimento di carte sul conto di Fini e assai spesso in viaggio di lavoro per conto della vittima del ricatto medesimo, ha detto proprio al telefono: “Resta dove sei”. Non tornare in Italia, ti stanno per arrestare, non hai letto Panorama? Te lo dico io: resta lì, lontano da questo “Paese di merda”.
Il telefono, che dannazione. Si convochi subito una riunione a Palazzo per scrivere questa maledetta legge bavaglio. Presto, Verdini. Presto Lupi, Alfano, che vi ho nominati a fare? Vogliamo smetterla di leggere sui giornali quel che dico? Sono due anni che ve lo chiedo, e allora? Perché vedete, se uno è parte lesa – vittima di un ricatto, appunto – non rischia nulla in teoria ma c´è sempre la possibilità che cada in contraddizione durante il racconto, che so?, che non sappia spiegare bene perché Marinella dava i soldi a quel tipo o perché gli ha detto di non tornare, appunto, se era vittima di un sopruso. E allora, in flagranza di reato, ti arrestano. Scoprono che menti, e non ci sono immunità che tengano. E´ automatico, proprio. Meglio non rischiare. Meglio gli uccelli di Van Rompuy.
Sarebbe grottesco, tutto questo, se non fosse tragico. Tragica l´indifferenza degli italiani cullati nel sonno dagli editoriali del Tg1 per cui l´arte della fuga si declina solo in musica, altrimenti è una parola tabù. Silvio B. è un uomo in fuga, invece. L´Italia ha un presidente del consiglio che molto probabilmente un giorno sparirà. Se falliranno scudi, legittimi impedimenti, lasciapassare concordati con le opposizioni – sottovoce da tempo se ne parla – un giorno fuggirà. Il referendum di maggio è stato un segnale ignorato. C´è una parte del Paese che lo sa. Come diciamo da tempo, oltre e prima che politico il danno devastante di questo esempio di condotta è culturale. Noi qui a convincere i nostri figli che la decisione dei professori non si discute, che se in greco o in disegno ti bocciano non si fa ricorso ma si studia di più, che se ti fanno la multa perché hai parcheggiato in terza fila la devi pagare, che le regole si rispettano, che non si salta la coda con un trucco e non importa se gli altri lo fanno. Che le decisioni delle autorità si rispettano. Un lavoro di resistenza improbo, nel mondo dei Lavitola. Facciamolo per i nostri figli, per il tempo che verrà: resterà traccia, sappiatelo, di chi ha detto di no. Mandiamo una mail a Van Rompuy, che a Berlusconi martedì una domanda la faccia anche lui: what about Tarantini, mr. president?

La Repubblica 11.09.11

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“Da vittima a imputato per corruzione il premier teme un nuovo processo Mills”, di Liana Milella

È giudiziariamente stretto il crinale su cui si muove Berlusconi. Un passo, una svista, un minimo errore e… oplà, dall´estorsione si precipita nella corruzione di un testimone. Il premier nelle vesti di chi dà i soldi al imprenditore barese Tarantini per garantirsi una versione favorevole sulla vicenda delle escort. Estate 2008, notti calde a Roma e in Sardegna. Una versione in cui risulti che solo lui, il medesimo Tarantini, pagava le donne, mentre il capo del governo non ci ha messo una lira. Pensava, questo finora ha raccontato Tarantini ed è scritto nei verbali di Bari, che le ragazze erano «amiche sue» e non escort di professione. Versione preziosa, un salvavita per il Cavaliere. Se Tarantini cambiasse versione e dicesse che Berlusconi sapeva tutto e ha pagato, si aprirebbero subito due porte: quella dell´incriminazione per favoreggiamento della prostituzione e quella delle dimissioni da palazzo Chigi.
È con il fantasma del caso Mills, dell´avvocato londinese David Mills per cui il premier è accusato di corruzione, che il Cavaliere si sveglia e va a dormire in questi giorni. E sta qui la ragione, tutta giudiziaria e non politica, che ha spinto i suoi consiglieri giuridici a metterlo in guardia e a guidarlo verso il rinvio dell´interrogatorio di martedì. Nel quale, lui da solo di fronte ai pm senza i fidi Ghedini e Longo, sarebbe bastata mezza parola in più per precipitarsi in un nuovo caso Mills. Dal quale, merita ricordarlo, il presidente del Consiglio non è ancora uscito. Anzi, cerca viuzze legislative, tipo processo lungo, per bloccare una possibile condanna per corruzione. La stessa subita da Mills, ben quattro anni e sei mesi.
S´innesta in questa paura – l´estorsione che può diventare corruzione – la decisione, pure questa “made in Ghedini”, di addossare alla procura di Napoli e di conseguenza denunciare la fuga di notizie sull´inchiesta Lavitola-Tarantini, attraverso un´interpellanza urgente firmata da Costa e Contento, ma anche dal vice capogruppo Pdl Baldelli. Quindi espressione dei vertici Pdl a Montecitorio. Attenzione, perché lo snodo è delicato. Dicono ottime fonti Pdl: «Berlusconi è vittima di un´estorsione, ma la procura fa uscire carte che lo presentano e lo sputtanano come colpevole». Colpevole di che? Giust´appunto di una possibile corruzione. Ecco i verbali della fedele segretaria Marinella Brambilla, interrogata senza avvocato e senza aver ottenuto copia del suo verbale, sui versamenti di denaro a Lavitola. Tanti soldi, sempre cash, con un´evidente violazione delle regole sul contante. Ecco interrogare Tarantini e farci cader dentro una risposta di un precedente interrogatorio dell´avvocato Perroni, dal quale risulta che Berlusconi gli ha imposto di difendere l´imprenditore barese che gli procurava le escort. Stesso avvocato, stessa versione. O comunque controllo sulla versione possibile. Ecco la telefonata del 24 luglio con Lavitola, scoperta dall´Espresso, in cui gli si dice di non tornare in Italia.
Tutte carte che possono generare domande assai imbarazzanti per Berlusconi. Del tipo. Perché procurava e pagava un avvocato, il suo stesso avvocato, per Tarantini. Era, o non era un modo per avere la certezza che il manager della sanità pugliese finito in carcere per un anno, non lo avrebbe mai tradito. E ancora. Tanti, troppi soldi. A quale scopo? Estorsione o corruzione? Tutto propende per la seconda ipotesi, soprattutto a sentire quanto rivela Tarantini. Quando, come se nulla fosse, nell´ultimo interrogatorio, rivela ai pm una frase del Cavaliere: «Io sono dispiaciuto, comprendo che la tua situazione è avvenuta per cause indirette, per cause mie, perché sono coinvolto con te». Proprio così, «coinvolto con te». In che cosa gli avrebbero chiesto i pm. E allora meglio rinviare.

La Repubblica 11.09.11

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“Berlusconi fugge all’estero ed evita audizione coi pm”, di Claudia Fusani

Dicono che è una questione di «slot temporale». S’è aperta all’improvviso «questa finestra utile» martedì mattina per incontrare il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy e nel pomeriggio il Commissario europeo Manuel Barroso entrambi poi subito in partenza per impegni internazionali uno dei quali in Sudafrica. Un incontro «indifferibile» perchè tanto Barroso che Van Rompuy si sono «esposti personalmente sulla manovra economica del governo italiano ed è necessario non solo ringraziarli ma andare a riferirne contenuti e modalità. Onorarne l’impegno».

E insomma, tra palazzo Chigi e palazzo Grazioli è tutto un correre e un darsi da fare per trovare le parole giuste per spiegare l’ennesima fuga del premier dai pm. Parole giuste e anche un po’ pompose tra le quali è difficile cogliere la motivazione reale di questo improvviso viaggio a Bruxelles e poi a Stasburgo se non la necessità di evitare l’interrogatorio con i pm di Napoli sul caso Lavitola-Tarantini, estorsione subìta e filoni conseguenti come quello della fuga di notizie con la telefonata a Lavitola in cui il premier lo consiglia di «restare pure lì dov’è», cioè all’estero evitando l’arresto.

Il rinvio per legittimo impedimento s’era fatto strada già venerdì quando il premier, dopo l’ennesima lettura di telefonate intercettate – indiscrezioni dicono abbia già potuto dare un’occhiata al famoso e bollente dossier barese sul giro di escort – ha detto basta. Ha preteso che il ministro Guardasigilli Francesco Nitto Palma prendesse in esame l’ipotesi di spedire gli ispettori a Napoli («un atto dovuto« davanti all’interpellanza dei deputati Pdl Costa e Contento). E che si trovasse il modo di rinviare l’interrogatorio di martedì. In cui il premier è convocato come persona informata sui fatti ma è assai probabile che ne possa uscire indagato.

Jolly Bruxelles
E così è stato calato il jolly Bruxelles. «Barroso e van Rompuy – si spiega a palazzo Chigi – si sono esposti personalmente sulla manovra italiana, il loro sì è arrivato già la notte in cui il testo è stato approvato al Senato. Sembra corretto, oltre che doveroso, incontrarli, spiegare il dettaglio e ringraziare e discutere su quello che deve essere ancora fatto». Il premier esclude correttivi alla manovra («non ce n’è bisogno» ha detto a Vespa che lo ha intervistato per lo speciale di Porta a Porta sull’11 settembre). E però non c’è dubbio che le dimissioni traumatiche di Juergen Stark dal direttorio della Bce (un falco la cui assenza dovrebbe solo tranquillizzare l’Italia), il venerdì nero sui mercati e le aste di Bot e Cct delle prossime settimane sono temi su cui il premier deve potersi confrontare con i vertici della Ue. Certo, colpisce che un incontro così decisivo da un punto di vista diplomatico e dei contenuti avvenga in assenza del ministro dell’Economia Giulio Tremonti. «Il ministro sarà in aula a Montecitorio per la manovra. Si dividono i compiti» rimbalza dal ministero di via XX Settembre. Berlusconi ieri, sabato estivo di settembre, è stato tutto il giorno a palazzo Grazioli in compagnia dell’instancabile e ormai inseparabile Ghedini. Hanno molto su cui discutere, i due. E parecchio da leggere. Carte, verbali, intercettazioni, Napoli, Bari e la grana più grossa, il processo Ruby, che riprende a Milano il 3 ottobre e dove ogni tanto spuntano giovani donne con bunga bunga da raccontare. Questa volta la preoccupazione è per Catarina, la ragazza del Montenegro che «praticamente viveva ad Arcore» e una sera è stata male. Presenti Faggioli, Minetti e molti altri. Perchè è stata male la ragazza? Quale l’origine del malore?

«Una più, una meno…»
Problema dopo problema, Ghedini presidia i tanti fronti della trincea giudiziaria come può. Ieri mattina ha parlato con il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore per spiegare i motivi del legittimo impedimento. La procura non ha, ovviamente, battuto ciglio, e domani sarà fissato un nuovo appuntamento. Non si esclude che la nuova data «possa cadere già nella settimana che viene». A palazzo Grazioli viene smontata ogni ricostruzione giornalistica che parla del leader solo, furibondo e ossessionato dalle paure. Il timore per le intercettazioni di Bari che potrebbero uscire in settimana? «Tanto, a questo punto, intercettazione più, intercettazione meno… l’hanno capito tutti che è una persecuzione. E il Presidente sta benissimo». Ieri sera è andato alla festa post matrimonio del ministro Brunetta. Un week end tranquillo prima delle barricate della prossima settimana: caso Milanese (voto in giunta per l’arresto), manovra con una nuova fiducia tra martedì e mercoledì, deposito degli atti a Bari, ogni giorno è buono a partire dal 15 settembre. Tra le tante volte che il premier è fuggito davanti ai pm, questa tutto sommato ha una forma di giustificazione. Ci immaginiamo un interrogatorio del premier a mercati aperti e a manovra ancora da approvare? Meglio evitare.

L’Unità 11.09.11