attualità, politica italiana

"Assalto indecente", di Pietro Spataro

Avere un premier come Berlusconi è ormai non più solo un motivo di imbarazzo ma un drammatico problema di sopravvivenza. In una situazione economica così fragile, mentre tutti si interrogano sul futuro del Paese, Piazza Affari continua a perdere e il differenziale con i Bund tedeschi si allarga pericolosamente, lui fugge dagli odiati pm e non trova di meglio che sferrare un attacco all’opposizione. «Rovina l’Italia», ha detto sbarcando a Bruxelles in attesa di quella manciata di minuti che Barroso, vanRompuye Buzek sono stati costretti a concedergli. Certo, non è la prima volta che Berlusconi utilizza un palcoscenico internazionale per screditare l’Italia. Non è nemmeno la prima volta che le sue performance creano sconcerto negli interlocutori più abituati alle normali regole della politica (per esempio: rispondere alle domande dei giornalisti, cosa che ieri si è rifiutato di fare). Ma oggi quel che ieri appariva ridicolo diventa drammatico. Un Paese sull’orlo del burrone non può permettersi un premier che è un pericolo per la sua stabilità. E che addirittura supplica l’Europa di imporre le scelte da fare (l’intervento sulle pensioni) dando così un colpo alla sovranità nazionale e all’autonomia politica del governo. È evidente, insomma, che l’irresponsabilità di chi deve guidare l’Italia in uno dei suoi momenti più difficili è ormai il problema numero uno. Nelle capitali del mondo non si parla d’altro. E quasi tutti i quotidiani internazionali lo sottolineano ogni giorno. Ieri il New York Times, per dire, ha descritto Berlusconi come un «imperatore libidinoso». Fosse solo questo. Il fatto più grave è che vent’anni di berlusconismo hanno sfiancato l’Italia, l’hanno resa più povera, impaurita, incerta nel presente e angosciata per il suo futuro. Hanno spezzato qualsiasi legame sociale e fomentato gli odi corporativi. Hanno indebolito la struttura produttiva, penalizzato i piccoli imprenditori, colpito il lavoro dipendente e impedito qualsiasi pur
piccola ventata di crescita. Siamo fermi, questo è il cuore del caso italiano. In questo disastrato panorama l’opposizione, che oggi viene accusata di essere antitaliana, è statasemmaiun elemento di tenuta che ha sorretto quel pur minimo livello di credibilità di cui ancora questo Paese gode all’estero. Che cosa sarebbe successo, infatti, se i leader dell’opposizione non avessero risposto con grande senso di responsabilità
all’appello di Napolitano e non avessero consentito di accelerare l’iter di una manovra che pure considerano iniqua e ingiusta? E come starebbe l’Italia se non avessero dichiarato di rispettare i saldi della manovra anche nel caso di una crisi di governo? E se non avessero accettato l’anticipo del pareggio di bilancio al 2013? E cosa sarebbe accaduto se i sindacati, compresa la Cgil della Camusso, non avessero firmato insieme alle altre parti sociali l’accordo del 28 giugno? E infine: che cosa sarebbe accaduto se lo sciopero della Cgil, con il suo carico di proposte alternative, non avesse dato rappresentanza alla protesta sociale che tocca tutte le categorie in ogni città del Paese? Questo è avvenuto in Italia negli ultimi due mesi. E mentre avveniva, il governo ha tentato in tutti i modi di spaccare e disfare la tela che altri tessevano faticosamente. Basti citare Sacconi, il «ministro della divisione», che ha tentato ostinatamente, anche con l’articolo 8, di mettere i sindacati uno contro l’altro, di isolare la Cgil, di separare Confindustria, piccoli imprenditori, cooperative e organizzazioni dei lavoratori mandando all’ aria l’accordo per la crescita che può essere un fattore di vitalità. Ma Berlusconi è stato, come al solito, il vero maestro nell’opera di destabilizzazione, ritagliandosi il ruolo del «grande distruttore»: contro l’opposizione, contro il Quirinale, contro i giudici, contro la Costituzione. E ieri, tra Bruxelles e Strasburgo, ha confermato questa sua attitudine. Così, mentre la maggioranza dell’opposizione votava contro le pregiudiziali di costituzionalità sulla manovra presentate da Di Pietro che avrebbero mandato all’aria il decreto e lasciato il Paese nudo nella bufera finanziaria, il Cavaliere sferrava il suo attacco indecente. È stata, alla fine, la dimostrazione plastica di dove sia il senso di responsabilità in questa Italia in grave pericolo. E di quale prezzo continui a pagare il Paese per la presenza di un premier che ormai è la causa principale del suo declino.

L’Unità 14.09.11

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“I vertici europei attoniti per lo show “I mercati scommettono sul default”, di a.d´a.

Il presidente della Commissione: fiducia ai minimi

STRASBURGO – «Barroso, Buzek e Van Rompuy lo guardavano in silenzio, lo ascoltavano, come dire, con grande attenzione». Il funzionario Ue che racconta la giornata di Silvio Berlusconi nelle stanze dell´Europa che conta deve far ricorso al suo gergo diplomatico. Ma poi sbotta: «Erano attoniti» di fronte alle uscite del Cavaliere. Storielle, ingiurie su opposizione e stampa, scaricabarile sugli alleati di governo. Con sé il premier – a garanzia della serietà degli incontri – porta il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli. Ma poi a parlare tocca a lui e alterna l´illustrazione della manovra al suo classico repertorio. «Fate come me che ho imparato dalla Thatcher, non leggete i giornali che raccontano solo falsità», esorta. «Perché in Italia – aggiunge – tranne il debito pubblico va tutto benissimo, se non avesssimo questa opposizione saremmo secondi solo alla Germania. Pensate che io ho passato intere notti insonni per scrivere una manovra che poi tutti dipingono così male. Ma opposizione e stampa da noi sono antidemocratiche».
Berlusconi prende tempo, parla a ruota libera, deve coprire tutta la giornata per dimostrare che il suo viaggio a Bruxelles e Strasburgo era proprio necessario. Ma viene accolto con freddezza. Barroso con lui è fermo, apprezza la manovra ma è duro nel dire che «dovete andare avanti con il risanamento». Poi chiede se ci saranno riforme per la crescita e il premier risponde che sì, ci sarà la riforma fiscale, quella dello Stato e della giustizia. Barroso lo guarda e dice: «Della giustizia?». Berlusconi per convincerlo attacca i giudici, racconta la sua «persecuzione giudiziaria». Il presidente della Commissione europea lo ferma, batte ancora sulla necessità di fare di più per la crescita, un concetto al quale tiene tanto che in separata sede il suo vicepresidente, Antonio Tajani, consegna al premier un dossier con le ricette Ue per spingere il Pil sponsorizzate presso tutte le capitali. Berlusconi si giustifica dicendo che certo, «se io avessi il 51% in Parlamento potrei fare molto meglio, ma dovendo fare alleanze è sempre difficile governare».
Il punto cruciale della bilaterale è quando Barroso insiste sulla necessità di proteggersi sul mercato dei Credit default swap (Cds). Dice che «la fiducia sull´Italia è ai minimi storici, siete l´ottavo peggior Pese del mondo, investono sul fatto che il governo non funziona, che andrete in default e questo ci preoccupa molto». Questi, aggiunge Barroso, «sono mercati in cui l´informazione è tutto». Berlusconi gli sale sulla voce dicendo che la stampa è contro di lui e mente, ma l´ex premier portoghese lo blocca ancora: «In economia l´informazione è più complessa, è fatta sulla coerenza dell´azione di un governo». «Capisco», abbozza Berlusconi.
Quella del Cavaliere è una giornata difficile, blindata. E così la delegazione italiana fa miracoli per evitare incontri sgraditi. A Bruxelles è facile dribblare il sit-in di protesta per la presenza del premier. A Strasburgo è più difficile. E così Berlusconi dopo il bilaterale con Barroso per raggiungere l´ufficio di Buzek preferisce salire in macchina e andarci scortato dalla polizia francese. Troppo rischioso percorrere i corridoi e la passarella che congiunge i due palazzoni dell´Europarlamento, troppe le possibilità di incontrare deputati, funzionari o cronisti a piede libero che potrebbero mettere in imbarazzo il Cavaliere.
D´altra parte il clima che lo attende lo conoscono tutti nella delegazione italiana. Non solo le polemiche perché «è qui per salvare sé stesso, non l´Italia» (copyright del leader verde Daniel Cohn-Bendit), ma anche perché monta la polemica per le presunte intercettazioni nelle quali il premier italiano parla (in modo poco lusinghiero) di Angela Merkel con Gianpaolo Tarantini, l´uomo delle escort a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa. I tedeschi sono in subbuglio, nello stesso Ppe (la famiglia politica del Pdl) sale la protesta con le donne della Cdu (il partito della Cancelliera) inviperite. Tanto che Mario Mauro, capogruppo del Pdl che è statp alle riunioni con lui, si prodiga a gettare acqua sul fuoco per evitare incidenti. Ma a fine trasferta Berlusconi è contento, ha anche ottenuto il plauso di rito da Barroso e Van Rompuy. E così congedandosi da un gruppo di eurodeputate del Pdl si lascia andare: «Dopo questa giornata sono sollevato, mi sento molto meglio».

da la Repubblica