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Bersani: «Il governo non arriverà al 2013 Il partito del nord è il Pd», di Gigi Marcucci

Altri dueanni di Berlusconi? Nessuno se lo può permettere. Non può l’opposizione e sarebbe letale per il Paese. Fino al 2013 con questo governo «sarebbe un disastro», taglia corto Pier Luigi Bersani. «Non ci si arriva» anche perché «tutte le volte che Berlusconi dice che intende rimanere fino alla fine del mandato «lo spread sale». Poi il segretario del Pd cita De Andrè, la “Domenica delle salme”, e tenta di rianimare «le voci potenti» che sin qui hanno taciuto o emesso flebili obiezioni. «Non è solo di Berlusconi la responsabilità». Un ri- ferimento a forze sociali, borghesia e grandi quotidiani perché battano un colpo e si eviti di avvicinarsi ulteriormente al baratro. Da Bologna, intervistato alla Festa dell’Unità dal direttore Claudio Sardo, Bersani conferma che il quadro nazionale è plumbeo, come il cielo nuvoloso che ieri, per la prima volta, ha rotto la lunga estate dei crolli in borsa e degli spread alle stelle, dei Lavitola e dei Tarantini. Sui giornali tedeschi sono uscite le dichiarazioni irriferibili che Berlusconi avrebbe fatto sulla cancelliera tedesca Angela Merkel, ricorda il segretario. «I tedeschi – osserva – si aspettavano una smentita radicale che però non è arrivata». E così la credibilità del Paese va a picco. Tanto che Berlusconi non può nemmeno presentarsi all’Onu, dove si discute tra l’altro di Palestina e Libia, cioè della parte del pianeta appena fuori dalla porta di casa : «Adesso trova più imbarazzante quel tribunale di quello di Milano». È una Festa da un milione di ingressi in poco meno di un mese quella a cui il leader del Pd racconta di un Paese che non ce la fa più, dove Berlusconi «ha inchiodato il Pdl e il
Pdl sta inchiodando le istituzioni». Un’Italia simile a un treno senza guidatore, sconvolta da una crisi finanziaria senza precedenti. Un orizzonte che spinge guardare oltre frontiera, a cercare legami sempre più solidi coi progressisti europei e a pigiare sull’acceleratore del Nuovo Ulivo ipotizzato a Vasto, condividendo un palco con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro. «Qui non siamod i fronte a un passaggio qualunque», dice Bersani, ricordando che la prossima legislatura dovrà necessariamente avere una valenza costituente. «Il punto è dire cosa vogliamo noi, non chiedere se gli altri vengono o non vengono», detta il segretario. E ricorda l’esperienza delle ultime elezioni amministrative («Ormai il partito del Nord siamo noi», manda a dire alla Lega): «Dove sono venuti con noi abbiamo vinto, dove non sono venuti, ai ballottaggi gli elettori hanno scelto noi». Insomma pochi patemi per eventuali dinieghi centristi e nessuna nostalgia per il terzismo di «quelli che si dà una botta a destra e una a sinistra e così, biblicamente, si aprono le acque, passi dall’altra parte e sei anche asciutto». «Abbiamo già dato», scandisce Bersani. Ma subito ribadisce che la voce del Pd deve arrivare «all’area popolare e ai ceti medi traditi da Berlusconi». Meglio non scherzare con una situazione in cui non è solo un premier«a tempo perso» a perdere consensi. C’è una crisi di fiducia che ormai lambisce tutte le istituzioni, spiega il segretario. «Crozza mi chiedeva cosa intendo dire con la frase “Quando piove, piove per tutti”. Intendevo dire proprio questo». Inevitabile il passaggio sulla «dolorosa» vicenda Penati, la tempesta che da Sesto soffia sul Pd. «Dolorosa perché su queste cose noi abbiamo un elettorato ipersensibile», attacca il segretario. Ricor- da che la diversità del partito non è cromosomica ma politica, insiste tra l’altro sul fatto che il Pd è l’unico partito a far certificare i propri bilanci. «Qualcuno ci scherza sopra – dice – anziché chiedere che tutti gli altri partiti facciano la stessa cosa». Già, i partiti. «In Italia siamo gli unici a chiamarci partito», dice Bersani, aggiungendo che in Europa e nel mondo quel nome non ispira tanta soggezione ed è adottato da tutte le organizzazioni politiche rappresentative. «L’alternativa alla politica dei partiti è l’uomo solo al comando». E
anche qui, verrebbe da dire, abbiamo già dato.

L’Unità 10.09.11

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«Un nuovo governo per ritrovare dignità» Intervista ad Anna Finocchiaro di Simone Collini

La capogruppo al Senato «L’Udc deve prendere posizione, non è tempo di terzismi. Da Alfano ci saremmo aspettati più lungimiranza. Il punto è la perdita di dignità, il fatto che in tutto il mondo ormai siamo oggetto di scherno. E la principale causa è il nostro presidente del Consiglio». Per Anna Finocchiaro non c’è più tempo da perdere: «Questo governo non esiste più, ormai è una accozzaglia politica che sta in piedi solo con i voti di fiducia in Parlamento. C’è un urgente bisogno di un nuovo governo e un nuovo premier per portare l’Italia fuori da questa immonda palude». Alfano fa sapere che “Berlusconi non ha alcuna voglia di dimettersi” e che il Pdl non vuole “larghe intese”. «Ha perso una buona occasione per fare qualcos’altro che il portavoce del presidente del Consiglio. Peccato. Da un giovane segretario di partito ci si sarebbe aspettati più lungimiranza».
Ma ha senso continuare a invocare un nuovo governo, se questa è la controparte?
«E allora cosa, vogliamo tenerci uno che fa “il premier a tempo perso” e svergogna il nostro Paese agli occhi dell’opinione pubblica? Un ministro della Repubblica che dimostra di essere incompatibile col suo ruolo, che invoca la secessione del Nord per paura di perdere i propri elettori e per ricattare il suo alleato? C’è un’enorme discrepanza tra il Paese, i suoi problemi, le diffi- coltà degli italiani, e questa panto- mima del tutto incompatibile con l’interesse dell’Italia. È necessario che Berlusconi, che ormai vive ossessionato dai suoi processi e dalle sue “bambine”, lasci con urgenza il governo. Se non lo capisce da solo glielo faccia capire chi in questi anni gli è stato attorno, ha governato, ha legiferato».
Un aspinta ulteriore potrebbe venire anche dalla classe dirigente diffusa, da chi ha ruolo di direzione o di orientamento nella società?
«Segnali importanti cominciano adarrivare. La stessa posizione di Confindustria ha registrato dei toni e una determinazione che non avremmo sospettato in altri momenti. Ma adesso bisogna capire se la classe dirigente del centrodestra si può definire tale, se qualcuno dimostra cioè di pensare all’Italia, che in questo momento di grave crisi deve anche sopportare il macigno ulteriore della perdita di credibilità e di prestigio in sede internazionale».
Nel caso in cui Berlusconi si decidesse a fare un passo indietro, per il Pdl a via maestra sarebbe il voto o un governo di transizione?
«Si farà ciò che è più utile al Paese e che sarà possibili nelle condizioni politiche che si dovessero creare. Ma ciò che è evidente è che l’Italia non può sopportare più questo governo. Noi siamo il primo partito e mai il centrodestra è stato così debole, quindi siamo i meno preoccupati all’ipotesi del voto anticipato. Ma ogni decisione andrà presa pensando non al bene del partito ma al bene dell’Italia».
Dai sondaggi emerge che il Pd sta pagando la vicenda-Penati.
«Noi pagheremo tutto, è ovvio. Ma abbiamo una sola strada e l’abbiamo già percorsa, dimostrando un comportamento trasparente e coerente. Abbiamo deciso di sospendere dal partito chi è indagato per fatti gravissimi, non abbiamo mai attaccato la magistratura e non abbiamo mai fatto nulla per sottrarre qualcuno ai
processi con leggi e leggine. E stiamo lavorando per rendere ancora più rigoroso il nostro codice etico e più penetranti i poteri della commissione di garanzia».
Come giudica l’atteggiamento dell’Udc verso il Nuovo Ulivo?
«L’Udc sta giocando una partita più da spettatore che da attaccante. Ha deciso di fare del terzismo la sua
chiave. Inunmomentodi grave difficoltà per il Paese i cittadini chiedono a ciascuna forza politica di assumer- si delle responsabilità, e l’Udc non lo sta facendo.Ma ora deve essere chiaro a tutti che non ci sono alibi per nessuno.O da una parte o dall’altra. Terzismi possono essere utili in altre fasi, non in questa».
Però anche nel Pd c’è chi esprime perplessità sull’accelerazione impressa alla festa dell’Idv sull’alleanza a tre.
«Ma Bersani lo ha detto chiaramente, prima si definisce il programma, poi vengono le alleanze e infine si
sceglie il candidato premier».
E l’Udc va coinvolto in questo percorso fin dal primo passo?
«Noi abbiamo tentato e tenteremo ancora di coinvolgere nella definizione del programma tutte le forze politiche di opposizione. Ma non tutto è nelle nostre mani. Spero però ora si rendano tutti conto che di fron-
te alla gravità della situazione certi atteggiamenti rischiano di diventare stucchevoli».
Il Pd ha depositato al Senato una proposta di legge elettorale, mentre sembra certo che saranno raccolte le firme necessarie per un referendum che farebbe tornare il Mattarellum.
«Lavoriamo perché si avvii il processo in Parlamento. La nostra proposta garantisce la possibilità di formare governi più stabili di quanto non fossero quelli nati dal Mattarellum, che non prevedendo il doppio turno spinge verso alleanze non omogenee. Dopodiché, se non si riuscisse, ben venga il referendum perché tutto è meglio del Porcellum».

L’Unità 19.09.11