"La verginità della Lega", di Gad Larner
Se l’astuto Di Pietro cerca spazio mascherandosi da improbabile succedaneo dell´anticapitalismo indignado, mentre il trio Ferrara-Feltri-Sallusti strattona il suo Oligarca di riferimento affinché guidi un´improbabile rivolta contro la tecnocrazia europea, tocca invece alla Lega vivere il risveglio più amaro. Contro il governo Monti «ci rifacciamo la verginità», è scappato detto a Umberto Bossi. Una metafora che si presta a fin troppo facili controdeduzioni. Perché quella metafora riconosce la perdita dell´innocenza; e il rimpianto in politica è sinonimo d´impotenza. Non è un caso se la forza più accreditata a guidare l´opposizione sociale contro le ricette amare del risanamento, cioè la sinistra critica di Vendola, fornisce una prudente apertura di credito a Monti e preserva l´alleanza col Pd: la sfida globale al monetarismo e alla grande finanza nulla hanno a che spartire con la goffa convergenza populista Di Pietro-Bossi-Ferrara, destinata al flop. Benché ostenti sollievo, l´uscita dal governo nazionale rappresenta per la Lega una grave sconfitta; difficilmente rimediabile asserragliandosi nelle tre grandi regioni del Nord. Rifarsi una verginità non è dato in natura. E neanche in politica. …