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"Lo scontrino, questo sconosciuto…", di Bianca Di Giovanni

Lo scontrino, questo sconosciuto L’«operazione Cortina» della Guardia di finanza – benemerita – nasconde tuttavia una realtà disarmante: negli ultimi anni l’Agenzia delle entrate ha ridotto i controlli su scontrini e ricevute e livelli minimi. Nel 2010 c’è stato un calo del 700% rispetto all’anno precedente, mentre rispetto al biennio 2006-7 il calo è addirittura del 2.000%. A riportarlo è un intervento di Villiam Rossi su www.fiscoequo.it, che cita la relazione al rendiconto dello Stato 2010 della Corte dei Conti.

FISCOTrend negativo
Oggi l’aria sembra cambiata, ma fino a ieri (cioè fino alla caduta del governo Berlusconi) la direzione era di tutt’altra natura. Nel 2008 i controlli sono a quota 66.785 (da oltre 84.091 del 2007, anno di maggiore densità di interventi), per poi scendere ancora a 34.776 nel 2009 fino a toccare il fondo nel 2010 con 4.788 controlli. «Il trend negativo non muta di molto se si considerano gli accessi per il controllo della veridicità dei dati utilizzati per l’applicazione degli studi di settore – scrive Rossi – passati da 112.187 del 2006 ai 29.699 del 2009 e ai 41.577 del 2010».

L’attività di monitoraggio effettuata durante il governo prodi poteva contare anche su una normativa molto stringente: che prevedeva la chiusura temporanea degli esercizi dopo tre infrazioni. L’allora opposizione gridò allo stato di polizia, al «Visco Drakula», così come oggi Fabrizio Cicchitto avanza le sue critiche al direttore Attilio Befera per il suo intervento sui Vip in vacanza sulle Dolomiti. Il risultato è stato che ancora oggi l’evasione resta una montagna difficile da scalare, che secondo tutti i rapporti nazionali e internazionali resta al livello record di 300 miliardi l’anno di imponibile, e di circa 150 miliardi di somme evase.

Nuovo corso
«Il nuovo governo sta ora cercando di rimediare, almeno in parte, all’opera di demolizione attuata nel triennio passato – continua Rossi – con la fissazione di una nuova soglia di mille euro per i pagamenti in contante e con l’obbligo di comunicazione delle movimentazioni finanziarie all’Anagrafe dei rapporti da parte dei gestori. Molte cose restano ancora da fare, prima fra tutte il ripristino degli elenchi telematici clienti e fornitori, magari abolendo l’inefficace obbligo di trasmissione delle fatture di importo superiore a tremila euro, frettolosamente introdotto nel 2010 per tentare di arginare l’evasione ormai dilagante».

Non è un caso che l’Iva sia tra le imposte più evase. Non solo perché evadendo l’Iva, poi si può abbassare anche l’imponibile Irpef. ma anche perché è molto difficile «pizzicare» gli evasori di questo prelievo, proprio per la natura in qualche modo internazionale della sua applicazione. Nel dicembre scorso la Corte dei conti europea ha acceso i riflettori su un caso specifico, che si ritiene ad alto rischio evasione. Tecnicamente si chiama regime doganale 42. Viene applicato quando le merci importate da paesi terzi in uno Stato membro dell’Ue vengono poi trasportate in un altro Stato membro. In tali casi, l’Iva è dovuta in quest’ultimo, lo Stato membro di destinazione.

L’esame della Ue
Ma la Corte ha segnalato il rischio che le merci importate possano restare nello Stato membro di importazione senza che venga pagata l’imposta. Le merci importate potrebbero anche essere consumate nello Stato membro di destinazione senza che l’Iva venga riscossa in tale Stato. La Corte ha esortato gli Stati ad aumentare i controlli, rivelando rilevanti perdite nei bilanci pubblici causate da questo meccanismo. Su un campione di sette Stati (Belgio, Danimarca, Spagna, Francia, Austria, Slovenia e Svezia) che hanno svolto i controlli, si è valutata un’evasione di 2 miliardi e 200 milioni per il 2009. Tali perdite rappresentano il 29 % dell’Iva applicabile alla base imponibile di tutte le importazioni di questo tipo nei sette Stati.

L’Unità 06.01.12