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"Bossi e Maroni, lo scontro finale", di Rodolfo Sala

Il diktat arriva alle otto sella sera, suona come il preannuncio dell´espulsione e porta la firma di Umberto Bossi. «Devo segnalare la volontà del segretario federale di sospendere tutti gli incontri pubblici con la presenza di Maroni». A comunicarlo, in coda alla riunione del consiglio «nazionale», è il segretario della Lega lombarda Giancarlo Giorgetti. Al suo fianco c´è Roberto Calderoli. Nella sala di via Bellerio scende il gelo, e tutti capiscono che per “Bobo” è finita. Diversi segretari provinciali – sono loro i destinatari del diktat – che cancella l´ex provano a contestare la decisione. Ma non c´è niente da fare. Passano un paio d´ore e si fa vivo Maroni. Su Facebook: «Mi hanno appena chiamato per comunicarmi che la segreteria nazionale ha deciso di impedirmi di tenere gli incontri pubblici già programmati in Lombardia; non so perché, nessuno me l´ha spiegato, sono stupefatto, mi viene da vomitare. Qualcuno vuole cacciarmi dalla Lega, ma io non mollo». E aggiunge: «Sono pronto ad andare alla conta».
Un antipasto della fatwa era stato servito in giornata. Sul web. Il pasticciaccio brutto del voto su Cosentino lo ha «amareggiato e un po´ deluso», scriveva Maroni sul suo frequentatissimo profilo facebook. «Però – aggiungeva – non smetto di credere e di lavorare per la Lega che ho contribuito a costruire in oltre 25 anni di attività politica. La Lega per la quale lavoro – aggiunge – è la Lega degli onesti, senza intrallazzi né conti all´estero, la Lega che mi ha conquistato per i suoi ideali di onestà e trasparenza». Al mattino, sempre su Facebook, ci aveva però pensato il suo avversario numero uno, il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, a gettare altra benzina sul fuoco. Con una lettera aperta indirizzata proprio a Maroni: «Cosentino non lo abbiamo salvato noi, quasi tutto il gruppo parlamentare ha seguito le indicazioni di Bossi, che ha detto di votare sì all´arresto, salva la libertà di coscienza; purtroppo sulla stampa sembra che siamo stati noi a votare no». E qui arriva la coltellata: «Con le tue dichiarazioni avvalori queste ipotesi, solo smettendola di alimentare le falsità che i nostri nemici mettono in giro riusciremo a conquistare la nostra libertà». Intelligenza col nemico, questa l´accusa.
Ma l´ex titolare del Viminale non ha degnato neppure di una risposta il suo antagonista, più volte da lui indicato come «pretoriano di Bossi». Altro post su Facebook, indirizzato a una fan che lo invita alla replica: «Lasciamo perdere queste cose e non alimentiamo polemiche inutili, questa pagina è a disposizione di chi vuol parlare di cose serie…». Tra cui Maroni annovera senz´altro la richiesta di celebrare i congressi della Lega, quelli regionale e quello federale, per dare vita alla «svolta». L´argine è saltato, adesso quella richiesta non è più sussurrata. «Grande dolore – dice il maroniano Attilio Fontana, sindaco di Varese – vedere che sul caso Cosentino non si sia riusciti al avere un atteggiamento unitario, tra Bossi e Maroni non c´è divisione, ma serve un chiarimento su altre cose e la sede giusta per farlo sono in congressi». Li chiede anche Flavio Tosi, primo cittadino di Verona: «Per fortuna non siamo come il Pdl, dove i coordinatori li nomina Berlusconi; quindi bisogna tenere subito i congressi, a maggior ragione in un momento come questo».

La Repubblica 14.01.12