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"Tra sinistra e destra distacco invariato ma i partiti soffrono", di Carlo Buttaroni

Tra sinistra e destra distacco invariato ma i partiti soffrono
Il paradosso. Cala la partecipazione al voto e cresce la spinta all’impegno politico. Tanti piccoli rivoli invece di grandi contenitori, pochi riferimenti comuni. Si diffondono nuove domande e nuove forme di partecipazione che i partiti tradizionali non riescono a intercettare né a interpretare. L’indagine è stata realizzata da Tecnè su un campione rappresentativo di italiani maggiorenni. Sono state intervistate telefonicamente, con metodo CATI, mille persone il 13 gennaio 2012. Il margine di errore è pari a +/3,1%.
Il documento completo sondaggipoliticoelettorali.it

Fra teoria e pratica cresce il sentimento dell’antipolitica. Il problema della coerenza tra teoria e pratica come ricorda Antonio Gramsci si pone soprattutto nei momenti storici di rapida trasformazione, quando realmente le azioni domandano di essere giustificate teoricamente per essere più efficienti, o si moltiplicano i programmi teorici che chiedono, a loro volta, un punto di ricaduta pratico.
Il tema è quanto mai attuale. E si ripropone, con evidenza, nell’indagine di Tecnè, nel momento in cui registra, al tempo stesso, una forte spinta all’impegno politico e la diminuzione della partecipazione elettorale, che sembra preannunciare, invece, un abbandono.
Un’apparente incoerenza, che in realtà è il segno più evidente del passaggio da un sistema composto di grandi e stabili attori politici capaci di rappresentare le correnti sociali a un sistema più complesso, dove convivono una moltitudine di soggetti e di temi, attorno ai quali i cittadini si orientano e si mobilitano indipendentemente dai tradizionali partiti.
Una crescita della fluidità e della contingenza che ha il suo punto di ricaduta nell’eclissi dei grandi interpreti e nell’indisponibilità di riferimenti culturali e valoriali che alimentino relazioni fondate su una comune appartenenza.
Il risultato può apparire una complessiva diminuzione della partecipazione politica, mentre in realtà questa è diventata soltanto meno visibile.
Tanti piccoli rivoli anziché pochi grandi invasi capaci di contenerli. Nuove domande e forme di partecipazione che spesso i partiti tradizionali non riescono a intercettare e delle quali faticano a farsi interpreti.
Eppure le pratiche che si moltiplicano avrebbero bisogno di teorie in grado di spiegarle e darne un senso politico.
Così come le buone idee politiche avrebbero bisogno di un’operatività pratica capace di renderle reali e concrete. Anche il nuovo ha bisogno, pertanto, di politica.
Eppure, apparentemente, sembra affermarsi l’idea opposta, quella dell’antipolitica. Un partito “non-partito” con leader, organi d’informazione e liturgie che di democratico, aperto, inclusivo ha ben poco.
L’antipolitica fa leva su un sentimento diffuso, ampiamente giustificato, e lo trasforma in una protesta cieca, senza prospettive e direzioni, favorendo una forma di apatia, quando non di vera e propria ostilità, verso le stesse istituzioni democratiche.
Cresce, infatti, la critica nei confronti dei partiti ma cresce anche l’antiparlamentarismo, il leaderismo esasperato, l’insofferenza verso il confronto e il dibattito.
Questo perché l’antipolitica non è la cura, ma soltanto il segnale d’allarme che invia il corpo di un sistema che vive gli affanni dell’inadeguatezza.
Un virus che si diffonde e si moltiplica perché la democrazia, a diffeenza di qualsiasi altro regime politico, è inerte da se stessa e non può difendersi.
Il carattere dei suoi anticorpi è nella famosa frase di Voltaire «non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu possa esprimerla».
Se lo scopo dell’antipolitica è mettere in luce i difetti del sistema, denunciarli e tentare di correggerli, i fatti dimostrano, che la “cattiva politica” cresce proprio intorno all’antipolitica, alimentandosi a vicenda, giustificandosi l’uno con l’altra, dando luogo a una struttura del potere rovesciata e reazionaria.
Per opporsi alla deriva antidemocratica c’è una sola strada: alzare la qualità dell’agire politico e promuovere la partecipazione dei cittadini.
La storia insegna cosa c’è in fondo alla strada dell’antipolitica e alla scelta di nutrire gli istinti oscuri dell’opinione pubblica.
La maggioranza dei cittadini è in campo con un rinnovato impegno, ma ha bisogno di trovare un terreno comune dove far crescere valori e idee capaci di interpretare le buone pratiche, e dove i principi, le aspirazioni e i nuovi bisogni possano trovare una concreta applicazione.

L’Unità 16.01.12