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"Una sforbiciata mirata per non uccidere la ricerca italiana. Coinvolti presidenti degli enti nella riorganizzazione", di Flavia Amabile

Alla fine non si è stupito o amareggiato nessuno delle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dell’auspicio che si «valutino attentamente le finalità e la specifica condizione finanziaria di ciascun ente». In questi giorni i presidenti degli enti di ricerca sono in vacanza ma ognuno di loro sa bene di avere un compito da svolgere. Tutto deve essere pronto a settembre quando il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, li incontrerà di nuovo tutti per capire dove e come si deve intervenire. Il giorno esatto della convocazione sarà deciso al rientro dalle ferie. La macchina dei tagli agli enti di ricerca è in moto e cancellare i tagli per il 2012 è stato solo un atto di fiducia da parte del governo (peraltro a costo zero) nei confronti del ministro Profumo che ha accettato di pagare come ministero il costo della cancellazione dei tagli per il 2012 ma ha preteso in cambio dai presidenti degli enti una relazione dettagliata sugli interventi che comunque dovranno essere realizzati. La differenza è sostanziale: se ad intervenire non è un qualsiasi ministero o commissario incaricato che arriva con un tratto di penna a tagliare a casaccio qui e lì c’è qualche probabilità di non uccidere totalmente la ricerca italiana.

Questa è la sfida lanciata dal ministro a luglio ai presidenti degli enti di ricerca durante il primo incontro. L’atmosfera era propizia: la ricerca – in genere poco considerata – aveva appena portato a casa un ottimo risultato con la partecipazione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare alla scoperta del Bosone di Higgs: i capi di cinque delle sei divisioni del Cern di Ginevra dove è avvenuta la scoperta sono italiani.

Forse in tempi diversi la tabella dei tagli sarebbe anche passata, ma il giorno dopo i complimenti del presidente Napolitano all’Infn per il successo internazionale era parso davvero uno schiaffo esagerato persino per un Paese disattento come l’Italia.

Quella che ventiquattro ore prima era stata celebrata come la punta di eccellenza della ricerca italiana veniva punita con un taglio delle dotazioni del 3,78% nel 2012 (-9,1 milioni di euro), del 10% nel 2013 e nel 2014, con una riduzione annua di 24,3 milioni di euro.
Un po’ meno venivano colpiti altri enti ma in totale si trattava di circa 30 milioni per il 2012 e 51 per il 2013 e il 2014. Il ministro Profumo ha riunito i dodici presidenti degli enti che fanno capo al Miur e ha fatto capire che il rinvio dei tagli del 2012 era solo momentaneo, che «una riorganizzazione sarà indispensabile». E quindi a settembre ognuno dovrà presentarsi con una proposta a saldi invariati rispetto alle richieste del governo..

Le sacche di sprechi sono molte, e lui lo sa avendo con la ricerca un lungo rapporto da ex rettore del Politecnico di Torino e poi da presidente del Cnr. Alcune cifre le ha già ricordate nei giorni caldi degli incontri di luglio. «Per la sola ricerca sprechiamo ogni anno 500 milioni di euro: per ogni euro conferito all’Europa le nostre aziende e istituzioni riportano 60 centesimi di contributi. Gli inglesi ne ricavano un euro e 40 centesimi, gli olandesi 1,3, i belgi altrettanto, gli austriaci 1,4».
Gli interventi, ha spiegato, dovranno seguire un principio molto semplice: «La cosa pubblica deve essere un po’ gestita come la nostra famiglia. Nei momenti di difficoltà prima di tutto si spengono le luci, non si lasciano accese, anche se i nostri figli qualche volta le dimenticano. E noi dobbiamo insegnare loro ad andare avanti in questa direzione».

Il ministro ha anche fatto alcuni esempi concreti: «E’ possibile che il Cnr abbia 440 sedi? E che ci siano anche sedi con 3 ricercatori? Questo ente paga 20 milioni in affitti soltanto a Roma».

Ma lo stesso vale per gli altri enti. «Esistono moltissime duplicazioni e situazioni anomale». La sfida del ministro Profumo è trovare il modo per eliminare sovrapposizioni, sprechi e situazioni anomale senza toccare la capacità di fare ricerca. Non è poco. Ci riuscirà?

La Stampa 15.08.12

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“Il «sollievo» dei 112 Istituti Ma rischiano di perdere 88 milioni. Ferroni (Fisica): non possono trattarci come una stazione geologica”, di Paolo Conti

«Lo sappiamo tutti, e lo comprendiamo anche molto bene… viviamo in un Paese in crisi, che ha gran bisogno di misure drastiche per la riduzione delle spese. Ma questo stesso Paese, per poter puntare al futuro soprattutto dei più giovani, deve offrire un segnale che permetta di costruire le basi per un avvenire più competitivo. E oggi la competizione fa parte di una filiera composta da innovazione, ricerca e formazione. Insomma, la ricerca viene descritta come un fiore all’occhiello. Ma non è così. Perché la ricerca non è un costo ma un autentico e solido investimento…»
Luigi Nicolais, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (112 istituti articolati nel territorio nazionale) appare sollevato dopo le parole molto chiare del Capo dello Stato sulla «necessaria priorità degli investimenti per l’innovazione, la ricerca e la formazione». Le cifre sono note. Un taglio complessivo di più di 88 milioni per il 2013 e altrettanti per il 2014 per gli enti di ricerca: di questi, quasi 50 milioni l’anno riguardano i dodici istituti e centri di ricerca gestiti direttamente dal ministero dell’Istruzione e della ricerca, tra cui il Cnr e l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).
Il Cnr, nella previsione originale di riduzione dei trasferimenti agli enti di ricerca, rischiava di avere un taglio di più di 16 milioni di euro sia nel 2013 che nel 2014. Mettendo seriamente in pericolo il futuro di prestigiosi Istituti di studio, solo per fare qualche esempio tra i tantissimi possibili, come quello delle Nanoscienze o di Biologica Cellulare e Neurobiologica o di Ingegneria biomedica. Ora, come si sa, non si agirà più a colpi di tagli lineari: toccherà al ministero dell’Istruzione della Ricerca, quindi a Francesco Profumo, riesaminare il comparto con tutti i presidenti degli Istituti.
Nicolais racconta di aver parlato delle conseguenze della spending review, nella sua primissima formulazione, direttamente col Capo dello Stato qualche settimana fa: «Ci unisce una vecchia amicizia, ci conosciamo bene, abbiamo avuto spesso occasione di discutere del futuro del nostro Paese. E sa benissimo quale sia il mio pensiero. Personalmente ritengo assurdo che il decreto Sviluppo, diventato legge dello Stato, non abbia nei suoi primi punti un finanziamento per la ricerca e l’innovazione. Uno sviluppo che non sia sorretto da questi due piloni è effimero, non potrà mai essere reale». Il presidente Nicolais tiene a sottolineare un punto: «La ricerca, deve ben capirlo non solo la politica ma anche la classe imprenditoriale, serve soprattutto alle imprese italiane. Oggi la competitività non si gioca ormai più, per quanto riguarda il nostro Paese sui mercati internazionali, sul costo del lavoro, sulla riduzione della manodopera. Si compete sull’innovazione, cioè su quella nuova conoscenza che riempie la produzione di contenuti inediti e originali. In tutta questa catena, come ripeto, la ricerca è un elemento essenziale».
C’è in ballo anche la fuga dei cervelli, professor Nicolais… «Certo. Ma teniamo conto che abbiamo molti “cervelli” corteggiati all’estero che decidono di restare. Ma dobbiamo mettere loro a disposizione quei fondi che possano rendere l’Italia un Paese competitivo in campo internazionale. Pronto a richiamare anche i “cervelli” che hanno scelto l’estero».
Soddisfatto per l’intervento di Giorgio Napolitano appare soprattutto Fernando Ferroni, presidente dell’Infn che avrebbe perso nel 2013 e nel 2014 ben 24 milioni 380 mila euro su un budget complessivo di 270 milioni di cui la metà se ne va in stipendi. Una mazzata, insomma, proprio nell’anno della scoperta del Bosone di Higgs, l’ultima particella elementare ancora sfuggita all’osservazione, nel laboratorio europeo del Cern dove sono impegnati molti scienziati italiani proprio dell’Infn. Attualmente l’Italia copre l’11% del budget del Cern ma l’Italia dispone, per la riconosciuta bravura dei suoi professionisti, del doppio dei posti rispetto a quella quota.
Ferroni, sotto spending review, aveva deciso di scrivere al Quirinale per esporre le sue preoccupazioni. C’era in gioco il futuro di un progetto importantissimo come il SuperB di Frascati, grande acceleratore bisognoso di notevoli finanziamenti: il timore era che i possibili investitori stranieri, vista l’incertezza del governo italiano, potessero ritirarsi. Altra incognita, con quel taglio, si profilava anche per i laboratori del Gran Sasso che nei prossimi anni dovranno puntare sul doppio beta dei neutrini.
Dice il presidente dell’Infn: «Prima di tutto vorrei sottolineare l’estrema sensibilità del presidente su questo punto, ne ho avuto la riprova con l’immediato riscontro avuto alla lettera che gli avevo spedito. Io credo che questo Paese debba darsi una linea e decidere sui grandi temi. Così come non penso che i problemi di Roma o Milano siano paragonabili a quelli di piccoli centri di provincia, nello stesso modo ritengo che i tagli semplicemente lineari non abbiano senso. Non si può trattare l’Infn come una stazione zoologica. Si deve avere il coraggio di scegliere e di procedere per categorie omogenee. Noi, per esempio, spendiamo autentici capitali in energia elettrica: ma sono gli acceleratori di particelle ad assorbire un mare di corrente. Bisogna capire, analizzare prima di tagliare…»

Il Corriere della Sera 15.08.12

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“Enti salvi a metà nel 2012 poi però scatta la tagliola”, di Marzio Bartoloni

Il taglio sulla ricerca, almeno per quest’anno, è rientrato, anche grazie al pressing dello stesso Quirinale. Ma si tratta, in realtà, di un salvataggio solo a metà: perché a schivare la scure della spending review sono stati solo i dodici enti di ricerca controllati dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo, che ha recuperato le risorse richieste (20 milioni) mettendo in cura dimagrante gli acquisti del suo ministero. Per gli altri 10 enti vigilati da altri ministeri – dall’Istat all’Istituto superiore di Sanità – la tagliola sui bilanci invece scatta subito da qui alla fine dell’anno e vale in tutto 13 milioni.
Insomma la «necessaria priorità degli investimenti per l’innovazione, la ricerca e la formazione» chiesta dal capo dello Stato nella sua lettera è stata salvaguardata fino a un certo punto. Non solo quest’anno. Ma soprattutto in futuro quando per il 2013 e il 2014 la tagliola della spending review scatterà, in ogni caso, per tutti con un taglio a regime che vale complessivamente 88 milioni: 51 per gli enti di ricerca vigilati dal Miur – dal Cnr all’Istituto di Fisica nucleare fino all’Agenzia spaziale – e 37 per gli altri. Per i primi in particolare la spending review ha previsto che il taglio non sarà direttamente sui bilanci, come era previsto nel testo originario, ma sul Fondo ordinario di finanziamento che distribuisce ogni anno le risorse a tutti e 12 gli enti (circa 1,65 miliardi). Fondo che viene diviso con apposito decreto e per il quale il presidente della Repubblica nella sua lettera fa un «auspicio». E cioè che «in tale sede si valutino attentamente le finalità e la specifica condizione finanziaria di ciascun ente». Il riferimento è probabilmente al fatto che nella pioggia di tagli decisa in prima battuta venivano colpiti alcuni centri di ricerca più degli altri: a partire dall’Istituto di fisica nucleare che poco prima della spending review era finito alla ribalta per il contributo dato nella scoperta del bosone di Higgs al Cern. E che subiva, qualche giorno dopo l’annuncio della scoperta, il taglio più pesante. Da qui l’appello del capo dello Stato a non ripetere più gli errori fatti e l’invito a fare attenzione alla «priorità ricerca e innovazione» valutando caso per caso le «finalità» e la «specifica condizione finanziaria di ciascun ente».
Restano, infine, “scoperti” i 10 enti vigilati dagli altri ministeri (Economia, Lavoro, Ambiente e Sviluppo economico): a cominciare dall’Istat che, dopo il taglio di 1,1 milioni di quest’anno, a regime dal 2013 dovrà subire una sforbiciata da 3 milioni. Un sacrificio che ha fatto dire al presidente Enrico Giovannini che da gennaio potrebbe essere a rischio la produzione dei dati statistici.

Il Sole 24 Ore 15.08.12