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Intercettazioni, la mediazione del Csm “Faremo una autoregolamentazione”, di Liana Milella

Se lo dicono riservatamente tutti nella maggioranza. «Ormai il tempo delle intercettazioni è scaduto. Una riforma non è più possibile». La stessa certezza corre al Csm come tra i magistrati. Tra i quali, con sempre maggiore insistenza, si fa strada la strategia dell’autoregolamentazione, del rispetto rigido e rigoroso delle regole che già esistono. Che, se applicate in modo puntiglioso, metterebbero al riparo sia gli inquirenti che la stampa dal rischio di qualsiasi legge bavaglio.
Al Csm non si parla che di questo. La verifica partirà a settembre. Riguarderà il rispetto delle norme già in vigore sia per chiedere di registrare una conversazione, sia per utilizzarla nel processo. Ci lavorerà la sesta commissione che si occupa di studiare leggi e riforme. La proposta arriva da Aniello Nappi, esponente della sinistra del Movimento giustizia, toga votata in Cassazione.
Proprio alla Suprema corte ecco “girare” in queste ore una sentenza scritta nel febbraio 2009 dall’attuale segretario generale Franco Ippolito sul processo Federconsorzi in cui un passaggio colpisce sugli altri: «L’intercettazione può essere disposta solo quando (come scrive il codice,
ndr) è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini, requisito essenziale di legittimità che deve costituire specifico oggetto di motivazione. E per giustificare l’indispensabilità ai fini della prosecuzione delle indagini, la motivazione deve necessariamente dar conto delle ragioni che impongono l’intercettazione di una determinata utenza telefonica che fa capo a una specifica persona e perciò non può omettere di indicare il collegamento tra l’indagine in corso e l’intercettando». L’ostico linguaggio giuridico, tradotto per tutti noi, significa che il pm, per chiedere e ottenere l’assenso all’ascolto di una singola utenza telefonica, deve dimostrare che ciò è assolutamente necessario per proseguire l’indagine e deve produrre già delle “ragioni valide” per farlo.
Lo stesso Ippolito ritiene “attualissima” la sentenza perché se il pm rispetta rigorosamente i presupposti per poter intercettare, quindi evita gli ormai famosi ascolti “a strascico” (che quella sentenza bocciò nel caso Federconsorzi), ciò fa venir meno le ragioni stesse di un nuovo intervento legislativo, ne svuota le premesse, ne rivela anche la strumentalità politica. Nel codice attuale, è convinto Ippolito, «c’è già tutto quello che è necessario ci sia» per garantire un corretto uso delle intercettazioni.
Al Csm la pensano allo stesso modo. Per questo il vice presidente Michele Vietti, a fine luglio, ha visto assai di buon occhio la proposta di Nappi, l’ha subito vistata nel comitato di presidenza, l’ha passata alla sesta commissione. L’ha sponsorizzata con la stampa. Il Csm studierà come funziona il
meccanismo delle intercettazioni, verificherà eventuali anoma-lie, soprattutto si concentrerà su quante conversazioni diventano pubbliche perché fatte trascrivere dai pm, comprese quelle che riguardano persone non coinvolte nelle indagini.
Dice Nappi: «Sono convinto che se magistrati e avvocati rispettassero rigorosamente le norme vigenti il problema delle intercettazioni non si porrebbe neppure» . Con questo spirito si è mosso al Csm per sollecitare l’ormai prossimo accertamento. A spingerlo è stato il caso di Paolo Mancuso, l’attuale procuratore di Nola che è stato in corsa per la procura di Napoli e sul quale è “piombata” un’intercettazione registrata a Palermo di un suo colloquio con l’ex capitano dei Cc De Donno. Secondo Nappi quell’intercettazione, investigativamente non utile, non avrebbe mai dovuto essere trascritta, né tantomeno sarebbe dovuta circolare. Nappi la pensa come Ippolito: “Per ottenere l’autorizzazione a un intercettazioni è necessario che già esista un vicenda criminale ben specifica e determinata, tant’è che il codice parla di gravi indizi di reato. Questo già restringerebbe di molto il campo delle telefonate intercettabili”. E ancora: «Pm e gip devono fare una selezione che non leda il diritto alla riservatezza di persone estranee alle indagini quando le conversazioni non sono rilevanti» . In autunno il Csm dirà che le intercettazioni devono essere fatte se davvero necessarie, si devono usare quelle indispensabili per provare un’innocenza o una colpevolezza, bisogna tutelare chi, estraneo alle indagini, finisce nei nastri della polizia. Le regole ci sono già, basta rispettarle.

La Repubblica 20.08.12