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"Qual è l’agenda Monti?", di Claudio Sardo

Non mancano buoni propositi nel documento «Obiettivo crescita», sfornato l’altra sera dal consiglio dei ministri, al termine di una lunga seduta apparsa ad alcuni più simile a un seminario di studi che non a un vera riunione deliberativa. Sicuramente il migliore dei propositi è porre in cima alle priorità del Paese il tema del sostegno a un nuovo sviluppo. Quella italiana è drammaticamente l’economia con le prestazioni peggiori dell’ultimo decennio in tutto l’Occidente. Le conseguenze sociali della crisi allargano sempre più l’area della povertà.
E colpiscono i ceti medi, persino alcuni dei settori più dinamici dell’impresa, consumando così opportunità di futuro. Nessuna politica anticiclica è stata fin qui messa in campo nella lunga recessione seguita al tracollo finanziario del 2007.
Occorre dunque agire. Cambiare la rotta. E occorre farlo subito. Nessuna emergenza sul fronte dello spread può ormai legittimare rinvii o politiche dei due tempi: l’emergenza dell’economia reale e quella sociale vanno affrontate con una determinazione che finora è mancata. Altrimenti crolleranno i presupposti per reagire domani a qualunque spread, e forse anche a difendere i capisaldi della democrazia. Nessuno si illuda: non ci sono piani di medio termine capaci di farci sorvolare la necessità oggi di un cambiamento di rotta.
Ma è proprio qui che sorge il problema. E il dubbio sull’agenda del governo Monti. Si parla di riforma del catasto, di agenda digitale, di delega fiscale e di tanti altri progetti da mettere in cantiere. Tuttavia manca la definizione di strumenti concreti per affrontare l’emergenza e per creare lavoro. Se l’introduzione del documento mostra la consapevolezza di una sofferenza sociale che ha raggiunto il limite di guardia («non si può certo sperare di aumentare la crescita comprimendo i salari e competendo sul prezzo con economie emergenti a basso costo di lavoro e minore tutela di diritti sociali»), nei capitoli successivi non ci sono però interventi per aggredire davvero, e in tempi rapidi, l’attuale inerzia. O meglio, la lista degli interventi auspicabili è persino troppo lunga, e perciò dispersiva. Restano indefinite le priorità operative. Le scelte su cui puntare davvero e caratterizzare i prossimi mesi, gli ultimi della legislatura. Mancano gli interventi capaci di spezzare la spirale perversa di manovre restrittive e recessione.
Il documento del governo insiste molto sul fatto che le politiche di stimolo alla crescita non debbono essere alimentate da nuova spesa pubblica, ma piuttosto da concorrenza, liberalizzazioni, apertura dei mercati. Nessuno nega le valide ragioni di questo assunto in un Paese che ha ancora molto da fare per accrescere la mobilità sociale, per ridurre il peso delle corporazioni, per contrastare l’illegalità. Ma è un’illusione, o peggio un riflesso ideologico, pensare che la crescita oggi sia tutta in funzione della libertà dei mercati. Non è mai stato vero in assoluto. Tanto meno lo è nel mezzo di una crisi così profonda.
Lo Stato e il pubblico hanno una grande responsabilità. E un grande compito. Innanzitutto di ridefinire se stessi in termini di maggiore efficienza, trasparenza, competitività. Ma le politiche pubbliche non possono eludere interventi diretti. Si può assistere all’aumento della benzina senza che il governo trovi una modalità per calmierarne il prezzo? Si può negare che tocchi al pubblico – Stato nazionale, Europa – trovare le risorse per la ricerca e gli investimenti strategici e di rete, quando il mercato non è in grado di fornirli? Si può evitare di porre al centro delle politiche economiche una fiscalità premiale per il lavoro nei settori a più alto contenuto di innovazione, oppure per chi investe in formazione e ricerca? Si può negare al settore dell’edilizia un valore anticiclico, magari indirizzando da subito gli sgravi fiscali sulle ristrutturazioni in funzione antisismica e di risparmio energetico?
Da un governo nato per l’emergenza ci si attende che voglia anzitutto affrontare l’emergenza. È la sua missione. È questa l’agenda Monti di cui avremmo bisogno oggi: l’agenda di una svolta sociale, pur limitata, e inserita nel contesto della strategia di recupero di credibilità dell’Italia nell’area euro. Se invece per agenda Monti si intende il piano del futuro, l’ipoteca politico-economica sulla prossima legislatura, allora sarebbe bene dichiararlo in modo aperto, magari in Parlamento. Su questa strada però il governo cambierebbe natura e aprirebbe una frattura nella sua maggioranza. Ricondurre la democrazia italiana alla normalità di un’alternanza politica è infatti obiettivo di questa transizione. Obiettivo inscindibile da una idea di ricostruzione.
Non ci sfugge che molti si aggrappano a Monti per impedire questo approdo e riprodurre, in ogni modo, una grande coalizione anche dopo le elezioni. Di Monti abbiamo fin qui apprezzato la serietà e la coerenza, anche quando non ci siamo trovati d’accordo con alcune scelte: a quel che sappiamo, Monti non ha mai opposto la minima resistenza all’ipotesi di elezioni anticipate, qualora questa fosse la comune determinazione del Capo dello Stato e della maggioranza. È un’altra prova di lealtà istituzionale. Tuttavia il passaggio di questi giorni è cruciale. Innanzitutto il Paese ha bisogno di interventi concreti, efficaci per l’emergenza sociale e del lavoro. Se il governo non fosse capace di farli, le conseguenze sarebbero pesantissime. In secondo luogo, è bene che le scelte di medio-lungo periodo siano affidate al confronto elettorale. È un valore democratico, forse anche una migliore garanzia di efficacia dei programmi. Dietro un’agenda Monti più ideologica che concreta, più proiettata sul domani che sull’oggi, si nascondono i soliti che cercano di tenere sotto tutela la democrazia italiana.

L’Unità 26.08.12

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“CRESCITA: ECCO COSA MANCA AL PIANO DEL GOVERNO”, di Bianca Di Giovanni

«Con Grilli abbiamo sempre trovato le soluzioni. Non c’è nessuna possibilità di crescita senza il consolidamento dei conti pubblici». Così Corrado Passera all’uscita da Palazzo Chigi commenta il consiglio dei ministri di ieri: quasi nove ore dedicate alla crescita. Nessun litigio – ripetono all’unisono tutti i membri del governo – ma solo un aperto confronto sullo stato dell’arte dell’agenda di governo. Le decisioni già prese e quelle che dovranno seguire di qui a fine anno, ultimo tempo utile prima che si entri nella fase pre-elettorale.

«Obiettivo crescita: mobilitato l’intero governo», annuncia il comunicato finale, accompagnato da un allegato di 17 cartelle con l’elenco delle azioni fatte e quelle da completare. Eppure dalle parole del titolare dello Sviluppo appare chiaro che al primo punto resta il consolidamento dei conti. Sul come e quando saranno varati i provvedimenti per la crescita, la risposta è stata: «Vedremo. Ci saranno le occasioni per farlo. Stiamo parlando di provvedimenti sul completamento di provvedimenti sull’ agenda digitale del Paese, sulle start up e di come attirare investimenti dall’estero».

LE INCOGNITE
Passera non si sbilancia oltre. Manca una scossa, mancano ancora le scelte strategiche necessarie per innescare la svolta. Passera sa che il momento è delicato. Nel mese di agosto sulla stampa si sono rincorse le ipotesi più diverse su futuribili sgravi fiscali, che hanno fatto innervosire l’Economia, ancora in cerca di risorse per evitare l’aumento dell’Iva. E già questo ha messo Mario Monti in difficoltà. Tanto che anche nel comunicato di ieri si sottolinea che «tutte le azioni dovranno svolgersi nel rispetto delle compatibilità finanziarie e dei vincoli europei, come è stato illustrato da Vittorio Grilli e Enzo Moavero». Per non parlare dei numeri dell’economia reale, che restano quelli di una crisi nerissima: una recessione che non si vedeva da quasi mezzo secolo. «Fornero ha parlato di abbassamento del cuneo? E se all’Ilva arriva la cassa integrazione, chi la paga?», è la battuta che filtra dagli uffici di Via Venti Settembre. Tant’è che il cuneo fiscale, il calo dell’Iva sugli investimenti o ipotetici sgravi Irpef non compaiono nei comunicati finali, né sarebbero stati proposti al tavolo.

A questo si aggiunge la situazione internazionale, in cui la Germania non deflette dalle sue posizioni rigide sulle condizioni da imporre a chi chiedesse l’intervento del futuro fondo salva-spread. A settembre si chiarirà come la Bce potrà intervenire, ma le avvisaglia non sembrano favorire il piano Monti. Insomma, sulla rotta del premier si incrociano diverse partite ad alto rischio. Di questo Monti ha parlato con il governatore Ignazio Visco, incontrato in mattinata. Per Bankitalia le prospettive restano poco rassicuranti: se l’Italia non si muove subito potrebbe perdere l’occasione della ripresa nel 2013. A preoccupare poi è la reazione dei mercati in settembre, quando riprenderanno le aste di titoli pubblici. Per questo il premier ha voluto assolutamente questo appuntamento di fine estate: essenziale per lui offrire l’immagine di una squadra compatta, che lavora per la crescita.

Il Consiglio ha deliberato la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi fino al 30 novembre nelle zone terremotate. Inoltre ha varato quattro decreti su scuola e Università. Il primo decreto riguarda l’istituzione e la disciplina del Sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione delle istituzioni scolastiche e formative, comprese le scuole paritarie, definendone finalità, struttura e modalità di funzionamento. Inoltre si concede al ministero dell’istruzione l’autorizzazione ad effettuare assunzioni di dirigenti scolastici, docenti e personale educativo; docenti per le Accademie e i Conservatori di Musica; personale tecnico-amministrativo e tre unità di direttore amministrativo. Queste azioni, si legge in una nota, rientrano nella più ampia e complessiva azione del Miur a favore dell’istruzione e della formazione.

Un’azione che si articola anche in procedure per l’abilitazione nazionale dei docenti universitari, un piano straordinario per l’assunzione di professori universitari associati, reclutamento di docenti della scuola tramite concorso. Naturalmente la parte più importante delle 8 ore e mezzo trascorse nel salone verde di Palazzo Chigi riguarda l’agenda futura, quella che seguirà gli 84 provvedimenti già approvati finora. Durante il consiglio, ha spiegato Passera, «sono stati raccolti contributi di grande interesse da tutti i ministri, che si sentono mobilitati per far uscire il Paese il più velocemente possibile dalla recessione ». Una raffica di provvedimenti da attuare nel giro di pochi mesi. Gran parte saranno inclusi nella legge di Stabilità.

Il cammino è inestricabilmente legato alle nuove norme sul semestre europeo. Tra gli obiettivi, il governo conferma quello di aggredire lo stock di debito pubblico, «in particolare mettendo in atto – si legge sull’allegato – gli strumenti creati per procedere alla valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili che delle partecipazioni pubbliche. Una particolare attenzione sarà dedicata ad affrontare gli effetti sociali della crisi e gestire il processo di ristrutturazioni industriali in atto».

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L’Unità 26.08.12