attualità, politica italiana

“Province, provincialismi e ….provincialotti”, di Rossana Dettori

La Consulta, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del Decreto Legge 201 del 2011, ripropone, al di là della netta censura sull’abuso della decretazione di urgenza da parte del Governo Monti, un tema sul quale gli Esecutivi che si sono succeduti in questi ultimi anni hanno impattato più volte e anche duramente: l’idea che gli assetti istituzionali siano una variabile indipendente dagli atti fondativi del nostro ordinamento repubblicano.
L’idea, cioè, che il tema dei livelli istituzionali, in quel complicato intreccio fra responsabilità e funzioni da garantire ai cittadini, appartiene alla sfera del “come funziona uno Stato” e non, come la Carta Costituzionale impone, a quella di “cosa è uno Stato”.
Gli snaturamenti costanti di quei principi costituenti ai quali il Paese ha assistito, dalla messa in discussione del carattere universalistico del nostro servizio sanitario ai finanziamenti alle scuole private, ha imposto alla Corte questa attività di strenua difesa dei pilastri fondamentali del nostro Patto.
Il caso delle Province è, per certi versi, il più emblematico: la strumentalizzazione politica del tema, in chiave propagandistica, ha prodotto una accelerazione senza precedenti che ha portato l’Esecutivo dei tecnici a scartare finanche il semplice disegno di legge di iniziativa governativa in favore della decretazione di urgenza, della scorciatoia.
La Cgil, la Funzione pubblica della Cgil sosteneva e sostiene tuttora l’esigenza di un disegno di riforma organica che, partendo da una chiara definizione dei ruoli, crei un sistema integrato di livelli istituzionali capace di governare e indirizzare i processi sociali ed economici, mettendo al centro i cittadini ed il loro territorio. Nella proposta che avanzammo all’epoca e che rinnoviamo oggi, si parla di “Carta delle Autonomie”, di gestione associata dei servizi per comuni fino a 10.000 abitanti, della fusione dei più piccoli e di Province che devono essere espressione dei comuni ricompresi nelle aree vaste e per le quali devono essere predeterminate caratteristiche e funzioni, anche per riorganizzare gli ambiti di intervento delle amministrazioni statali sul territorio ( “semplificare per rafforzare”).
La sentenza della Corte, quindi, riapre la possibilità di una interlocuzione complessiva e trasversale sul tema delle riforme che il Governo Letta deve saper cogliere fino in fondo.

Provincialismi
Per aprire questa nuova fase di confronto, però, non è mica necessario ripartire per forza daccapo, ricominciare, cioè, da quei comportamenti difensivi, spesso strumentali ad equilibri politici nazionali e territoriali, che per lunghi tratti di questa strana vicenda hanno appassionato il Paese: Pisa contro Livorno, Terni contro Perugia, i capoluoghi di regione contro le “province più estreme dell’impero”; la rincorsa ai localismi non fa bene a nessuno.
Il Paese ha bisogno di una riforma degli assetti istituzionali che, nel pieno rispetto della Costituzione, mantenendo cioè quella idea di Stato unitario e democratico, provi a sciogliere, ad esempio, la contraddizione di una doppia legislazione statale, caratterizzata dal decentramento normativo e dal centralismo finanziario. Sono i cittadini ad aver necessità di un federalismo unitario, cooperativo e solidale che solo un corretto equilibrio nella distribuzione delle funzioni fra centro e periferia può garantire.
Quindi, per favore, almeno stavolta evitiamo …i provincialismi.

“Provincialotti”
Il Professor Monti non perde occasione (l’ultima proprio qualche giorno fa) di accusare la Cgil di conservatorismo; di essere stata, in buona sostanza, l’ insormontabile ostacolo al dispiegarsi della sua azione di Governo tesa unicamente al progresso del Paese, al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini. E’ la storia ad incaricarsi di smentire queste affermazioni. Il Paese, i cittadini e finanche il Governo Letta, stanno pagando e duramente gli effetti di quelle politiche economiche: dalla riforma del mercato del lavoro a quella delle pensioni, dall’Iva all’Imu, tutto il dibattito politico attuale ci rimanda a quelle responsabilità, talvolta assunte in via esclusiva, talvolta “in concorso con altri”.
Il Professor Monti, che ha raccolto da solo in circa un anno e mezzo di Governo così tante colpe sullo stato attuale del Paese quanto nemmeno i precedenti Governi degli ultimi dieci anni hanno saputo fare, dovrebbe avvertire il silenzio come una opportunità da cogliere.
I suoi orizzonti limitati, il suo guardare all’oggi (nel caso delle Province si doveva offrire al Paese l’idea di un efficientismo e di un decisionismo a prescindere), la chiusura mentale e l’indisponibilità al confronto ed alla contaminazione, ironia della sorte, sono proprio le caratteristiche sulle quali si è via via costruita la definizione di “provincialista” (o “provincialotto” che dir si voglia).“Il risultato innegabile, egregio Professor Monti, è che dopo un anno e mezzo, grazie a Lei, siamo di nuovo al punto di partenza”.

L’Unità 06.07.13